Nicola racconta la propria Storia per «Io senza Dio»
Il primo dubbio riguardo alla religione cattolica lo ebbi quando avevo forse 8 anni.
Premessa: al tempo andavo al catechismo come quasi tutti negli anni ’80, e in più i miei genitori erano stati fondatori del primo gruppo scout della mia cittadina, gruppo che, come tutti quelli nella zona, era un gruppo cattolico. Tuttavia l’impostazione che i miei genitori e gli altri fondatori avevano dato al gruppo era molto laica. Infatti, essendo in una regione molto di Sinistra e quindi in parte atea, i capi avevano deciso che non potevano obbligare i ragazzi ad andare a messa, che il prete che accompagnava il gruppo aveva lo stesso ruolo degli altri capi (né più né meno) e che anche il Vangelo andava analizzato sentendo l’opinione di tutti e non solo della Chiesa. Non voglio dire che ci fosse una vera impostazione atea, ma si prediligeva un approccio razionale, per cui nel gruppo c’erano persone che andavano a messa, atei e persino qualcuno che aveva cominciato a interessarsi di altre religioni e si diceva buddhista. Per questi fatti gli scontri con il vescovo erano frequenti, ma l’attività andava avanti senza intoppi. Questa impostazione però mi aveva fatto crescere con l’idea che la religione fosse una cosa libera, impossibile da imporre.
La mia famiglia, come attività, era legata a una fonderia artistica, e le sculture per le istituzioni ecclesiastiche erano abbastanza frequenti. Mi ritrovai per le mani il modello di gesso di un Cristo. Presi dei colori e lo pitturai, ma gli feci il panno che lo copriva di colore blu e non bianco. Lo portai al catechismo tutto fiero per far vedere quello che avevo fatto e la reazione non fu quella che mi aspettavo. Orrore! Il panno del Cristo doveva essere bianco, non poteva essere blu! Avevo assolutamente sbagliato.
Questa fu la prima crepa. Non tra me e dio, ma tra me e la Chiesa. Perché, anche se ero piccolo, avevo letto il Vangelo grazie alle riunioni che si facevano agli scout, e non c’era scritto che il panno era bianco, da nessuna parte. Quindi, nel mio pensiero, la Chiesa mi stava imponendo qualche cosa che non poteva imporre. E io, da sempre, reagisco molto male alle imposizioni.
Da lì in poi farmi fare i sacramenti fino alla Cresima fu una tortura per i miei genitori e soprattutto per i catechisti. Io non studiavo la Bibbia per trovare ispirazione, ma per trovare errori. E ne trovavo molti. Miracoli che non erano miracoli, affermazioni pseudoscientifiche, ma quella che mi fece cadere di più le braccia – per non dire altro – fu la profezia di Gesù, che diceva che lui sarebbe tornato entro quella generazione. Ovviamente non era tornato, quindi aveva mentito. E, se aveva mentito su quello, poteva aver mentito su tutto.
La discussione con il catechista su quel punto si svolse davanti agli occhi stralunati dei miei compagni, alcuni dei quali si resero conto benissimo che quella roba non stava in piedi. I catechisti dissero a mia madre che non sapevano se avrebbero potuto farmi fare la Cresima, al che mia madre risolse la questione con un secco «Vuol dire che la farà prima di sposarsi, se si sposerà in chiesa». I catechisti tornarono sulle loro posizioni e io, che avevo festeggiato, fui costretto a fare la Cresima.
Ancora non ero arrivato a una conclusione sull’esistenza di dio, ma ero arrivato alla conclusione che il cristianesimo era basato su una Chiesa che voleva imporre il suo pensiero per una questione di potere – negli anni ’80 e ’90 la Chiesa era molto più influente di adesso e non ne faceva neanche mistero – e su una mitologia contraddittoria e quindi probabilmente falsa.
La teodicea per me non era un problema, perché a quel punto per me dio poteva essere semplicemente indifferente al mondo, completamente distaccato. L’idea del dio d’amore l’avevo abbandonata quando due amici di famiglia appena sposati e con lei incinta di nove mesi erano morti in un incidente stradale. È vero che l’aneddotica non dà regole generali, ma nel caso di dio le dà eccome. Ami tutti, ma non dei bravi ragazzi che lavorano e si danno da fare per mettere su famiglia e il loro figlio non ancora nato?
Durante gli anni mi diedi da fare a studiare altre religioni, altre idee, persino l’esoterismo e l’occultismo, insomma accumulai un sacco di esperienza in fuffa. Quello che c’era di buono è che mi divertivo – e mi diverto – un mondo a leggere le biografie dei vari capi religiosi e in un certo senso a capire il pensiero degli altri.
Continuai per molto tempo sulla via dell’esoterismo, principalmente perché era un gioco di ruolo divertente, e poi era scoppiato internet, e su internet potevi conoscere gente di tutti i tipi. Forse le generazioni che sono nate con il web non si rendono bene conto di che rivoluzione è stato per noi della generazione X. Comunque quelli che si occupavano di esoterismo erano persone interessanti, perché erano tutti un po’ nerd, un po’ isolati come me, all’apparenza meno superficiali degli altri. All’apparenza, perché poi cercavano le stesse cose che cercano tutti: soldi, potere e sesso. Anche lì infatti trovai i soliti problemi che riscontravo negli ambienti religiosi: incoerenza, ipocrisia, logiche non logiche, manipolazioni. Quindi smisi anche di occuparmi di esoterismo.
Finché un giorno, se non sbaglio dopo una solenne ubriacatura, capii che, se dio era indifferente verso il mondo, si poteva tranquillamente essere indifferenti verso di lui. Fine della questione. Che fosse reale o meno, lui non si occupava degli affari nostri e noi non ci dovevamo occupare dei suoi.
Con il tempo poi, studiando un po’ di astrofisica – grazie, dottor Hawking! – capii che l’idea di dio è come l’idea che i bambini hanno di Babbo Natale: non si spiegano da dove vengono i regali la mattina di Natale e per questo credono a un essere magico che li porta. Alla stessa maniera gli antichi Greci non sapevano come si producevano i fulmini, per cui la spiegazione era Zeus. Oggi non capiamo ancora bene come e se sia stato creato l’universo, per cui per alcune persone ci deve essere per forza qualcuno che lo ha creato. Babbo Natale non esiste, Zeus non sta sulle nuvole, per cui per estrapolazione anche dio probabilmente non esiste.
E qua veniamo alla conclusione. La conclusione è che molte persone non si occupano del problema di dio per convenienza o semplicemente perché non sono interessate. Ma quelle che se ne occupano e dopo tutti i ragionamenti sono convinte sinceramente che dio esista nel 2025 – questa è la mia opinione – potrebbero soffrire di una lieve malattia, ritardo o condizione mentale di cui la fede è un sintomo. Anche qua sfrutto l’aneddotica, in quanto i sinceri credenti che ho conosciuto in vita mia avevano e hanno tutti qualche problema cognitivo. Non sono uno psicologo né uno studioso, ma spero che qualcuno un giorno possa fugare sperimentalmente questo mio dubbio.
Nicola
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Ciao Nicola e grazie della bellissima testimonianza.
Ci sono molti elementi in comune con la mia storia, ma nel mio caso è andata meno bene a livello emozionale e ancora lavoro su delle scorie rimaste lì per anni.
Invidio la tua esperienza negli scout (un contesto di cui si è parlato spesso anche qui nella rubrica) poiché la mia di “immersione” (famiglia + Azione Cattolica + Parrocchia in un paese molto credente) è stata molto più dura. Ma è utilissimo e catartico leggere di come altre persone sono state capaci di lasciarsi tutto alle spalle in un modo efficace.
Un esempio di “panno di Gesù” (Grande! Una nuova icona!) per me è stato una canzone. In parrocchia cantavo e suonavo con un gruppo. Un brano nostro (hard rock/metal) parlava in modo molto umano di Gesù. Era un pezzone lungo e articolato che mi piaceva un botto ma ci fu del malcontento per cui la vita del brano finì presto (fu “crocifisso” ma non ritornò…).
Un aneddoto sulla “tortura” (per me e per i miei) potrebbe essere una serie di weekend fuori porta “vendutI” dai “grandi” come “un modo per stare insieme e divertirsi” e che invece si rivelarono attività che in modo progressivo testavano chi fosse papabile per il seminario minore della diocesi. Ero alle medie. Quando me ne accorsi (mi proposero di entrarci!) me la presi enormemente e alla fine un prete chiese di persona ai miei di non mandarmi più. Ero sconvolto e arrabbiatissimo, mi sentivo usato e manipolato.
La comprensione della mia “divergenza spirituale” e della realtà circostante te la racconto perché nel mio caso è stata diversa. Leggere i testi sacri (davvero) e poi il Catechismo (quello integrale, dei primi anni ’90) fu sconvolgente, ma determinante fu una somma di elementi personali (io vedevo e sentivo solamente le persone, i pensieri, le emozioni, le relazioni… ed ero interessato esclusivamente a questo) e di “prassi”. Non so come mai ma io “vedevo” come le persone venivano condizionate dalla religione, vedevo come ero stato condizionato io, vedevo come tutto fosse “umano”, “psicologico” senza che ci fosse assolutamente nient’altro.
Insomma, è stato un capire me stesso più che un lavoro intellettuale (che comunque ci fù). Mentre le persone facevano “esperienza di dio” io facevo “esperienza di me, del mondo, degli altri” e, detta in altro modo, facevo “esperienza dalla NON esistenza di dio”.
Ovviamente questo non era armonizzabile.
Il problema fu che io ero forte fuori e fragile dentro, che amavo i contesti e ne avevo bisogno, come di amicizia, amore, condivisione, legittimazione, riconoscimento, compagnia… che il condizionamento coinvolgeva anche la mia famiglia e l’esposizione esplicita del mio ateismo comprometteva la mia inclusione lasciandomi letteralmente a terra.
Un’altra cosa in cui mi riconosco è la pulizia e la lontananza di oggi da ogni cosa religiosa, esoterica, mistica… Spesso nel percorso di deconversione ci troviamo a cercare in ambiti “simili” a quello religioso. Poi, per molti, passa.
Ora c’è una fantastica essenzialità umana che mi piace coltivare e raccontare.
Sul credere e come sia possibile oggi, ci sono molte cose da dire. Ad esempio che l’ideologia cattolica, finché non sgami l’invenzione della premessa (dio) è straordinariamente abile nel modellare e collocare dio in modo che sia adattabile a stare nella testa e nelle emozioni in modo efficace e in modo “credibile” anche per persone intelligenti e razionali. Poi c’è l’indottrinamento infantile, l’iscrizione precoce in una ideologia senza consenso, la pressione comunitaria… nel forum di Choam ne abbiamo parlato spesso. Se vuoi vieni a trovarci!
Grazie ancora e per ogni cosa… siamo qui in giro!
Frank
Mi rendo conto che, diciamo, io ho avuto fortuna. A parte qualche litigata con i miei genitori e con i catechisti (ed una volta con un frate che minacciava di frustarci con la sua corda/cintura perché non stavamo buoni… gli dissi che con quella corda ce l’ avrei impiccato e non minacciò più nessuno) non ho avuto sofferenze psicologiche così forti nel mio percorso. Ne ho avute di più quando ormai adulto entrai in un’ organizzazione di arti marziali (molto diffusa, organizzata come una setta, ci ho scritto anche un blog) ma questa è un’ altra storia.
Forse questo è dovuto al fatto che l’ ambiente dove ero era in parte ateo e la mia era una regione “rossa” e quindi l’ ambiente ti metteva in parte in guardia dalla chiesa.
Quando sento storie come la tua, come si dice qua da noi “ti son nel cuore”, però bisogna anche pensare che alla fine quelloc he sei ora passa anche per le difficoltà passate, quindi in ogni modo è un risultato raggiunto.
Sì, come dici tu la cosa fondamentale è scardinare la premessa, una volta fatto questo tutto il castello di carte crolla.
Sì, vedere i trascorsi negativi come parte di un percorso è un approccio positivo che mi piace e che uso anch’io. Giusto!
C’è sempre un doppio lavoro da fare dentro e fuori. Dentro sia razionale/filosofico/analitico che emozionale. Fuori sull’ideologia e sui contesti, sulle relazioni… (molto difficile). La parte emozionale, che condiziona come un imprinting, che è quella che “sanguina”, agisce anche quando il pensiero chiarisce ogni cosa: per alcuni la guarigione è istantanea, per altri il processo è molto più lungo.
Ne parlo apertamente per condividere un peso, per non vergognarmene più, per lasciarmelo progressivamente alle spalle, perché le mie ferite sono anche di origine sociale… e perché ho visto certe sofferenze (o consapevolezze, domande, dubbi, scoperte…) rimanere relegate ad una sfera esclusivamente interiore e privata anche quando avevavo origini esterne e ideologiche. Oppure venire sminuite o ignorate. Nel mondo cattolico ci sono gli atei silenziosi (per timidezza, ferite, paure, opportunismo, calcolo, indecisione, investimento…) chiusi dentro una specie di gabbia interiore e più voci si espongono e si raccontano, meglio è, comprese le storie come la tua, dove qualcuno accetta la realtà, scarica i condizionamenti come una zavorra e va avanti alla grande.
Purtroppo ho sempre e solo visto contesti completamente sottomessi alla religione, ma non provengo da una “regione rossa”. Però, magari, potrei andarci…
Grazie ancora!
Grazie Nicola, il tuo percorso è diverso dal mio, ma la conclusione è molto simile. Anch’io ho letto cose “diverse” e mi sono fatto la mia opinione sull’approccio alla vita. E come dici tu: “l’idea di dio è come l’idea che i bambini hanno di Babbo Natale… ” io concordo pienamente.
Non sarei sicuro però del fatto che tutti abbiamo un problema cognitivo. Credo che a volte sia più comodo credere ad un qualcuno che “venga a salvarci”. Molti magari con la loro intelligenza lo percepiscono, ma poi devono rimboccarsi le maniche, ma non tutti sono disposti a farlo.
Nota per il moderatore: ho visto che il mio testo risulta scorretto per eliminazione delle parole inserite fra i caporali. Lo riscrivo sostituendo i caporali con virgolette.
Salve Nicola!
Commento la tua considerazione finale sulla sanità mentale dei credenti.
– Coloro che hanno una fede religiosa e ne sono sinceramente convinti e felici senza avere dubbi, hanno la capacità mentale (razionalità) limitata dal così detto “bias dell’ancoraggio”.
– Coloro che invece sono tormentati da qualche contraddizione tra fede e conoscenza, e ne soffrono, ma non riescono ad ammettere alcun dubbio sulla fede, sono prigionieri di una “dissonanza cognitiva”
Hai dunque ragione a ipotizzare che i credenti abbiano qualche deficit cognitivo.
Non entro nel dettaglio per spiegarti cosa sono i “bias” e cos’è la “dissonanza cognitiva” perché sarebbe troppo lungo, ma puoi trovare informazioni su Wikipedia.
Grazie, conoscevo già la dissonanza cognitiva ma non il “bias dell’ ancoraggio” lo andrò a controllare volentieri.
Spiegato in poche semplici parole:
– Il “bias di ancoraggio” si verifica quando la nostra mente si aggrappa a un’un’informazione iniziale (l’ancora) e questa influenza il modo in cui prendiamo decisioni o giudichiamo altre informazioni. Quindi, acquisita l’istruzione iniziale (esempio tipico: l’istruzione religiosa da bambini), si tende a sopravvalutare ogni informazione che la conferma e a rifiutare ogni informazione che la contraddice.