Un passaggio graduale e indolore

Rainbow racconta la propria Storia per «Io senza Dio»


Sono nato, cresciuto e vissuto in una famiglia profondamente cattolica che a partire dai primi anni ’70 è entrata anche in un movimento cattolico: il Movimento dei focolari. Per la precisione un mio zio, che studiava a Napoli, ha portato le idee di questo movimento nella nostra cittadina, dove si sono diffuse negli anni successivi. Quindi io ho vissuto in questo ambiente, che era «familiare» e accogliente, fin da bambino. Per me tutti gli appartenenti a questo movimento erano come dei parenti stretti: una seconda famiglia, appunto. Inoltre mio fratello, più piccolo di me di otto anni, vivendo sempre in questa realtà ha deciso all’età di 25/30 anni – non ricordo esattamente – di diventare sacerdote. Ora è parroco in una chiesa della mia città d’origine.

Ricordo che quando ero bambino, all’età di cinque/sei anni, mi facevo delle domande in merito alla religione. Ricordo tutti i «perché?» che sottoponevo ai miei. E le risposte non erano e non riuscivano a essere esaustive. La prima me la ricordo. Era riferita a Dio, Allah e altri dei: «Ma quanti ce ne sono? E qual è quello giusto?». Come risposte: supercazzole, circa. E così tutte le classiche domande che poniamo di solito ai cristiani. Ma appunto le risposte erano vaghe o preconfezionate. Anche quando mio fratello è entrato in seminario ricordo che ho iniziato a rivolgere a lui le stesse domande: «Perché il cristianesimo è la religione giusta?». Ma anche in quel caso non ho ricevuto risposte soddisfacenti.

Le risposte me le sono fatte andar bene e un po’ alla volta mi sono convinto, tanto che poi sono entrato nel gruppo dei ragazzi e successivamente nel gruppo delle famiglie del Movimento dei focolari. Con la mia esperienza e la mia fede facevamo apostolato: incontri, raduni, formazione e così via.

Eppure, nonostante la gioiosità del tipico cristiano felice, c’era sempre un fondo di tristezza, di angoscia, di insoddisfazione. Non mi sono sentito mai realizzato, mai a posto. Facevo il figo, ma c’era qualcosa che non quadrava. Questa storia è andata avanti fino a 40 anni circa. Fino a quell’età ho sempre fatto il bravo cristiano, quello dalla fede incrollabile, e mi apprezzavano in molti. Verso i 40 anni la svolta.

Avevo 38 anni e fumavo da 20. Così ho deciso di smettere e ci sono riuscito. Però, come spesso succede, ho preso peso e quindi ho deciso di dedicarmi a me stesso praticando un’attività sportiva: la corsa. Così ho cominciato ad allenarmi e a leggere sia di sport sia di alimentazione sia di cura di sé stessi, attingendo da autori di diversa estrazione. In quel periodo, anche per qualche lettura «alternativa» di mia moglie, ho iniziato a dirmi che non dovevo restare chiuso nel mondo cristiano ma ampliare le mie conoscenze ascoltando e leggendo cose diverse. Così mi sono reso conto che là fuori c’era molto altro. Da lì ancora altre letture, opinioni, confronti. Ricordo i colloqui con un collega buddhista che ovviamente presentava la realtà in maniera totalmente diversa dalla mia. A quel punto le risposte ho cominciato a trovarle da solo. Ho osservato la realtà e mi sono reso conto che un dio come quello abramitico non poteva esistere. Ho unito i puntini e ho realizzato il mio disegno.

È stato un passaggio graduale e – può sembrare strano – abbastanza indolore. Un cristiano potrebbe impazzire se gli si dicesse che non esiste un dio, però io, sinceramente, questa mancanza non l’ho sofferta. Mi sembrava una cosa naturale. Come si fa senza un dio? Chi ci ha creato? «E vabbe’, si vedrà», mi dicevo. Da lì è stato un crescendo di consapevolezza, fino alla libertà e alla serenità attuali.

Io, la mia ormai ex moglie e i miei figli abbiamo vissuto lontano dagli affetti più stretti. Quindi la mia famiglia di origine non sa nulla del mio ateismo. Sarebbe impossibile comunicare loro questa mia consapevolezza. Perché per loro non esiste altro e non può esistere altro che dio, il loro dio. Sicuramente si sono accorti che non frequento più come una volta, probabilmente suppongono che non sempre vado a Messa, ma la certezza non gliel’ho data, anche perché durante le vacanze li assecondo. Lo so: può sembrare strano assecondare, fare finta. Con gli amici e i conoscenti è un conto, con gli affetti è diverso. Se dovessero sapere, ci rimarrebbero malissimo e già mi vedrebbero lontano da loro, soprattutto nell’aldilà. Chissà se un giorno glielo potrò spiegare.

Oggi mi considero ateo: non esiste un dio creatore e interventista. Semmai ci potrà essere una coscienza universale, ma è irrilevante. Nessuno ha visto personalmente dio. Sono tutte suggestioni. La presenza di un dio dovrebbe essere tangibile quotidianamente, invece i credenti mi offrono supercazzole e niente di pratico. Basare la propria vita su dei racconti non è molto saggio.

D’altronde l’esistenza ha più senso senza dio: non dipendi da un’altra entità e sei padrone della tua vita. Però servono cultura, conoscenza, intelligenza. Non ho una certezza su che cosa ci sia dopo la morte, né ci voglio speculare. Per me la Terra è un luogo dove si viene a soffrire ma ognuno di noi può migliorare, sempre attraverso il sapere, la propria qualità di vita. Questo potrebbe essere un percorso già stabilito: a noi solo il compito di abbellire o imbruttire questo cammino. Da quando mi sono liberato dalla religione, ho cominciato ad affrontare diversamente gli eventi della vita. Ho ottenuto molto di ciò che ho desiderato e si è realizzata la maggior parte dei miei desideri. Ma ovviamente niente preghiere, né richieste, né visualizzazioni. Ho avuto dei desideri, sono stato disposto a prenderli e li ho lasciati andare, consapevole che non avrei potuto ottenere quanto richiesto. Quando poi non ci ho pensato più, ciò che avevo desiderato è arrivato. Forse intendo questo come fede. Ogni giorno, se mi serve qualcosa, non mi preoccupo del come ma del cosa. Non ho l’ansia della preoccupazione, non ci penso: se dovrà accadere, accadrà.

Penso che dio non sia necessario nemmeno per fondare l’etica. Ho notato che, più si conosce, più elevato è il sapere, meglio ci si destreggia nei problemi quotidiani. Come disse Margherita Hack: «L’etica del laico è un’etica disinteressata, perché non si aspetta la ricompensa del paradiso né la punizione dell’inferno». Comunque, avendo vissuto per 40 anni in un ambiente cattolico, faccio fatica a tollerare le bestemmie in pubblico e a sdoganarle. Ma tra me e me bestemmio. Bestemmiavo a bocca chiusa da cattolico cercando di trattenermi, figuriamoci ora. Peraltro ora abito in Veneto, per cui…

Rainbow

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11 pensieri su “Un passaggio graduale e indolore

  1. Salve Giancarlo!
    Se permetti, vorrei precisarti che “Dio” e “dio” si riferiscono a entità diverse.
    – “Dio” è la traduzione in italiano della divinità biblica Yahweh. E’ quindi nome proprio come God (inglese) Dieu (francese) Gott (tedesco) ecc.
    – Scritto con inziale minuscola, “dio” significa genericamente una divinità qualsiasi ed è nome comune.
    Per un ateo, come sei tu e come sono io, qualsiasi dio è un essere fantastico come Peter Pan, Manitù, Zeus, Babbo Natale …tutti nomi propri di personaggi di fantasia (quindi iniziale maiuscola); quindi, se ci riferiamo a Dio come divinità specifica dei cristiani di lingua italiana, lo dobbiamo scrivere con iniziale maiuscola

  2. Buongiorno a tutti e a te Rainbow. É proprio vero che liberarsi della zavorra mentale di qualsiasi credenza, porta ad una pace mentale enorme. Da quasi finto credente conformista che ero, sono diventato, come te, ateo. Ho avuto la mia ‘illuminazione’ grazie anche a ragazzacci come Faber, padre Kayn e soprattutto Choam. Non sono un ateo tiepido, tutt’altro, cerco in ogni modo e in ogni dove, di contribuire nel mio piccolo a dereligionare il mondo. La bestemmia, che tu ancora non tolleri in pubblico, per me invece è un atto liberatorio, di ribellione contro quel dio malvagio abramitico creato da menti ottuse e primitive, protratto da quella istituzione che nei secoli ha creato solo danni e ha rallentato o bloccato lo sviluppo della civiltà umana. Parlo ovviamente della religione cattolica, imperante in Italia, non da meno il resto delle confessioni o credenze sparse qua e là nel mondo. Basti pensare oggi, ad esempio, la dove gli stati sono islamizzati, che tipo di arretratezza culturale e civile ci sia. La nostra bella pretaglia e bigottaglia, se solo ne avessero la possibilità, vorrebbero fare lo stesso, riportarci di secoli indietro, ne sono sicuro Choam sarebbe il primo della lista per un arrosto in piazza…. Abbiamo spezzato le catene che sin da piccoli ci hanno imprigionato, liberi, di mandare a quel paese Abramo suo padre e tutta la sua discendenza. Un mondo senza dio, un modo di giustizia. Un saluto.

    • Ciao Antonio,
      concordo con te quasi su tutto.
      Ho vissuto un’esperienza analoga alla tua, liberandomi dalla religione in modo progressivo, senza alcun trauma, lasciando maturare lentamente il dubbio (che per me è il motore della conoscenza) come un lievito di saggezza.
      Però non concordo con la bestemmia che non ho mai praticato e non pratico. Ritengo che sia uno sfogo di rabbia repressa, come lo sfiato di una pentola a pressione, altro dalla “pace mentale enorme” che dici di avere; oppure – più semplicemente – che la bestemmia sia l’esternazione di un menefreghismo irrispettoso, come certi graffiti di velleitaria protesta giovanile.

      • Ciao Agostino, la pace mentale è riferita a quel senso di libertà nel pensiero e nella critica, contro tutto ciò che, sin da bambini ci è stato inculcato nel cervello da una società cattolicizzata. Se mi permetti, il menefreghismo non è di chi bestemmia, ma di chi pretende che il proprio credo debba essere ‘l’unica verità’, imposto al prossimo in ogni modo e forma, ad esempio qui in Italia attraverso uno stato impregnato di cristianesimo e cattolicesimo.
        Ecco la bestemmia è una forma di ribellione a quella istituzione opprimente e onnipresente che ci rende uno stato arretrato ed ignorante. Prendersela con dio(che non esiste) é come manifestare in piazza con un ‘governo ladro’, niente più. Andare in giro e bestemmiare a vanvera, ovviamente è da matti, ma un porcone ben assestato davanti ad un bigotto che, purtroppo per lui :non ti può bruciare, imprigionare, impalare, augurarti l’inferno, la giustizia divina, credimi é la più grossa soddisfazione dopo la breccia di porta Pia.
        Un saluto

  3. Ciao Rainbow.
    Grazie per la bella testimonianza.
    La faccio risuonare un po’ con la mia vita anche perché in questo periodo mi serve, ho voglia di scrivere e di condividere, quindi ne approfitto e ti ringrazio doppiamente.

    Le tue consapevolezze su dio le ho raggiunte da adolescente, ma senza un supporto che mi desse legittimazione ed equilibrio: quello non ce l’ho ancora del tutto e mi ispirano le storie di chi ce l’ha, come te. Ero completamente immerso in un ambiente religioso fin dalla nascita in cui tutti i miei riferimenti affettivi erano cattolici e… fu un disastro. Anche se mentalmente mi era tutto molto chiaro, mi rimasero addosso un senso di tradimento, di manipolazione, di separazione, lontananza, ma anche di colpa, di timore sociale… tanto da spingermi via.
    Come te, poi, ricordo le domande, i dialoghi, i confronti… di solito a partire da me (a meno che non fossero dei tentativi di “recupero” ideologico) spesso “stranianti”, fino a che non ho realizzato che quelle persone non sapevano come sostenere né il mio bisogno di capire e di trovare un senso in quello che vivevo, né quello di amicizia, amore, comunità al di là della religione. E che non lo sapeva fare nemmeno la loro ideologia. Però era come stare in un deserto, senza bussola.
    Immagina una persona che conosce quasi solamente un mondo all’interno del quale non può più camminare, essere riconosciuto, avere un ruolo, fare un percorso relazionale, ideale e spirituale…
    Un aspetto che mi spaventò molto all’epoca, quando mi divenne chiaro, fu il rendermi conto che vivevo all’interno di una costante manipolazione, una specie di programmazione psicologica mentre personalmente ero sintonizzato esclusivamente sui rapporti umani. Forse è quello che tu chiami “suggestione”. E non ero in un movimento, ma “semplicemente” da sempre nella parrocchia di un paese di provincia e nell’Azione Cattolica.
    C’è un periodo di latenza che va più o meno dall’infanzia alla maggiore età in cui non ti rendi conto (anche perché potrebbe non essere esplicito e ci sei dentro da sempre) che l’umanità non basta e partecipi con fiducia alle attività del tuo contesto religioso, mentre diventa evidente davvero che devi diventare tu stesso un pezzettino di propaganda quando ti esponi chiaramente su dio e nei momenti in cui devi acquisire dei ruoli.

    Per una buffa coincidenza, una delle testimonianze che un po’ di anni fa mi aiutò a riflettere e a legittimare maggiornmente la mia esperienza, fu il lungo e dettagliato racconto di una ex focolarina uscita dal movimento che condivise la sua storia soffermandosi sulle dinamiche ideologiche e sociali. Quelle dinamiche non sono identiche ovunque, ma si somigliano e hanno aspetti di “mentalità” in comune.

    I racconti come il tuo (e di altri qui raccolti da Choam), la serenità e le consapevolezze che ne emergono, sono importanti per suggerire orizzonti, per bilanciare le emozioni negative che mi sono rimaste e per far sentire meno sola quella parte di me che è ancora turbata e ferita. Ho scoperto che è ancora lì e ci devo lavorare (raccontarsi fa parte di questo).

    Mi piace il riferimento ai confini che si ampliano: a me è servito molto fare tante esperienze diverse e cogliere l’umanità che c’è in tutti, credenti e non credenti. Anche i condizionamenti ideologici che abbiamo e che hanno gli altri si vedono molto meglio in questo modo: le persone NON sono affatto diverse, ma subiscono condizionamenti diversi.

    Le tue scelte di “non esposizione” sono super comprensibili e, ovviamente, molto umane.
    Io sto provando a parlare apertamente con tutti del mio ateismo (che è solo una parte di quello che sono e che sento), anche con persone che mi sono molto care, molto credenti e che mi considerano un “senza dio”, uno a cui manca qualcosa. Lo faccio anche perché quando ne ho avuto veramente bisogno non c’erano atei consapevoli ed “esposti” al mio fianco e anche perché spesso mi capita di trovare persone che si fanno delle domande ma la loro spinta rimane chiusa e costretta nel loro anonimato interiore.
    Mi serve anche a tracciare dei confini (che non sono mai relazionali: nelle relazioni sono sempre aperto e do sempre qualcosa in cambio) che siano personali, giusti e sereni per me. E’ una fatica, ma potrebbe funzionare, anche con i credenti: vedo che chi riesce ad andare oltre la superficie, se ci tiene alla persona, alla fine comprende. Io, poi, sto meglio così: chiaro ed esplicito.
    Con la morte, la finitezza, la fragilità… sto facendo lo stesso: ne parlo senza paura e da una prospettiva non religiosa e anche qui, talvolta, mi accorgo che c’è proprio bisogno anche di questo.

    Bello anche il riferimento ad una “fede” che può essere altro da quella che ci è stata insegnata e nutriente lo stesso (se non ho inteso male).

    Ah: io bestemmio un sacco (in privato) e lo trovo stradivertente e supercatartico 😉

    Grazie ancora. 🙂

  4. Sei stato fortunato, ti sei tolto dalla testa il pattume su dio che ci aveva scaricato la tua famiglia e tutta la società intorno a te.
    Bravo!
    Apprezzo molto che hai scritto dio, quasi, sempre con la minuscola; la maiuscola si usa solo per i nomi propri, ma qualcosa di inesistente non può avere un nome proprio, quindi ciò che viene chiamato dio non merita maiuscole.
    Sull’argomento del dopo morte suggerisco, molto modestamente, di vivere la vita adesso perché dopo non ci sarà nulla, come la chimica e la fisica ci insegnano.
    Ma non ce ne dobbiamo preoccupare troppo, dopo morti non saremo in grado di percepire coscientemente cosa sta succedendo. Quando il corpo smette di vivere finisce anche l’attività della mente e tutto quello che pensiamo, sentiamo, vogliamo finisce con loro.
    Ma non è una cosa negativa, è solo l’esistenza, è la vita.
    Ciao.
    Giancarlo

    • Grazie Giancarlo, sul fine vita concordo. Proprio qualche giorno fa vedevo un video su YT dove un ateo chiedeva ad un giornalista: ” Ti ricordi del 1899? Dov’eri? – Eh non ero ancora nato! – Quindi cosa provavi? – Nulla!
      Ecco, la stessa cosa sarà dopo la morte. Indolore.
      Ciao

  5. Ciao, Rainbow.
    In qualche modo mi ci rivedo in questo racconto. La mia situazione di partenza è stata forse caratterizzata da un coinvolgimento minore. Ma pure io ho avuto una svolta nello stesso periodo della mia vita (talvolta chiedendomi come ho fatto a metterci così tanto tempo, per altro). Da allora vivo nello scomodo mondo del “don’t ask, don’t tell”, in attesa del giusto momento per affrontare il problema ed essere completamente libero.

    • Ciao patta.
      Ma tu vivi a stretto contatto con parenti credenti? In pratica devi fare buon viso a cattivo gioco, ho capito bene?

      • Ciao, Raibow.

        Scusa per la risposta tardiva.

        Mia moglie è credente (ma diciamolo, solo superficialmente). Lei è consapevole che io non lo sono, ma rispettiamo le reciproche posizioni.

        Altri componenti della famiglia sono religiosi o spiritualoidi. Per la maggior parte non hanno idea del mio ateismo, ma nemmeno vengono a insistere con le loro fanfaluche. Se succede li asfalto.

        Ho poi mia madre, a cui voglio bene ma che è potentemente bigotta, figlia dei suoi tempi. Non mi sono mai dichiarato ateo per non darle dispiacere, ma il mio allontanamento della chiesa è ormai palese. Dunque mi aspetta al varco con le boiate del caso. Qui è “buon viso a cattivo gioco”, se vogliamo. L’ultima volta però ho dovuto tirare fuori la teodicea e menare senza pietà…

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