Il cristianesimo in 2 minuti – 43/50

La crocifissione: la più grande storia mai raccontata ha bisogno di un’altra versione


I cristiani sostengono che la morte per crocifissione era un modo orribile e umiliante di morire e che la morte di Gesù è stata un sacrificio enorme. Ci viene detto che solo grazie a questo sacrificio possiamo andare in paradiso. Ma guardatelo un po’ più da vicino. Ecco 7 motivi per cui la storia non regge.

1. Il dolore di Gesù è stato insignificante rispetto a un’eternità di tormento all’inferno anche per una sola persona, e la Sacra Scrittura ci dice che la maggior parte dei miliardi di persone dell’umanità è destinata all’inferno.

2. La resurrezione rende la storia assurda. Se Gesù è morto non c’è resurrezione miracolosa, e se c’è resurrezione non c’è sacrificio attraverso la morte. Miracolo o sacrificio: non si possono avere entrambi. I Vangeli non dicono che è morto per i nostri peccati, ma che ha avuto un terribile fine settimana per i nostri peccati. È come fare una grande dimostrazione di generosità firmando un sostanzioso assegno a favore di un ente di beneficenza e poi interrompere il pagamento il giorno dopo.

3. Viviamo nel XXI secolo e le richieste di sacrifici umani dell’Età del bronzo non hanno più senso. Se Dio ci ama profondamente e vuole perdonarci, non potrebbe semplicemente… perdonarci? È così che si fa, ed è la lezione che riceviamo dalla parabola del figliol prodigo, dove il padre perdona il figlio anche dopo aver subìto un torto. Se questa parabola illustra l’approccio corretto al perdono, perché Dio non può applicarlo?

4. Dio può semplicemente perdonare. In Geremia, dice: «Perdonerò la loro malvagità e non ricorderò più i loro peccati». In Isaia, Dio «cancella le vostre trasgressioni… e non si ricorda più dei vostri peccati». Non c’è bisogno del sacrificio perfetto di Gesù.

5. Il sacrificio di Gesù ha risolto il problema del peccato originale, l’atto di mangiare il frutto proibito. Ma poiché l’atto di mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del Bene e del Male è all’origine della conoscenza morale, chi potrebbe biasimare Adamo per aver commesso un errore morale prima di mangiarlo? E, poiché Adamo ed Eva erano alla loro prima esperienza, non sarebbe più appropriato un rimprovero per il crimine di aver mangiato il frutto?

6. Se Gesù è perfetto, ogni sua nobile azione è come acqua che scorre in discesa. Non è un’azione degna di nota, perché agisce solo seguendo la propria natura. Cos’altro potrebbe fare un essere perfetto? Ma, nelle giuste circostanze, molti di noi rischierebbero la vita per uno sconosciuto, e questo è un tipo di sacrificio molto diverso.

Persone egoiste e imperfette che agiscono contro la propria natura per compiere un sacrificio altruistico sono molto più notevoli di un essere perfetto che agisce nell’unico modo in cui può farlo, eppure le persone si sacrificano continuamente per gli altri. Perché esaltare le azioni di Gesù? Non sono forse più lodevoli le nobili azioni quotidiane delle persone comuni?

7. L’espiazione sostitutiva non ha senso nella giustizia occidentale. Ogni volta che il sistema giudiziario scopre che la persona sbagliata è stata imprigionata per un crimine, i pubblici ministeri non dicono: «Beh, qualcuno è stato punito, e questo è ciò che conta». Invece cercano la persona giusta da consegnare alla giustizia. Sarebbe questa la Buona novella? Che niente di meno di un sacrificio umano soddisferà la rabbia di un Dio dell’Età del bronzo che ha creato l’inferno per quelli di noi che scelgono in modo sbagliato? Il libro stesso di Dio lo fa apparire meschino e crudele.

Bob Seidensticker


Note

«Entrate per la porta piccola! Perché grande è la porta e larga è la strada che conduce alla morte, e sono molti quelli che ci entrano. Al contrario, piccola è la porta e stretta è la strada che conduce alla vita, e sono pochi quelli che la trovano».
– Matteo 7,13

Gesù raccontò anche questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse a suo padre: “Padre, dammi la mia parte d’eredità”. Allora il padre divise il patrimonio tra i due figli.
«Pochi giorni dopo, il figlio più giovane vendette tutti i suoi beni e con i soldi ricavati se ne andò in un paese lontano. Là, si abbandonò a una vita disordinata e così spese tutti i suoi soldi.
«Ci fu poi in quella regione una grande carestia, e quel giovane non avendo più nulla si trovò in grave difficoltà. Andò da uno degli abitanti di quel paese e si mise alle sue dipendenze. Costui lo mandò nei campi a fare il guardiano dei maiali. Era talmente affamato che avrebbe voluto sfamarsi con le ghiande che si davano ai maiali, ma nessuno gliene dava.
«Allora si mise a riflettere sulla sua condizione e disse: “Tutti i dipendenti di mio padre hanno cibo in abbondanza. Io, invece, sto qui a morire di fame. Ritornerò da mio padre e gli dirò: Padre ho peccato contro Dio e contro di te. Non sono più degno di essere considerato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi dipendenti”.
«Si mise subito in cammino e ritornò da suo padre.
«Era ancora lontano dalla casa paterna, quando suo padre lo vide e, commosso, gli corse incontro. Lo abbracciò e lo baciò. Ma il figlio gli disse: “Padre, ho peccato contro Dio e contro di te. Non sono più degno di essere considerato tuo figlio”.
«Ma il padre ordinò subito ai suoi servi: “Presto, andate a prendere il vestito più bello e fateglielo indossare. Mettetegli l’anello al dito e dategli un paio di sandali. Poi prendete il vitello, quello che abbiamo ingrassato, e ammazzatelo. Dobbiamo festeggiare con un banchetto il suo ritorno, perché questo mio figlio era per me come morto e ora è tornato in vita, era perduto e ora l’ho ritrovato”. E cominciarono a far festa.
«Il figlio maggiore, intanto, si trovava nei campi. Al suo ritorno, quando fu vicino alla casa, sentì un suono di musiche e di danze. Chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa stava succedendo. Il servo gli rispose: “È ritornato tuo fratello, e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello, quello che abbiamo ingrassato, perché ha potuto riavere suo figlio sano e salvo”.
«Allora il fratello maggiore si sentì offeso e non voleva neppure entrare in casa. Suo padre uscì e cercò di convincerlo a entrare.
«Ma il figlio maggiore gli disse: “Da tanti anni io lavoro con te e non ho mai disubbidito a un tuo comando. Eppure tu non mi hai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici. Adesso, invece, torna a casa questo tuo figlio che ha sprecato i tuoi beni con le prostitute, e per lui tu fai ammazzare il vitello grasso”.
«Il padre gli rispose: “Figlio mio, tu stai sempre con me e tutto ciò che è mio è anche tuo. Bisognava essere contenti e far festa, perché questo tuo fratello era per me come morto e ora è tornato in vita, era perduto e ora l’ho ritrovato”».
– Luca 15,11-32

«(…) Nessuno dovrà più insegnare agli altri o dire al fratello: Cerca di conoscere il Signore. Perché mi conosceranno tutti, dal più piccolo fino al più grande. Io perdonerò le loro colpe e non mi ricorderò più dei loro peccati. Io, il Signore, lo prometto».
– Geremia 31,34

Io invece cancellerò le tue colpe,
perché così voglio,
e non mi ricorderò più dei tuoi peccati.
– Isaia 43,25


(43/50 – continua)

Immagine: Mathis Gothart Grünewald (public domain) via Wikimedia

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All material on this article is copyright 2023 by Bob Seidensticker. Translation By Choam Goldberg.


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2 pensieri su “Il cristianesimo in 2 minuti – 43/50

  1. Ho sempre pensato che questa parabola sia immorale e pure pensato che di padri ingiusti ce ne siano molti. Costoro hanno imparato da Gesù?
    Posso capire che un figlio perduto, magari spendaccione e drogato, fa felice il padre tornando a casa. Ma far festa è troppo.
    Sarò pessimista, ma un figlio prodigo, trattato così bene, riprenderà a fare vita sciagurata. Tanto paparino gli preparerà un’altra festa ancora più grandiosa. La cronaca racconta tanti casi analoghi e di solito, se il padre non soddisfa il figlio viziato, viene ammazzato.
    Concludo con un: Amen! Così resto nell’ ambiente.

  2. Bella sintesi. In effetti mi sono sempre chiesto il senso della frase: “Gesù ha condiviso in tutto la natura umana” e subito dopo la postilla “tranne il peccato”.
    Ma se il peccato contraddistingue così radicalmente la nostra natura, che valore ha quella incarnazione?

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