Dialogo tra un’atea e il suo condizionamento cattolico

Sylvia Green racconta la propria Storia per «Io senza Dio».


Devo dirla così com’è: mi sto sbattezzando. E dunque, tra il modulo con raccomandata da mandare alla parrocchia da una parte e le FAQ dell’UAAR lette sei o sette volte dall’altra, succede che io stia ancora facendo qualche riflessione religiosa.

Consultando diverse fonti atee, da L’Eterno Assente a Julian Baggini, io mi ritrovo in quasi tutto quello che dicono; però c’è un sentimento, uno solo, che, per quanto mi sforzi, non riesco proprio a fare mio. E sì che sento che dovrei, perché hanno tutte le ragioni del mondo per provarlo.

La rabbia.

Non mi riesce proprio di venirmi rabbia contro la Chiesa.

Il fatto è che quelli là sono un po’ bastardi: l’autorità religiosa te la infilano sotto il tappeto talmente tanto e talmente bene che diventa come una sorta di polvere impalpabile, che non ti accorgi neanche di star respirando; e così ti si forma una vocetta nell’orecchio, sottile ma costante, che continua a ripetere: «Loro non fanno del male a nessuno».

Certo, so che ogni tanto al telegiornale chiedono il parere del Papa; ma che mi frega, io mica lo ascolto, quel parere.

Mi hanno battezzata che avrò avuto tre-quattro mesi? Un po’ d’acqua, chissenefrega.

Certo, i cattolici si fregiano di rappresentare il 96% della popolazione italiana, quando molto probabilmente non è vero; ma tanto io lo so che nei fatti non ci sono, in quel 96%.

Figurarsi poi che, essendo atea, sarei scomunicata già ora, anche senza fare atto formale di sbattezzo, perché commetto un delitto di fronte a Dio.

Eh, certo. Però poi, per dire quanti sono i cattolici, vanno a contare i certificati di battesimo. Ma se la vera fede era quella agli occhi di Dio, che vi frega delle percentuali?

«Ma sì, dai. Non hanno mica i modi per contarli, i cattolici veri. Si affidano ai foglietti e, se scappa qualche ateo, Dio li perdonerà.»

Vabbe’, sarà.

Però – senti – spiegami una cosa.

Io mi ricordo che a catechismo avevo chiesto come il Big Bang si conciliasse con la Genesi, e mi avevano risposto: «E che ne sai tu, che non è stato Dio a fare il Big Bang?». È ovvio che non sapevo rispondere, avevo otto anni: avevo fatto solo una domanda, perché rispondermi con un’accusa?

«Ma noi ti abbiamo fatto riflettere. O non vuoi il confronto?»

Il fatto è che c’è sempre quella domanda, anche con gli agnostici, anche con i credenti più aperti, sulla quale tutte le conversazioni sull’argomento terminano inequivocabilmente.

«Che ne sai, che non c’è un Dio? Non si può mai sapere, alla fine.»

Esatto. E allora cosa dialoghiamo a fare, se tanto la risposta finale è che non posso saperne nulla?

E poi.

Scusa eh, ma non posso saperne nulla un cazzo.

Perché devo aver letto duecentomila libri di cattolici per dire che secondo me l’universo sta bene senza Dio, l’universo non ne ha bisogno, io non ne ho bisogno?

Che mi frega di sapere secondo quale versetto della Bibbia si può sostenere che in realtà viene o non viene effettuata la transustanziazione al momento della Messa? Io parlo di un Dio qualsiasi: potrebbe pure chiamarsi Gianpierpiero, per quel che mi importa. È quel Dio lì, che io rifiuto.

Ma poi aspetta un attimo: che vuol dire che vuoi dialogare con me, ma poi non ne saprò mai abbastanza per poterti rispondere? Che dialogo è? Mi vuoi azzittire? È questo che vuoi?

«Ma va’, ma va’. Parla pure. Tanto alla fine non contiamo più nulla. Non ti bruciamo più sul rogo.»

Mh. E cosa mi dite del fatto che avete riconosciuto di aver sbagliato con Galileo nel millenovecentonovantadue, dopo quasi tre secoli e mezzo? E Darwin, vogliamo parlare di quel poveraccio di Darwin, la cui idea scientifica è stata probabilmente la più tormentata della Storia?

Avete ancora paura della scienza? È questo? Avete paura che, a forza di dire «Che ne sai?», la scienza prima o poi lo spiegherà? Guardate che, a mettere Dio dove c’è l’ignoto, c’è il rischio che cambi sempre stanza.

«Ma va’, non siamo più così, dai. Siamo migliori. Quelli che vedi parlare così sono fondamentalisti, gente che non conta davvero. Non siamo più come quelli di una volta.»

Cioè, vi fate i complimenti da soli perché non siete più quelli del mille e seicento?

Ma va bene, ammettiamo che siate andati avanti di uno o due secoli; ma non tanto di più: i temi del XXI secolo, quelli li avete visti? Sessismo, le persone transgender, le famiglie omogenitoriali, la comunità lgbtq+ in generale…

«Ma sì, ci sono un sacco di preti aperti. E poi Dio ti ama lo stesso. Pillon e quelli là in Parlamento… ci sono un sacco di persone che li contestano, anche preti, sai?»

Ah, sì. Certo, tutte eccezioni. E dimmi un po’, pure la CEI è l’eccezione? Che sente comunque il bisogno di dirti che la famiglia è una, anche di fronte a violenze inenarrabili. Però poi pretende di fare l’aperta, ci mancherebbe, la violenza, quando mai, assolutamente no. Perché loro ti amano.

Comunque. Nonostante tutto.

Evidentemente non ce la fanno, le postille ce le devono mettere per forza.

«Ma senti, tu sei etero, che ne sai? Etero e cisgender. Magari i gay non sentono questa pressione. E avrebbe senso: un Dio che dice di amare tutti come può odiarli? Insomma, magari loro stanno bene, e tu ti stai facendo tutti questi problemi per niente. E poi che vuoi saperne tu? Non devi mica spiegarglielo, come si fa a essere gay e cattolici.»

Certo, certo, adesso fai pure finta di difenderli.

Ci rivediamo in Parlamento?

Ma tanto io so come questo dialogo finisce: «Ma fanno un sacco di opere buone in tutta Italia. Guarda l’Opera San Francesco a Milano: non fanno cose meravigliose?».

O no?

«Esatto! Non fanno male a nessuno. Sono inoffensivi. Anzi: curano i poveri, i malati e i bisognosi».

Questo è il colpo finale, la vera arma definitiva: si coprono le spalle con i corpi dei deboli, e tu e tutte le tue contestazioni… puf. Sparite. Che puoi dirgli, che non lo fanno? Certo che lo fanno, lo fanno da sempre. E non è come sparare sulla Croce Rossa? Te la prendi veramente con i preti di provincia che aiutano i poveri? Con il San Cristoforo di Manzoni? O forse con i poveri Renzo e Lucia, che non hanno nessun altro a cui chiedere?

E il bello (il brutto) è che questo ultimo piedistallo morale che hanno può diventare potenzialmente la scusa per ogni cosa, come un mantra.

Le guerre di religione? «Ma loro aiutano i poveri». Il sessismo? «Ma loro aiutano i poveri». Inculcare le idee in testa ai bambini? «Ma loro aiutano i poveri». Il 70% di ginecologi obiettori in un Paese in cui l’aborto è legale, ma comunque i feti trovano il modo di seppellirteli per manipolarti meglio? «Ma loro aiutano i poveri».

E dunque perché ti scaldi tanto, perché ti offendi, perché bestemmi?

Sono gentili, alla fine – guarda – aiutano i poveri. Sono inoffensivi, non fanno male a nessuno.

E quindi dai, che ti costa una preghierina? Un segno della croce, un po’ d’acqua benedetta? Ma così, per farli contenti.

E i soldi – dai – qualcosa si trova per quel prete, che è tanto gentile con noi.

E magari, già che ci siamo, ci scappa pure un Concordato, e per poco non gli lasciavamo parte dello Stato italiano.

Una fetta di culo ne abbiamo?

Questi fanno finta di essere inoffensivi, quelli del «Porgi l’altra guancia», ma intanto fanno tutti parte di questo gigantesco sistema. Tutti. Anche quelli che ti perdonano se usi la pillola anticoncezionale – ti perdonano, ma tu mi raccomando devi chiedere scusa – ne sono comunque parte.

Che ha Dio dalla sua parte, mica cazzi. Dio: il ricorso all’autorità più grande che esista.

E mentre tu sorridi pensando a quanto bene hanno fatto e fanno ancora nel mondo, forse loro ti trattano ancora come se tu fossi il contadinotto analfabeta che si deve far spiegare dal prete di quartiere come funziona il mondo perché non c’è nessun altro che abbia cuore di dirglielo. Poverino, aiutiamolo, povera anima sperduta.

Anche se magari adesso sei laureata. Povera anima sperduta che sei, che non capisci come funziona il mondo.

Che a me puzza tanto di fregatura, abuso e potere da almeno due millenni.

Sylvia Green

Una versione (leggermente) più lunga di questo testo è stata pubblicata nel blog ecletticity.

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