L’insospettabile

Lui, proprio lui fornisce un ottimo argomento contro la resurrezione di Cristo.


Il dogma centrale del cristianesimo è la resurrezione di Gesù Cristo. Lo dice Paolo:

Noi dunque predichiamo che Cristo è risuscitato dai morti. Allora come mai alcuni tra voi dicono che non vi è risurrezione dei morti? Ma se non c’è risurrezione dei morti, neppure Cristo è risuscitato! E se Cristo non è risuscitato, la nostra predicazione è senza fondamento e la vostra fede è senza valore. Anzi finiamo per essere falsi testimoni di Dio, perché, contro Dio, abbiamo affermato che egli ha risuscitato Cristo. Ma se è vero che i morti non risuscitano, Dio non lo ha risuscitato affatto. Infatti, se i morti non risuscitano, neppure Cristo è risuscitato. E se Cristo non è risuscitato, la vostra fede è un’illusione, e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche i credenti in Cristo, che sono morti, sono perduti. Ma se abbiamo sperato in Cristo solamente per questa vita, noi siamo i più infelici di tutti gli uomini.
– 1 Corinzi 15,12-20

Ebbene Paolo – san Paolo, l’apostolo dei gentili, proprio lui, mica l’ultimo coglione – fornisce un ottimo argomento contro la plausibilità della resurrezione di Cristo.

La fede in Dio è razionale: ogni persona razionale può arrivarci. I teologi cattolici lo hanno stabilito durante il Concilio Vaticano I.

La medesima Santa Madre Chiesa professa ed insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza al lume naturale della ragione umana attraverso le cose create; infatti, le cose invisibili di Lui vengono conosciute dall’intelligenza della creatura umana attraverso le cose che furono fatte (Rm 1,20).
– Costituzione dogmatica «Dei Filius»

Dunque il Dio dei filosofi è alla portata della ragione umana. Il Dio di Gesù esige invece un salto ulteriore nella fede. La prova provata definitiva non c’è. Tuttavia tanti indizi convergenti portano a quella conclusione: Gesù è davvero risorto dopo la morte. Basta allora fare quel piccolo salto con la fede, considerare reale quel fatto e convertirsi. Le prove? Le Sacre scritture, ossia il Nuovo testamento.

Tuttavia piacque alla Sua bontà e alla Sua sapienza rivelare se stesso e i decreti della Sua volontà al genere umano attraverso un’altra via, la soprannaturale, secondo il detto dell’Apostolo: “Dio, che molte volte e in vari modi parlò un tempo ai padri attraverso i Profeti, recentemente, in codesti giorni, ha parlato a noi attraverso il Figlio” (Eb 1,1-2).
Si deve a questa divina Rivelazione se tutto ciò che delle cose divine non è di per sé assolutamente inaccessibile alla ragione umana, anche nella presente condizione del genere umano può facilmente essere conosciuto da tutti con certezza e senza alcun pericolo di errore. Tuttavia non per questo motivo deve dirsi assolutamente necessaria la Rivelazione, ma perché nella Sua infinita bontà Dio destinò l’uomo ad un fine soprannaturale, cioè alla partecipazione dei beni divini, che superano totalmente l’intelligenza della mente umana; infatti Dio ha preparato per coloro che Lo amano quelle cose che nessun occhio vide, nessun orecchio mai udì, nessun cuore umano conobbe (1Cor 2,9).
Questa Rivelazione soprannaturale, secondo la fede della Chiesa universale, proclamata anche dal santo Concilio Tridentino, è contenuta nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte ricevute dagli Apostoli dalla stessa bocca di Cristo o dagli Apostoli dalla stessa bocca di Cristo o dagli Apostoli, ispirati dallo Spirito Santo, tramandate di generazione in generazione fino a noi [Conc. Trid., Sess. IV, Decr. De Can. Script.].
– Costituzione dogmatica «Dei Filius»

Che dietro la figura mitica di Cristo ci sia un personaggio storico reale può essere considerato un dato acquisito. I mitisti, secondo i quali Gesù è stato inventato di sana pianta o è il collage di più predicatori differenti fra loro, nella loro critica all’attendibilità delle fonti propongono argomenti interessanti. Di più: argomenti importanti per il metodo storico-critico di analisi dei testi per risalire ai fatto storici reali. Nelle parole di Fernando Bermejo-Rubio, che non può essere accusato di simpatie mitiste:

Nella loro ansia di fare a pezzi il valore delle fonti, i mitisti adottano al riguardo un atteggiamento analitico che risulta molto utile. Inoltre, insistono giustamente sul fatto che le opere narrative possono comprendere dettagli storici precisi (…) e persino camuffarsi da opere storiche.
Un altro aspetto delle opere dei mitisti che risulta utile al momento di adottare una prospettiva critica consiste nel fatto che (…) costituiscono un efficace contrappeso alla pletora di lavori, ideologicamente orientati, destinati (…) a presentare la figura di Gesù come del tutto eccezionale nel suo tempo e nella storia dell’umanità.
Un vantaggio ulteriore di questo orientamento risiede nell’evidenziare il carattere infondato dei contenuti di molte opere moderne sulla figura di Gesù che ne costruiscono in modo alquanto fantasioso la vita. In realtà, lo scetticismo mitista non è stato alimentato solo dai limiti delle fonti, ma anche propiziato dalla stessa attività accademica, il cui carattere spesso specioso provoca un comprensibile rifiuto da parte di menti indagatrici. I mitisti hanno ragione nel sostenere che nell’ambito degli studi su Gesù l’arbitrarietà e la mancanza di senso storico sono dilaganti.
– F. Bermejo-Rubio, L’invenzione di Gesù di Nazareth

Nondimeno i mitisti sono largamente minoritari in ambito accademico. La comunità degli storici è quasi unanime nel riconoscere l’esistenza del Gesù storico. Il Gesù della fede, cioè quello descritto nel Nuovo testamento, è però tutto un altro paio di maniche.

Che un predicatore ebreo dell’inizio del I secolo d.C. abbia compiuto tutti quegli eventi miracolosi, sia stato ucciso e soprattutto infine sia risorto e sia comparso ai suoi seguaci non solo è indimostrato, ma di fatto è inverosimile. Che fosse addirittura il Figlio di Dio, seconda persona della Trinità, sacrificatosi per redimere tutti – tutti! – gli esseri umani da un leggendario peccato originale è una stronzata sesquipedale. Resta il fatto: la credenza in quella resurrezione è il fondamento del cristianesimo, come scrive Paolo. Togli la resurrezione di Cristo e viene giù tutta la baracca.

Mi è capitato di sentire un apologeta bigotto affermare che «la ricerca storica considera ormai molto verosimile la resurrezione di Gesù». Così, pacifico e imperturbabile come se avesse detto che «la ricerca storica considera ormai molto verosimile la morte per avvelenamento di Autari, re dei Longobardi». Il bigotto dimentica un principio fondamentale del pensiero critico: affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie. Che un predicatore itinerante nella Palestina del I secolo sia andato in giro a prevedere l’imminente fine del mondo o a diffondere idee sovversive per suscitare una rivolta contro l’impero romano e abbia talmente rotto i coglioni da farsi crocifiggere è più che verosimile: è quasi certo. Come lui tanti altri prima e dopo. Sono affermazioni su fatti naturali e ordinari, proprio come la morte per avvelenamento di un re nell’Alto Medioevo. La resurrezione del suddetto predicatore è un’affermazione su un fatto soprannaturale e straordinario: i defunti non risorgono e non ricompaiono, come se nulla fosse successo, per essere accolti in cielo con tutto il corpo in una dimensione aspaziale e atemporale. (Viene da ridere solo a scriverla, una frase così.) Per accettare un fenomeno soprannaturale non bastano delle narrazioni

  • parziali e non verificabili,
  • senza alcuna citazione delle fonti come lettere, diari o trascrizioni,
  • contraddittorie con sé stesse e le une con le altre,
  • piene di incoerenze storiche e di incompatibilità con il giudaismo e con l’occupazione romana dell’epoca,
  • molto posteriori al presunto evento,
  • scritte in una lingua sconosciuta ai personaggi e lontano dai luoghi dell’evento da persone che non erano nemmeno da quelle parti e che hanno potuto solo raccogliere voci e dicerie a decenni di distanza,
  • poi copiate, modificate, interpolate per secoli con intenti ideologici, teologici e apologetici, cosicché alla fine i pochi frammenti – pochi frammenti! – più antichi risalgono a molti decenni e le versioni complete a secoli dopo i fatti,
  • infine tradotte in modo tendenzioso sempre con intenti ideologici, teologici e apologetici.

E noi dovremmo considerare reale un fatto soprannaturale sulla base di questi documenti? La credenza nella resurrezione di Gesù si diffuse abbastanza rapidamente, ma per questo esistono spiegazioni sociali razionali, specie in una società analfabeta e credulona nella quale il pensiero magico e la superstizione erano dominanti.

Il Nuovo testamento ha un destino interpretativo bizzarro. Per gli apologeti bigotti è un documento storico quando serve loro per giustificare la credenza nella resurrezione di Gesù. Lo usano anche come fonte letterale per giustificare le proprie assurdità e il proprio codice etico quando si appellano alla parola di Gesù in persona. «Nel Vangelo di Giovanni Gesù dice…», «Nel Vangelo di Matteo Gesù spiega…» e così via. Come fanno a essere certi che quelle – quelle e non altre – fossero le esatte parole? C’erano delle trascrizioni? Gli autori dei vangeli erano presenti? Boh. Peraltro, quando agli stessi apologeti si fanno notare le contraddizioni e le clamorose minchiate, come i miracoli impossibili nel momento in cui Gesù muore, tutt’a un tratto il Nuovo testamento smette di essere un documento storico e diventa una testimonianza di fede, perciò non va preso alla lettera. Ah, no? Quando Gesù parla l’interpretazione è letterale, ma quando risorgono centinaia di morti bisogna passare all’allegoria? D’altronde i miracoli furono il fondamento della fede dei discepoli. Ma allora ‘sti miracoli sono reali oppure no?

«Gli storici seri sono agnostici rispetto ai miracoli», risponde l’apologeta bigotto. Manco per il cazzo: nella ricerca storica non si può prescindere dalla plausibilità naturalistica. Vorrei sapere quale storico serio sospende il giudizio – e quindi le considera verosimili – sulle capacità taumaturgiche delle dinastie francese e inglese, grazie alle quali i regnanti guarivano la scrofolosi con il solo tocco della mano. Uno storico serio studia le superstizioni e le credenze soprannaturali come fenomeni culturali, ma di sicuro non le considera vere e reali.

«Eppure gli apostoli hanno visto qualcosa!», prosegue l’apologeta bigotto. E aggiunge: «Gli stessi, che prima avevano rinnegato il loro profeta per timore di fare la sua stessa fine, dopo hanno creduto nella sua resurrezione in modo così intenso e convinto da farsi uccidere per la propria fede». Ovvero il martirio come prova del fondamento, anzi della verità della fede.

Primo: quel martirio dovrebbe essere documentato. Come sono morti gli apostoli? Non si sa. Le notizie biografiche sul loro conto sono attendibili perfino meno del Nuovo testamento. Non c’è accordo nemmanco fra gli elenchi dei 12 discepoli, con un gruppo di nomi comuni ma pure altri che entrano ed escono a seconda della fonte considerata.

Secondo: anche ammesso, e allora? Il martirio degli apostoli non dimostra affatto che la resurrezione di Cristo è avvenuta davvero. Dimostra solo che gli apostoli credevano intensamente che la resurrezione di Cristo fosse avvenuta davvero. Ci credevano abbastanza da farsi accoppare. Niente di più. Vogliamo ricordare le migliaia di persone morte in nome dell’islam o del comunismo stalinista o del nazionalsocialismo? Tutti sinceri, tutti convinti. Dal nostro punto di vista di persone critiche e razionali, tutti fanatici coglioni che si sono sacrificati per religioni e ideologie aberranti.

Per onestà intellettuale, volendo valutare la plausibilità della resurrezione di Cristo, dobbiamo considerare non solo chi ci ha creduto ma pure chi non ci ha creduto. E sono tanti.

Immaginiamo la situazione: questo profeta arriva a Gerusalemme accolto da una folla osannante, poi viene catturato e messo in croce, e quando spira che succede? Si squarcia il velo del tempio. Si scatena un terremoto. Si produce un’eclisse di 3 ore. (Eh? 3 ore di eclisse?) Fenomeni mai visti prima, in precisa corrispondenza con la morte del profeta. Addirittura si spalancano le tombe, resuscitano i morti e una sorta di apocalisse zombi invade Gerusalemme. Chi non crederebbe a cotanti miracoli? Perfino i soldati romani sono sconvolti e riconoscono il profeta come il Figlio di Dio. Dopodiché il profeta viene sepolto, risorge e per 40 giorni appare dapprima ai discepoli più stretti e poi a più di 500 persone, nientemeno. Minchia, 500 persone sono un botto di gente. Di fronte a questo circo soprannaturale, con centinaia di testimoni, la voce si dev’essere sparsa in fretta. Ci si aspetterebbe una conversione in massa. E invece?

Invece niente. Un cazzo di niente. I seguaci di Gesù rimangono poche decine. La folla osannante non c’è più. La maggior parte degli ebrei di Gerusalemme non si convince affatto della realtà della resurrezione. Tutti coglioni?

Ovvio che no. Nonostante le fregnacce inventate a posteriori, di quella resurrezione non c’era uno straccio di prova. Diverso sarebbe stato il caso se Gesù risorto si fosse presentato al Sinedrio o al palazzo di Pilato: «Ehilà! Rieccomi. Dov’eravamo rimasti?». Almeno oggi avremmo delle testimonianze indipendenti. In compenso dei 500 testimoni ci parla solo Paolo. Qualche nome? Qualche testimonianza precisa e circostanziata? No, eh?

Il caso più clamoroso è quello di Paolo, all’epoca ancora Saulo, che non ha mai incontrato Gesù di persona: un ebreo contemporaneo, immerso nella stessa cultura di Gesù e dei suoi seguaci, che per ben tre anni dopo la morte del profeta ha ogni possibilità di convertirsi. A differenza di noi, Saulo ha accesso ai testimoni diretti. Può incontrare i familiari del profeta, i discepoli, i sacerdoti del tempio, le guardie romane, i testimoni oculari dei miracoli, i 500 resuscitati dalle tombe e tutti coloro ai quali Gesù risorto è apparso. Macché: Saulo non si converte. Non ci pensa proprio. Anzi i cristiani li perseguita. Per farlo arrivare a quel passo, il profeta risorto gli dovrà apparire di persona, come una visione celeste dopo una caduta da cavallo.

Prima della visione, niente fra le testimonianze e le altre prove può convincere Saulo. Lo stesso Saulo, ormai diventato Paolo, che a Roma accuserà i giudei di essere duri di cuore poiché non credono alla sua (di Paolo) parola: la parola di un tizio che Gesù non lo aveva mai incrociato neanche per sbaglio. La faccia come il culo, proprio.

Sicché, se nella resurrezione di Gesù non ha creduto Saulo, pochi anni dopo il presunto evento e con ampia dovizia di testimonianze, per quale motivo dovremmo crederci noi, 20 secoli dopo e senza uno straccio di prova decente?

Peraltro ci viene spiegato che, se Dio non si rivela a noi in modo esplicito, è perché non vuole imporci la propria presenza e rispetta la libertà anche di negarlo. Gentile. Gentile davvero. Ma come la mettiamo con la libertà di tutti i testimoni contemporanei di Gesù? E con la libertà di Paolo, al quale Gesù è apparso in visione sulla via di Damasco? Perché a loro sì e a noi no?

Choam Goldberg

(Foto: CREDITO)


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3 pensieri su “L’insospettabile

  1. Vissuto o non vissuto poco importa.
    Certo è che se è vissuto comunque è morto!
    Sai quanta gente è morta? Tutta quella che è nata e se non è ancora morta certamente lo sarà.
    Non c’è scampo anche se sei bravo, non rompi i coglioni, non ti inimichi qualcuno (i romani ad esempio) devi morire, ricordalo!
    Non appena morto finisce l’attività cerebrale e, puff, l’anima, l’io, la coscienza di se, il pensiero sparisce; non pensi più, perdi l’uso dei sensi: non vedi, non senti, non tocchi, non assapori: non esisti più anche se esiste il tuo cadavere.
    Ah, già, sei morto. Morto significa proprio che non sei vivo, che te lo dico a fare?
    Non appena morto dicevo, oltre a quanto detto più sopra, il corpo inizia a disfarsi: Le parti molli si disfanno per prime poi quelle più consistenti, per le ossa ci vogliono anni ed anni ma anche quelle, se non altro per lo stesso motivo delle rocce che si trasformano in sabbia sottile, se ne vanno in giro per il mondo, è solo questione di tempo.
    Ora, già il nostro corpo trasformato in gas e liquidi (un’orrenda pappina nauseabonda) appare difficile da ricomporre ma in seguito, quando si disperde nel terreno e viene dilavato o assorbito dalle piante, ti pare possibile che risorga?
    Quando ormai anche le molecole, trasformate in atomi sparpagliati vattelappesca dove, non ci saranno più come si può fare a ricomporre il puzzle, di cui si è perso anche il riferimento visuale, la sua immagine.
    E questo solo per il corpo fisico, pensa alla mente, all’attività mentale, ai pensieri, alle emozioni, ai ricordi.
    Mi sbaglierò ma ho ragione di non sbagliarmi, mi pare che siano tutte illusioni.
    nessuno è mai risorto ne risorgerà.
    Nemmeno come zombi, che pure nei film appaiono tanto reali.
    Ah! A proposito ma dove sono questi resuscitati?
    Non saranno mica morti di nuovo?
    Dovrebbero essere da qualche parte, progenitori di Highlander.
    Insomma ritengo, ragionevolmente, che queste storie cristiane di resurrezione, vita dopo la morte, giudizio universale, fede siano tutte e solo puttanate (senza offesa per le puttane che si guadagnano onestamente da vivere).

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