Un’idea abominevole

Ma anche un’invenzione geniale, se ci pensi.


«Dio è Amore. Dio ti ama. Dio ama te, proprio te, con tutte le tue debolezze e imperfezioni e con tutte le tue colpe. Dio ti ama così tanto che ha sacrificato suo Figlio, cioè sé stesso, per te e per la tua salvezza»: questa è la manfrina propinata oggi dalle religioni abramitiche, in particolare dalle varie confessioni cristiane. L’islam è rimasto attaccato a una divinità sì misericordiosa, ma anzitutto arcigna e giudicante. Anche per il cristianesimo una volta era così: sì sì, Dio ti ama, però soprattutto ti giudica e, se necessario, ti punisce. Sulla punizione i cristiani contemporanei invece tacciono. E dimenticano l’inferno.

L’ho già spiegato in un video e in un articolo. Ora ci torno sopra per mostrarne ancora l’assurdità: il grande rimosso dei bigotti cristiani è l’inferno. Non ne parlano mai. Fino all’inizio del XX secolo i sacerdoti non esitavano a spaventare il gregge prospettando le pene eterne. Oggi sorvolano, evitano, glissano. Pare brutto ricordare quella possibilità. Una possibilità accertata: nella Bibbia è scritto chiaro, senza fraintendimenti, che l’inferno esiste ed è una sofferenza eterna. Non è una semplice condizione di allontanamento da Dio. No no: dolore fisico, invece. Quando i teologi ti dicono che il fuoco e le fiamme vanno interpretati, stanno applicando l’espediente per cui, nelle Sacre scritture, quello che fa comodo lo si prende alla lettera e quello che per la sensibilità moderna è impresentabile lo si interpreta.

A beneficio di quei bigotti imbarazzati dalle porcherie nell’Antico testamento e quindi insistenti sulle novità del messaggio cristiano nel Nuovo testamento, ricordo che l’inferno come lo immaginiamo è un’invenzione di Gesù. Nel Tanakh i riferimenti sono pochi e oscuri. Laddove si parla dello sheol, se ne dice poco. Si immagina un posto noioso e triste in cui finiscono i buoni e i cattivi insieme. Yahweh, quando punisce, punisce in questa vita, non nella prossima. Addirittura alcune sette ebraiche nemmeno contemplavano un’esistenza nell’aldilà. Gli ebrei riformati lo pensano tuttora: dopo la morte, il nulla. Per scoprire l’inferno di fuoco e di fiamme eterne, di oscurità e di tenebre, di pianto e di stridor di denti, bisogna arrivare al cristianesimo. Un inferno prospettato da Gesù stesso. Un inferno di cui oggi nessuno parla più: pur senza poterne negare l’esistenza – infatti è indiscutibilmente presente nelle Scritture – lo si ignora. Si dà per scontato che tutti – tutti tutti, proprio tutti – vadano in paradiso.

Risultato: tutti sono convinti del trapasso dei cari defunti in un luogo migliore. «Mi guarda da lassù», dicono. Oppure «Veglia su di me». Per loro la persona amata, siccome era buona, dolce e gentile, non può non meritare la vita eterna in paradiso. Ma il problema è: che cazzo ne sanno? Che ne sanno delle oscurità profonde di un’anima? Come si permettono di sostituirsi a Dio, unico giudice assoluto e imparziale? Possono solo sperare e magari illudersi, ma la certezza non ce l’hanno. Forse quel figlio, quella madre, quella sorella tanto amati stanno soffrendo pene infinite comminate dal Dio che – ah ah – è Amore. Però guai a dirglielo. Quindi sull’inferno il cristianesimo contemporaneo sorvola.

Nessuno di loro poi riflette sull’onniscienza divina, per la quale il destino finale del figlio, della madre, della sorella era già conosciuto da Dio, prima ancora di crearli. Se ora sono all’inferno, Dio lo sapeva fin dall’origine dei tempi, eppure li ha creati lo stesso.

Tuttavia l’inferno esiste. Gesù lo ribadisce più volte. Il Dio che è Amore, il Dio che ti ama e ti accetta, se non fai il bravo – dove per «fai il bravo» si intende «sei coerente con i comandamenti, le prescrizioni, gli ordini e le proibizioni divine» –, nell’aldilà ti impone una sofferenza eterna. E qui c’è un’assurdità etica.

La giustizia retributiva è ingiustificabile da un punto di vista razionale, come ho già argomentato: nessuno «merita» una punizione. Detto questo, ammettiamo comunque di accettare il concetto di retribuzione meritata. Resta un fatto: la pena dev’essere proporzionata alla colpa. Oggi non condanniamo più a una morte atroce dopo un supplizio chi è blasfemo e si rifiuta di togliersi il cappello al passaggio di una processione, come accadde al povero chevalier de La Barre nel XVIII secolo. Abbiamo abolito la tortura e giudichiamo barbaro chi tuttora la pratica. Siamo persone civili. Dio invece non è civile neanche un po’: per una colpa finita condanna a una sofferenza infinita. Eppure, per quanto enormi possano essere le nefandezze commesse, nessuno – ma proprio nessuno, nemmeno Adolf Hitler – merita una punizione senza un limite di intensità e di tempo.

Se ci pensi, l’inferno è un’invenzione geniale: lo spauracchio perfetto per chi vuole sottomettere le coscienze altrui. Se la minaccia fosse l’annichilimento, anche ‘sticazzi. Epicuro ha dimostrato che la morte non deve far paura a una persona razionale: finché ci sono io, lei non c’è, e poi, quando c’è lei, io non ci sono più. Nelle «Diatribe» Epitteto considera il suicidio come una «porta aperta», una sorta di uscita di sicurezza sempre a disposizione quando la sofferenza diventa insopportabile. Perché questo è il vero Male: non la morte, bensì il dolore. La morte intesa come annichilimento non può essere una minaccia convincente. La sofferenza sì. La sofferenza scatena il terrore. Il Potere, per spaventare i potenziali sovversivi, minaccia non tanto la pena di morte, quanto piuttosto la tortura. Ecco dunque l’inferno: sofferenza eterna e senza possibilità di fuga verso il nulla. Che cosa potrebbe fare più paura? Per evitarlo sei disposto a qualsiasi cosa. Non dubiti, non critichi, non contesti i dogmi, le credenze, le superstizioni.

Perfino più geniale è il purgatorio: come l’inferno, però a termine – dunque più umano – e soprattutto per venirne fuori bisogna pagare. Giacché nessuno – tranne Dio, come sappiamo – permetterebbe che una persona amata soffra, chiunque è disposto ad aprire il portafoglio per estrarre dal purgatorio una figlia, un padre, un fratello. Oggi la pretaglia non ha più la faccia di culo di esigere denaro per salvare le anime penitenti, ma in passato la Chiesa cattolica ne fece un bel business. Non solo: la tradizionale concezione del purgatorio come un luogo di sofferenza attenuata rispetto all’inferno e limitata nel tempo è stata sostituita da una visione edulcorata di un semplice stato, di una condizione di purificazione per poter entrare nella beatitudine celeste. Ma attenzione:

211. Come possiamo aiutare la purificazione delle anime del purgatorio?
In virtù della comunione dei santi, i fedeli ancora pellegrini sulla terra possono aiutare le anime del purgatorio offrendo per loro preghiere di suffragio, in particolare il Sacrificio eucaristico, ma anche elemosine, indulgenze e opere di penitenza.
– Compendio al Catechismo della Chiesa cattolica

Capito? Elemosine e indulgenze. Nel XXI secolo. Mezzo millennio dopo Lutero. Com’era quella storia di lupi, di pelo e di vizio?

Choam Goldberg

Persuaso che nulla sia più falso e più pericoloso per gli uomini delle opinioni orribili e rivoltanti che essi si formano, o che sono loro ispirate sulla Divinità, e soprattutto del dogma che insegna loro che essa farà provare tormenti eterni alle sue sventurate creature, sento il dovere di combattere idee così orribili, così prive di fondamento, così ingiuriose per l’Essere supremo. Mi ci dedico con tanta più solerzia che posso dichiarare con la più grande sincerità che niente è più estraneo al mio modo di vedere quanto l’incoraggiare la licenza e la perversità: il mio scopo è soltanto di far assumere idee della Divinità più vantaggiose e ragionevoli di quelle di cui gli uomini sono generalmente pervasi, e di allontanare le paure insensate, e di conseguenza malfondate, che riempiono la vita d’amarezza. A me sembra che chiunque sia fermamente convinto della falsità di tali opinioni, e che tuttavia possa vedere con indifferenza i propri simili in preda al terrore e alla menzogna, possa udire calunniare e bestemmiare il proprio Dio dall’odiosa dottrina dell’eternità delle pene, a me sembra, dico, che un tale uomo s’interessi tanto poco alla gloria del suo Dio quanto alla felicità del prossimo.
– Paul Henri Thiry d’Holbach, L’inferno distrutto


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1 pensiero su “Un’idea abominevole

  1. Ma la più geniale di tutte è stata l invenzione della confessione , anche se adesso in disuso, che ha assicurato alla Chiesa per 20 secoli il controllo capillare su tutto il territorio, sapendo tutto di tutti….
    Sono dei geni, del male, ma geni !

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