8 teodicee cretine – 2/2

La piccola Alice muore dopo molte ore di sofferenza atroce. Dio, onnisciente, onnipotente e buono, non le concede neppure un morte dolce. Riusciranno mai gli apologeti a risolvere il paradosso?


Avvertenza
Nel momento in cui questo articolo viene pubblicato, il video citato può essere incorporato. Tuttavia non posso escludere che questa possibilità venga ritirata e il video reso invisibile all’interno dell’articolo. Rimarrà comunque possibile vederlo cliccando sui link nel testo, che rinviano alla posizione esatta che viene commentata nell’articolo. Invito chi legge a farlo, perché la consultazione della fonte originale è sempre necessaria.


Alessandro Franchi, del canale YouTube Conversione Costante, ha adattato al pubblico italiano gli argomenti di William Lane Craig per tentare di conciliare un Dio onnisciente, onnipotente e buono con la sofferenza innocente. Come ho dimostrato nella puntata precedente, nihil sub sole novum.

Tutto ciò che è già avvenuto accadrà ancora;
tutto ciò che è successo in passato succederà anche in futuro.
Non c’è niente di nuovo sotto il sole.
Qualcuno forse dirà: «Guarda, questo è nuovo!».
Invece quella cosa esisteva già
molto tempo prima che noi nascessimo.
Nessuno si ricorda delle cose passate.
Anche quello che succede oggi
sarà presto dimenticato da quelli che verranno.
– Qoelet 1,9-11

No, non lo hanno dimenticato. Lo ignorano di proposito e continuano a riciclare le solite fregnacce. Come Alessandro Franchi, appunto.

Le teodicee – tutte le teodicee, senza eccezioni – hanno una caratteristica: magari lì per lì sembrano, se non convincenti, quanto meno ragionevoli, però si rivelano delle immense seghe mentali nel momento in cui cerchi di calarle nella reale esperienza individuale. Da una parte c’è il Male: di solito un concetto astratto o, nel migliore dei casi, identificato con una morte e una sofferenza non meglio definite. Dall’altra ci sono i casi individuali. Vale a dire le morti di quelle particolari persone in quei particolari modi orribili. Ebbene, quando prendi una teodicea – una qualsiasi – e la applichi a un caso individuale, senti subito il caratteristico fetore della stronzata.

Prima di proseguire, fornisco una definizione generale ripresa da un mio articolo e corredata da un esempio che pure ho già discusso in profondità.


Definizione

È Male ogni forma di sofferenza non voluta di un essere dotato di un sistema nervoso sviluppato, ossia ogni condizione di dolore fisico o psicologico o di altro genere dalla quale un essere senziente rifugge se può.

Inoltre

(…) il Male e il Bene non esistono in Natura, il Male e il Bene sono soltanto giudizi soggettivi. La Natura, là fuori, se ne stracatafotte del Male e del Bene. I fenomeni naturali si verificano e basta, e un essere senziente che ne è toccato li considera Male o Bene a seconda delle loro conseguenze su di sé.

Esempio

Alice ha 3 anni. La sua casa, sebbene fosse stata costruita con le migliori tecnologie antisismiche, è stata distrutta da un terremoto. Perciò ora Alice si trova schiacciata sotto le macerie. Le sue gambe sono maciullate, tuttavia i suoi organi vitali non sono stati danneggiati. Dunque Alice è viva e soffre in maniera tremenda. È lucida e può percepire il dolore. Al buio, Alice è sola: non c’è nessuno a consolarla. Non capisce che cosa è accaduto. È immersa in un inferno di paura e di disperazione. L’agonia di Alice durerà molte ore, forse giorni interi. Alla fine il cadavere di Alice verrà estratto dalle macerie, ma nessuno conoscerà mai la tortura che la bambina ha dovuto subire.


Facci caso: per Alice il Male non è affatto la morte. Per lei la morte sarà un Bene, quando arriverà. La morte non è il Male mai. Che Male potrebbe essere, se non esiste più qualcuno a percepirlo? Se la morte è un Male, lo è per chi rimane. Che soffre, appunto. Il Male è solo la sofferenza.

Alice subisce una sofferenza innocente in un duplice significato. Innocente perché innocente è la vittima: non si può neppure concepire un’azione commessa da una bambina così piccola tale da meritare una punizione così straziante. E innocente perché priva di un colpevole: un terremoto non è causato da un essere umano, pertanto non è una conseguenza del libero arbitrio.

Alice è un esempio di sofferenza gratuita e insensata: una bambina torturata senza alcuno scopo razionale concepibile. Oppure uno scopo c’è?

Ricordiamo la definizione e l’esempio e andiamo ora a studiare il video segnalatomi da Gëzim: «Una teodicea cristiana per il XXI secolo» secondo Alessandro Franchi. Che non è una, bensì 8.

Il video si apre con l’inquadramento del problema:

Se Dio esiste, è onnipotente, è buono e ci ama, perché facciamo esperienza del male, della sofferenza, dell’ingiustizia e della morte?

Già, perché? Se lo chiedeva Epicuro, e pure Alessandro Franchi lo riconosce come l’argomento più potente per intaccare la fede in Dio. Poi aggiunge che non si può e non si deve affrontare il tema in modo intellettualistico quando ci si confronta con le persone sofferenti, che piuttosto vanno aiutate a soffrire meno. Come a dire: le teodicee discutiamole quando stiamo bene, ché altrimenti non servono a niente.

Ma ora, a bocce ferme, senza la pressione emotiva di un dolore vivo, riflettiamo insieme sul grandissimo, immenso tema del male, del dolore, della sofferenza e della morte nella nostra vita e di come riconciliarlo con ciò che sappiamo di Dio, di Gesù.

Calma. Mooolta calma. ‘Sta cosa non si può mica lasciargliela passare liscia. Troppo comodo.

Come sarebbe a dire che sull’argomento bisogna riflettere solo quando non si soffre? Che cazzo di teodicee sono, se servono soltanto quando non sono necessarie? Significa che convincono soltanto chi in quel momento non avverte la necessità di essere convinto? Ahi ahi ahi. Annamo bbene, proprio bbene.

Alessandro Franchi prosegue negando la reale incompatibilità logica fra un Dio onnisciente, onnipotente e buono e la presenza della sofferenza innocente. Non è come il cerchio quadrato o lo scapolo sposato, per intenderci.

Ah, no? Strano, perché invece è proprio un problema di logica: un Dio che lascia soffrire i bambini o non può o non vuole impedirne la sofferenza. Nel primo caso non è onnipotente, nel secondo caso non è buono. Girala come ti pare: non ne esci. È logica. Banale logica, altroché.

Seguono le stesse tre citazioni a cazzo del primo video descritto nel mio articolo precedente. A prescindere dall’invocazione del principio di autorità, che in qualsiasi discussione razionale non dovrebbe trovare posto, non vengono riportate le fonti precise. Non solo: Alessandro Franchi introduce le citazioni così:

Anche i filosofi di oggi, i più scettici, i più atei, hanno dichiarato espressamente che…

Che cosa capisci tu? Che i filosofi citati sono tutti e tre atei, giusto? Ma così non è. Infatti solo i primi due lo sono. Del terzo invece non si dice nulla… perché è un filosofo cristiano. Tu però, se non ci stai attento, non te ne accorgi. Ma tu guarda che strano, eh?

Conclusione di Alessandro Franchi:

In altre parole, oggi nessuno prende più seriamente l’argomento dell’esistenza del male, della sofferenza e del dolore come prova della non esistenza di Dio. Resta il fatto che il dolore, la sofferenza e la morte sono uno scoglio per tutti noi, atei e credenti.

Due frasi, due errori clamorosi.

Primo errore clamoroso: « (…) nessuno prende più seriamente l’argomento dell’esistenza del male, della sofferenza e del dolore come prova della non esistenza di Dio». Ah ah ah. Altro che tre, anzi due citazioni di atei: ho in casa un’intera biblioteca filosofica per dimostrare come il problema del Male sia definitivo e irrisolto per tutti i monoteismi abramitici, senza eccezioni. Nelle parole di Alessandro Franchi, di due possibilità se ne trova solo una: o l’incompetenza o la malafede.

Vogliamo rendere pan per focaccia ad Alessandro Franchi, usare anche noi il principio di autorità e citare un teologo cattolico? Toh, ecco:

Inizio dichiarando, come scrivo da tempo, che nella comprensione del mondo propria della dogmatica cattolica c’è qualcosa che non va, e che la causa è data dall’impossibilità logica di tenere insieme tre assunti, per essa irrinunciabili: 1) il male c’è; 2) Dio non lo vuole; 3) Dio governa.
La dogmatica cattolica tradizionale non può rinunciare a nessuno dei tre assunti, ma non è in grado di comporli logicamente. Le sintesi di un tempo sono tutte andate in frantumi.
– Vito Mancuso, «Disputa su Dio e dintorni» (con Corrado Augias)

Com’era? «(…) nessuno prende più seriamente l’argomento dell’esistenza del male, della sofferenza e del dolore come prova della non esistenza di Dio». Vito Mancuso allora chi è? Nessuno?

Secondo errore clamoroso: « (…) il dolore, la sofferenza e la morte sono uno scoglio per tutti noi, atei e credenti». Manco per niente. Sono un dramma per ogni essere senziente. Ma per gli atei non sono affatto un problema filosofico. Loro non sono costretti a conciliarlo con l’ipotesi bislacca di una divinità onnisciente, onnipotente e buona. Arriviamo sempre alla solita domanda cretina dei bigotti: «Gli atei come spiegano il dolore innocente?». Gli atei non spiegano nulla perché per loro non c’è nulla da spiegare: siccome non esiste un Dio onnisciente, onnipotente e buono, il dolore è un dato ontologico. Punto. Sgradevole, atroce, disumano finché si vuole, ma dato e basta.

E ora procediamo e passiamo alle 8 teodicee di Conversione Costante.

1. «C’è il paradiso, la morte è sconfitta»

La morte non è il Male. Il vero Male è la sofferenza, esperienza universale di ogni essere senziente. Il dolore fisico e psichico di Alice. Qualche credente potrebbe dire: «Poi andrà in paradiso».

Ma sai che c’è? ‘Sticazzi! ‘Sticazzi del paradiso!

Anzitutto non si capisce perché, per andare in paradiso, prima bisogna stare qui a soffrire. Dio non avrebbe potuto crearci già in paradiso?

In secondo luogo, anche ammesso che poi ci sia il paradiso, per quale ragione è necessaria l’agonia di Alice? Dio non può o non vuole darle sollievo? È impotente o è malvagio? Chi se ne fotte del paradiso, a fronte della immensa quantità di dolore nel cosmo che Dio potrebbe – o no? – ma non vuole – o sì? – impedire.

Possibile replica del credente: «La beatitudine del paradiso è infinita, perciò il dolore sulla Terra, essendo finito, è compensato».

Ah, davvero? Allora non è un problema la prospettiva di morire bruciato o scuoiato o impalato o sbudellato o fracassato sulla ruota, giusto? Se il tormento dura ore o giorni o settimane o addirittura mesi o anni, non importa, ché tanto dopo c’è un paradiso infinito, dico bene?

Qua immagino il credente rispondere: «Ma appunto! Migliaia di martiri hanno accettato la morte fra i dolori più atroci sapendo che in paradiso avrebbero goduto della beatitudine infinita!».

Ma lui, il credente che risponde così, proprio lui, sarebbe disposto a fare altrettanto? Sarebbe, proprio lui, disposto a votarsi al martirio per godere della gioia eterna?

D’altra parte, anche riconosciuto il sacrificio volontario e consapevole dei martiri, perché Alice dovrebbe subire lo stesso strazio? Lei non lo ha mica voluto!

Infine perché ad alcuni la morte viene imposta da Dio attraverso uno strazio indicibile mentre altri muoiono sereni nel proprio letto senza alcun dolore? Boh.

2. «Dio è l’unico che ha il diritto di spostare qualcuno da questa vita all’eternità»

Dio è l’autore della legge morale. Un caposaldo della quale è «Non uccidere». Però lo stesso Dio della sua legge morale se ne sbatte e uccide come e quando gli pare. Noi uno così lo chiamiamo «assassino» e lo esecriamo. I bigotti lo chiamano «Dio» e lo adorano. Notiamo infatti l’ipocrisia delle scelte lessicali: non «ammazzare» o «assassinare», ma «spostare da questa vita all’eternità».

D’altronde la morte c’entra fino a un certo punto. Infatti, come ho già detto, il problema non è la morte, bensì la sofferenza. Diamogliela buona: Dio fa il cazzo che vuole, perciò se ammazza qualcuno è nel suo diritto e del resto lui sa che cosa è meglio.

Ok, ma la sofferenza di Alice? Perché Dio ammazza qualcuno nella serenità e qualcun altro lo fa urlare di dolore fino all’ultimo respiro? Ri-boh.

3. «Il dolore nel cristianesimo è simile alle doglie di un parto: porta frutto»

Bello, il paragone con il parto. Bello e facile da smontare.

Difatti, dopo aver penato per millenni a causa delle doglie, gli esseri umani hanno escogitato un’invenzione straordinaria: l’epidurale. Così il parto porta frutto ma nessuno soffre. Geniale, l’intelletto umano, che con la scienza e la tecnologia permette di progredire verso un’esistenza più sicura e più comoda. Dio, onnisciente e onnipotente, non poteva arrivarci pure lui? Fuor di metafora, Dio non può portare lo stesso frutto senza che qualcuno si faccia male?

Siamo sempre alla teodicea ireneana. Un grande classico, da Origene e Ireneo, passando per Leibniz e arrivando fino a Plantinga: viviamo nel migliore dei mondi possibili, e se c’è un po’ di Male è solo perché non se ne può proprio fare a meno per avere tanto Bene. Il Male ha uno scopo: serve a raggiungere un Bene più grande. Qui la domanda è scontata: ma un Dio onnipotente non può raggiungere quel Bene più grande senza far soffrire nessuno? E ancora: quale frutto possono mai portare il dolore e il terrore di Alice? Quale Bene può mai derivarne? Per lei nessun frutto, visto che appena morta finisce dritta in paradiso. Tanto valeva farla morire subito.

Ma aspetta…

Per quanto grande sia il dolore, per quanto incomprensibile sia la tragedia che si sta attraversando, il cristiano non ha la pretesa di capirla intellettualmente, ma ha la capacità di viverla come una transizione, una croce che prelude la risurrezione.

Poteva mancare la risurrezione?

Be’, la risurrezione di ‘stocazzo. Come si giustifica l’agonia di Alice? Che Dio faccia crepare e in seguito risorgere i bambini ci può stare, però almeno li uccida sul colpo. Se invece li costringe a uno strazio di dolore e di disperazione, allora si fotta Dio.

Adesso leggi bene e concentrati su alcune parole: «(…) per quanto incomprensibile sia la tragedia (…) non ha la pretesa di capirla intellettualmente (…)». In breve: non si comprende.

Eccolo, sempre lui: il Mistero della fede. Qualche minuto di pazienza e lo vedremo riapparire.

4. «Il Male morale è il prodotto della libertà umana usata male»

Ok, questa è facile, dai.

Anzitutto chi se ne fotte del Male morale. Lasciamolo perdere. Anche ammesso che sia giustificato con il libero arbitrio, al suo confronto è talmente enorme la quantità di Male naturale incompatibile con il Dio abramitico che possiamo pure trascurare quello morale.

In secondo luogo, se un bambino soffre torturato da un essere umano o dalle macerie della sua casa, che cosa cambia? Sempre sofferenza è. E Dio non la impedisce.

Terzo e ultimo: comunque vaffanculo a Dio per le sue priorità. Infatti:

In altre parole, Auschwitz è la prova che Dio non esiste? No. Solo che l’uomo, senza Dio, è capace di una crudeltà demoniaca.

Ne deduciamo che, agli occhi di Dio, il libero arbitrio dei carnefici nazisti è più importante, più prezioso, più meritevole di rispetto di quanto siano la vita e il benessere di milioni di ebrei, rom e sinti, omosessuali, disabili, prigionieri di guerra. Non solo la vita e il benessere: il libero arbitrio di quelle persone, che avrebbero voluto continuare a vivere ma sono state costrette a morire. Belle priorità. Bravo, Dio. Complimenti proprio.

Segue l’esempio di Massimiliano Kolbe, che si fa uccidere dai nazisti per salvare la vita di un padre di famiglia. Straordinario caso di abnegazione. Però, mentre noi ci commuoviamo e lo ammiriamo, dimentichiamo tutte le altre vittime che, a differenza del padre di famiglia, sono morte insieme al sacerdote martire. Kolbe, con la sua finitezza umana, ne ha salvato uno. Dio avrebbe potuto salvarli tutti e non lo ha fatto. 1 a 0 per Kolbe: onore per lui e infamia per Dio.

Apprezziamo un altro dettaglio delle parole di Alessandro Franchi: «(…) l’uomo, senza Dio, è capace di una crudeltà demoniaca». Senza Dio? Perché con Dio, invece? I roghi degli eretici e delle streghe sono stati accesi da uomini senza Dio oppure in nome di Dio? E non sono esempi di crudeltà demoniaca quanto le camere a gas e i forni crematori nei campi di sterminio nazisti? Così, giusto per sapere.

Ma aspetta…

Non è logicamente possibile avere creature capaci di libertà, capaci di amore, ma costrette al contempo a non fare il male. Un mondo del genere sarebbe una contraddizione in termini.

Contraddizione un cazzo, come ho già spiegato. Dio limita la libertà umana in innumerevoli altri modi e avrebbe potuto limitarla anche impedendo di provocare dolore ad altri. Oppure avrebbe potuto quanto meno rendere sgradevole l’azione di provocare sofferenza ad altri.

Come se non bastassero queste considerazioni per demolire la minchiata della contraddizione in termini, la stessa dottrina cattolica la smentisce. Infatti esiste almeno un essere umano che è stato creato da Dio con il libero arbitrio e che nondimeno mai ha peccato in vita sua: la Vergine Maria. Oltre a lei, i beati e i santi in paradiso di sicuro godono e godranno per l’eternità del libero arbitrio – sarà mica un dono che Dio toglie dopo la morte, giusto? – eppure non peccano. Ne deduciamo che sì, Dio può creare esseri umani liberi che non compiono azioni malvagie. Com’è ‘sta cosa? Risponde il cattolico: «La Vergine e i santi e i beati in paradiso godono della grazia di Dio». Ah, ecco: la grazia di Dio. Con la quale si può avere il libero arbitrio ma non peccare mai. Quindi…

…quindi vedi che Dio ci riesce, se vuole? La contraddizione non vale più? Perché Dio non ci ha creati donando a tutti la sua grazia, liberi ma non peccatori? Poteva e può farlo, per Maria lo ha fatto e in paradiso lo fa per tutti i santi e i beati, tuttavia non lo fa per tutti gli altri.

Dopodiché parte un pippone su Gesù Cristo.

Dio si è fatto uomo per condividere la nostra umana condizione in ogni aspetto fuorché nel peccato e farsi nostro fratello, nostro compagno di viaggio (…) e infine una morte atroce, dolorosissima.

Ok, e allora? Chissenefrega. Glielo abbiamo chiesto noi di condividere la natura umana? Glielo ha chiesto Alice? Dio ci aiuta, condividendo la natura umana? Neanche un pochino. Noi umani vogliamo essere sollevati dal dolore, non vogliamo qualcuno che soffra con noi. Se ti pesti un dito con un martello, preferisci che io ti medichi la ferita e ti dia un analgesico oppure che mi pesti un dito anch’io per condividere il tuo dolore?

La risurrezione (…) segna l’inizio di una nuova fase per la Storia. (…) è entrata nel mondo la possibilità nuova di attraversare la sofferenza, il dolore, la malattia, le catastrofi, le tragedie e infine la morte con lo spirito di Gesù risorto, signore della vita. Possiamo veramente confidare in un Dio (…) che si è fatto prima bambino, poi adolescente, poi maestro, guida, e infine Dio di perdono, di amore, e dalla croce ha perdonato tutti noi caricando su di sé il castigo preparato per i nostri peccati. Di un Dio così ci si può solo innamorare.

Eh? I nostri peccati? Quali peccati può mai aver commesso Alice? Di che cazzo stiamo parlando?

Altro che innamorarsi: un Dio così lo si può solo mandare ‘affanculo.

5. «Il nostro punto di vista sui rapporti di causa-effetto è limitatissimo»

Sempre lì si arriva: non sappiamo, non capiamo, invece Dio sa, Dio capisce. Ovvero il Mistero della fede. Tocca credere senza capire. Fidarsi.

Segue l’esempio del bambino e della vaccinazione: lui non sa perché dev’essere punto con un ago, tuttavia si fida dei genitori e del medico.

(…) dovremmo avere la saggezza di sospendere il giudizio, fidandoci, come un bimbo saggio, della sapienza di un padre che vede lontano.

Un paragone idiota che ho già demolito. Anche a un bambino si può spiegare, con parole semplici e comprensibili per lui, la catena di cause ed effetti che rende necessario quel piccolo dolore. Non solo: noi umani facciamo tutto il possibile per mitigare il dolore. Un dentista non ti cava un dente a freddo: prima ti anestetizza. Dio che cosa fa con Alice? Niente. Non spiega niente di niente. La lascia lì a crepare nel dolore e nel terrore per lunghissime ore.

La sofferenza può portare ad una conoscenza più profonda e più intima di Dio da parte di chi soffre o di coloro che lo circondano.

Un Dio che, per farsi conoscere, vuole provocare un dolore straziante è un sadico psicopatico. E l’unica cosa che si capisce di lui è appunto che è un sadico psicopatico.

Se un padre umano può sbagliare (…) il Padre celeste conduce la Storia verso i suoi fini ultimi, nonostante i nostri sbagli, in un modo che sfugge completamente alla nostra lungimiranza, alla nostra capacità di vedere.

Eccolo là: «sfugge completamente alla nostra lungimiranza», dunque è un mistero. Anzi è il Mistero. E niente: proprio non riescono a farne a meno. D’altronde non hanno nient’altro: con le spalle al muro di fronte alla logica stringente, non rimane loro che quello, cioè «Credi e basta».

6. «L’esistenza stabile del Male, dimostra Dio»

A parte la virgola ficcata ad mentulam canis fra il soggetto e il predicato, in che senso, scusa?

L’esistenza stabile del Male dimostra l’esistenza stabile di un principio di Bene, di una legge morale oggettiva che punta al Bene e necessita di un supremo legislatore morale, che è Dio.

Qui c’è un non sequitur clamoroso.

Se io amo qualcuno, faccio tutto ciò che posso per eliminare o almeno per ridurre la sua sofferenza. Perciò mi aspetto lo stesso da un Dio che sostiene di amare le proprie creature. Se Dio non lo fa, concludo logicamente – logicamente! – che o non può o non vuole, e se non vuole non ama le sue creature, perciò non è buono. Semmai, se una legge morale esiste, allora lo stronzo è Dio.

(…) se siamo onesti con noi stessi, riconosciamo l’esistenza di una legge morale oggettiva.

Quale legge morale oggettiva? Dove sta scritta? In quale libro? Quello lì? Perché quello lì e non quell’altro? E poi in quello lì sta scritto pure di non mangiare il maiale e i crostacei e di uccidere gli adulteri e gli omosessuali: anche di questo stiamo parlando? O no? Se no, perché?

Oppure per legge morale intendiamo un generico amore degli uni per gli altri? Benissimo. Se la legge morale consiste nell’evitare di compiere il Male e ridurne la portata quando lo vediamo, dobbiamo concludere che Dio per primo viola la legge morale.

Mi ha sempre sconcertato il doppio standard etico applicato a Dio e agli umani. Gli stessi comportamenti che per gli umani sono abominevoli diventano legittimi per Dio. Se io lasciassi morire una bambina in pericolo senza soccorrerla, sarei considerato un mostro. Se addirittura torturassi un bambino, verrei giudicato un sadico psicopatico. In entrambi i casi sarei punito senza pietà. Invece, se le medesime azioni sono commesse da Dio, allora va tutto bene, non c’è problema. Anzi dobbiamo perfino amarlo e adorarlo.

La realtà è più semplice: non esistono valori morali assoluti. L’etica sviluppata dagli esseri umani è frutto dell’evoluzione naturale ed è determinata dalla propensione a provare empatia verso chi soffre. Tutto qua. Altro che Dio.

Lo dico in inglese: «There are no objective values». Sai chi lo ha scritto? John Leslie Mackie, proprio il filosofo citato per esemplificare gli atei secondo i quali l’argomento del Male non dimostra la non esistenza di Dio. Solo che sulla legge morale Mackie non fa più comodo ad Alessandro Franchi.

Ma andiamo avanti.

«Se Dio non esiste, tutto è permesso.»
– F. Dostoevskij

Potevamo farci mancare Dostoevskij? Ovvio che no. Di conseguenza gli atei sono immorali o quanto meno amorali. Tutta gente che, priva del freno della legge morale assoluta imposta da Dio, si dà al furto, all’omicidio e allo stupro come se non ci fosse un domani. Già già. Al contrario, i credenti sono tutti ligi e rispettosi della legge morale, gente che non torcerebbe un capello a chicchessia. Come no.

Ora osserva la Storia umana. Poi dimmi chi ha discriminato, perseguitato, torturato, bruciato, massacrato milioni di persone. In nome – ma tu guarda, eh? – di un Dio garante della legge morale.

Dopodiché osserva il presente umano e considera i Paesi e le culture. Dove si vive meglio? Dove la vita è più sicura? Dove i diritti fondamentali sono più garantiti? Nelle culture più laiche e secolarizzate oppure in quelle più religiose? Se, come donna o come omosessuale o come ateo, tu fossi costretto a scegliere, dove preferiresti vivere: in Islanda o in Polonia, in Danimarca o in Pakistan?

7. «Nelle prove della vita si manifesta realmente chi siamo»

Ancora la teologia ireneana: il fine giustifica i mezzi. Per poter manifestare chi realmente sono, io devo soffrire. Dio, con tutta la sua onnipotenza, non poteva farmi ottenere il medesimo risultato se non imponendomi il dolore.

Perché allora, per manifestare chi realmente è, anche Alice dev’essere torturata? C’è uno straccio di spiegazione razionale oppure siamo ancora a «(…) per quanto incomprensibile sia la tragedia (…) non ha la pretesa di capirla intellettualmente (…)», a «il nostro punto di vista sui rapporti di causa-effetto è limitatissimo» e a «un modo che sfugge completamente alla nostra lungimiranza», cioè al Mistero della fede?

Nel nostro mondo basato sul libero arbitrio ma su un preciso orientamento morale, una legge morale oggettiva, che ci dice che solo il Bene ci compirà, ci realizzerà, il coraggio, la virtù, il perdono, l’amore, l’amicizia hanno il potere di oscurare tutto il Male, non importa quanto grande, che c’è stato prima.

Bravo. Intanto nessuno viene in soccorso di Alice. Lei è squassata dalla sofferenza. È sola, disperata e terrorizzata. Il Bene dove sta? Dov’è?

Un credente potrebbe rispondere: «Arriva dopo, quando Alice risorge in paradiso».

E ‘sticazzi. Nel frattempo Alice crepa male. E nulla, per quanto meraviglioso, può giustificare le sua morte atroce. Per chiarimenti, citofonare Karamazov e chiedere di Ivan.

Un mondo così, dove si può realmente forgiare sé stessi attraverso le prove, e far emergere il coraggio, la virtù, l’amore è certamente più bello di un immaginario e ipotetico mondo di soli piaceri, senza dolori, senza affanni, un mondo statico, un mondo finto, dove nessuna delle nostre decisioni ha reali e significative conseguenze.

Che Alessandro Franchi vada a dirlo ad Alice. Vada, vada a dirlo a lei, quant’è più bello questo mondo, piuttosto che un mondo senza affanni.

Ah no. Aspetta. Alessandro Franchi non discute della teodicea con chi sta soffrendo. Non sta bene. Non si fa. Hai visto mai che lei lo mandasse a cagare. Molto comodo, vero?

8. «Un mondo dove non si soffre sarebbe illogico, non avrebbe leggi fisiche stabili»

L’ultima teodicea è talmente cretina che quasi quasi lascio a te che leggi l’esercizio di demolirla. È un esercizio facile, dai.

Tra l’altro un mondo così sarebbe un mondo che non ha delle leggi fisiche stabili, un mondo in cui Dio impedisce che tu cada e ti faccia male, dunque un mondo in cui la consistenza degli oggetti è mutevole nel tempo, un mondo dove non sarebbe nemmeno possibile conoscere, scoprire, fare scienza, perché un mondo dove le leggi fisiche non sono costanti ma mutano continuamente, perché Dio interviene in ogni istante, in ogni momento affinché tu non ti faccia male, non sperimenti nessun dolore, nessuna sofferenza, sarebbe un mondo assurdo, illogico, un mondo che certamente non è preferibile a questo.

Vabbe’, ti concedo qualche istante e più avanti, se prosegui nella lettura, ti do la soluzione.
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Ok, è semplice.

Qui si immagina un mondo nel quale, per impedire la sofferenza, Dio dovrebbe intervenire e violare le leggi naturali. Grazie al cazzo che un mondo così diventa imprevedibile.

Il problema sta a monte: chi ha creato le leggi naturali? Chi ha voluto le leggi naturali che procurano tanta sofferenza? Chi, se non Dio? Nella sua onnipotenza e nella sua bontà, non poteva Dio creare un universo nel quale le leggi naturali non provocassero il dolore di alcun essere senziente?

Possiamo avviarci alla prevedibile conclusione di Alessandro Franchi.

Attraverso questi argomenti, seppur trattati in modo molto veloce, spero di avervi fornito sufficienti stimoli e spunti di riflessione per poter giudicare voi stessi quanto è attendibile, profonda, edificante e anche logica, ragionevole la visione del mondo giudeo-cristiana.

Giudica tu quanto. Di 8 proposte, non se ne salva una. Di 8 tentativi di conciliare il Dio abramitico con la sofferenza innocente, non ce n’è uno convincente perché logico e razionale. Macché: falliscono tutti. Tutti, nel confronto con la tragedia di Alice, si rivelano inutili seghe mentali. Inventate da chi crede a priori in un Dio impossibile e deve escogitare ridicole assurdità per giustificarlo.

8 teodicee cretine. Che ci hanno fornito grandi stimoli, sì. Intestinali.

(2/2 – fine)

Choam Goldberg

Avvertenza

Se Alessandro Franchi o qualsiasi altro credente passasse per di qua, leggesse questi due articoli e si sentisse in dovere di rispondere, ricordi quanto segue:

  • l’indignazione per il mio turpiloquio non è un argomento degno di considerazione,
  • mi aspetto esclusivamente una risposta razionale alla domanda «Perché Dio permette la morte di Alice fra atroci sofferenze?»,
  • una risposta che invoca il Mistero della fede o analoghe perifrasi come le imperscrutabili e incomprensibili ragioni di Dio non merita un femtosecondo della mia attenzione,
  • ogni tentativo di spostare il discorso parlando di qualcosa che non sia la morte di Alice fra atroci sofferenze verrà ignorato.

In sintesi: qualsiasi credente voglia replicare a questo articolo, sappia che deve passare per la sfida della teodicea.


Avvertenza:
La lingua di questo articolo cerca di conciliare l’inclusività con la leggibilità e la scorrevolezza. Nessuno si offenda quindi se evita le ripetizioni e usa il plurale sovraesteso. Ché mi spiace, ma la schwa anche no.


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Teodicea

2 pensieri su “8 teodicee cretine – 2/2

  1. C’è una unica risposta/soluzione all’enigma sul bene e sul male sulle leggi morali e quant’altro suggerito dal video e dall’articolo:
    dio non esiste.
    dio è una sovrastruttura umana concepita per spiegare l’incognito e piegare gli ignoranti (dell’incognito) ai voleri del narratore.
    Sono d’accordo, la morte non è il male; il male è il morire.
    Cioè quello che succede prima.
    E con prima intendo dell’inizio della nostra vita all’ultimo istante prima della morte (forse anche fino a 6-6 minuti dopo, in cui tecnicamente siamo morti ma in cui potremmo ancora essere capaci di far funzionare le nostre sinapsi.
    Naturalmente con inizio della vita intendo il momento in cui riusciamo a respirare autonomamente e/o viene reciso il nostro cordone ombelicale.
    Dopo la morte non possiamo provare nessuna sensazione, ne dolore, ne gioia, non proveremo niente ne potremo dislocarci in posti differenti perché non avremo più coscienza di noi, il materiale organico del nostro corpo si disfarà in molecole semplici e/ atomi singoli.
    A parte questi residui rimarrà di noi solo il ricordo di chi ci ha conosciuti in vita ed il ricordo di quello che abbiamo fatto o scritto nei libri, nei dipinti, nelle sculture ecc.
    Non metto neppure un ipotetico se all’esistenza di dio perché se c’è un cosa sicura in questo mondo è che dio non esiste!

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