Una nuova sfida: perché?

Magari qualcuno, fra gli apologeti del Dio abramitico là fuori, vuole cimentarsi con la metanoia di un alieno.


La fregatura, con Dio, è che tutti sappiamo che cos’è. O pensiamo di saperlo, ché poi quando si tratta di definirlo si scopre che ciascuno ne ha un’idea differente. Però qualche caratteristica condivisa nell’immaginario collettivo c’è, almeno nella cultura occidentale: un’entità trascendente, onnisciente, onnipotente, buona, creatrice dell’universo. Per qualcuno interagisce con l’universo e «fa cose», per qualcun altro se ne sbatte dopo aver creato tutto. È più o meno antropomorfa, a seconda della propensione individuale verso il pensiero astratto. A volte è unica, altre volte è plurima in qualche senso misterioso. Comunque è pressappoco quella cosa lì. Perciò, quando se ne discute, di solito si parte da quell’idea per cercare di dimostrarla o di confutarla. Ma che cosa accadrebbe se dovessimo discutere di Dio con qualcuno che non ne ha mai sentito parlare? Qualcuno nella cui cultura l’idea di una divinità non è mai comparsa? Un alieno, per esempio: un essere con le stesse conoscenze scientifiche degli umani contemporanei ma del tutto ignorante su Dio, il trascendente, la teologia. Che cosa gli direbbe un credente per convincerlo dell’esistenza di Dio, in particolare nella versione della tradizione abramitica?

Come sai, io sostengo che noi atei non dobbiamo giocare in difesa, bensì in attacco. Quando i credenti ci chiedono per quali motivi non crediamo in Dio, noi non dovremmo dilungarci a proporre ragioni e argomenti. Invece dovremmo rispondere: «Perché dovrei?». Ovvero: non siamo noi che siamo atei, non è a noi che manca qualcosa, come suggerisce l’alfa privativo, ma sono loro che sono credenti, sono loro che hanno qualcosa di troppo, quindi sono loro che devono giustificare la propria credenza. L’onere della prova spetta sempre a chi afferma qualcosa, non a chi ne fa a meno. Occam docet. Altrimenti dovremmo considerare possibile, ragionevole e degna di considerazione anche l’esistenza di Babbo Natale, della Befana, delle fatine dei boschi.

Siccome sono loro a dover dimostrare, che dimostrino. D’altronde per due dei tre grandi monoteismi abramitici il proselitismo è fondamentale e i seguaci sarebbero tenuti a convertire chi non conosce il messaggio. Lo dice Gesù nel Nuovo testamento. Lo dice Allah attraverso il Profeta nel Corano.

Gesù si avvicinò e disse: «A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Perciò andate, fate che tutti diventino miei discepoli; battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; insegnate loro a ubbidire a tutto ciò che io vi ho comandato. E sappiate che io sarò sempre con voi, tutti i giorni, sino alla fine del mondo».
– Matteo 28,18-20

Chiama al sentiero del tuo Signore con la saggezza e la buona parola e discuti con loro nella maniera migliore. In verità il tuo Signore conosce meglio [di ogni altro] chi si allontana dal Suo sentiero e conosce meglio [di ogni altro] coloro che sono ben guidati.
– Il Corano 16,125

Chi mai proferisce parola migliore di colui che invita ad Allah, e compie il bene e dice: «Sì, io sono uno dei Musulmani»?
– Il Corano 41,33

Si avanzino dunque e si cimentino con la conversione di un non credente. Non credente nel senso non di ateo convinto che Dio non esista, bensì letteralmente nel senso di qualcuno che non crede perché non ha mai sentito parlare di Dio.

Così, dopo la sfida della teodicea, mi è venuta in mente una prova diversa: la sfida della conversione. L’idea è questa: il volontario credente dovrà discutere con una persona che del Dio abramitico non sa nulla e convincerla della sua esistenza. Per capirci: immagina la conversione di un alieno giunto sulla Terra, con un bagaglio di conoscenze scientifiche identico a quello umano ma del tutto ignorante su Dio.

Chi converte potrà proporre qualsiasi argomento, purché sia rigorosamente razionale: niente argomenti «di pancia», niente «sento che esiste». Inoltre la richiesta di accogliere la credenza in una convinzione illogica o incoerente o in contraddizione con le migliori conoscenze scientifiche attuali e dunque impossibile comporterà ipso facto il fallimento della sfida. L’invocazione del Mistero della fede sarà considerata un’ammissione di insuccesso.

Inutile nascondersi dietro un dito: la persona da convertire sono io. Però attenzione: nella discussione assumerò il ruolo di chi del Dio abramitico non sa nulla. Sarò un alieno, senza pregiudizi, intenzionato solo a valutare la solidità degli argomenti in favore dell’esistenza di quella divinità. Chi vorrà convertirmi dovrà partire dai fondamentali, senza dare niente per scontato. Da parte mia, garantisco in anticipo l’assenza di ogni turpiloquio e di ogni espressione volgare e ingiuriosa non solo verso le persone, ma anche verso le credenze. Non sia mai che qualcuno eviti il confronto con il pretesto della mia maleducazione.

Per la sfida della conversione ho creato un sito apposito, ho predisposto dei forum per la discussione, ho steso un Regolamento per imporre vincoli di forma, di contenuto e di tempo.

Chi vuole provare?

Choam Goldberg

(Foto: Interdimensional Guardians)


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