Una piccola storia che merita di essere raccontata.
Tu sei lì, nel tardo pomeriggio di un giovedì, dopo una lezione a distanza a 12 dottorandi, dopo aver parlato senza interruzioni per tre ore. Sei lì stanco, disidratato e soprattutto molto scoglionato, e pensi che vorresti solo sdraiarti sul divano come un tricheco spiaggiato e dormire fino a domani mattina, e invece ti tocca ancora preparare la cena per gli altri due, ché se non gli dai da mangiare in orario cominciano a squadrare in modo inquietante il gatto. E insomma sei lì e tutto l’universo ti sembra dotato di assai poco senso, sebbene tu ne sia in tutta evidenza il centro.
Dopodiché, essendoti isolato per tre ore, controlli la posta e, in mezzo alle cazzate e al ciarpame, un email attira la tua attenzione. Lo leggi. C’è un allegato. Lo apri. Leggi anche quello. E ricordi che anzitutto non sei tu al centro dell’universo, ma soprattutto che esistono tante storie interessanti e ricche e preziose. E decidi che no, non puoi lasciare quella storia lì, nella tua posta privata. Perché è la piccola storia di una singola persona, Gabriele. Ma per quella persona è la vita. E può aiutare tante persone a capire le proprie, di vite. Per questo quella piccola storia merita di essere raccontata.
Giovedì 7 maggio 2022
Caro Choam,
ho 36 anni e vivo felicemente la mia vita assieme alla mia compagna e a mia figlia di un anno.
Ho abbandonato l’educazione religiosa dei miei genitori all’età di 15 anni. Dopo un periodo di agnosticismo durato all’incirca 10 anni, ho avuto la fortuna di leggere Dawkins. Da lì all’ateismo la via è stata molto breve.
Da ben 21 anni mia madre torna regolarmente alla carica nel tentativo di convincermi a «ritornare sui miei passi». Dopo la nascita di mia figlia e la scomparsa di mio padre, i suoi tentativi di coinvolgermi nuovamente nel suo culto religioso si sono intensificati.
Abbiamo avuto un confronto abbastanza acceso riguardo alla legittimità del poter vivere la mia vita come mi pare. L’ho invitata a darmi una spiegazione convincente dei motivi della sofferenza innocente, incompatibile con un Dio onnipotente, onnisciente e sommamente buono. Al mio invito ha risposto per iscritto con una lettera. Te ne risparmio la lettura, visti i contenuti piuttosto imbarazzanti.
Bene: quello che intendo condividere è un riassunto della mia risposta alla sua lettera. Quello che molto probabilmente è l’ultimo atto, quello definitivo, in cui la invito ad accettare e a rispettare una volta per tutte le ragioni che mi convincono a non credere. Perché di questo si tratta: del tentativo di perpetuare un abuso, cioè il controllo sulla mia ragione. Si tratta dell’incapacità di una madre di accettare e rispettare il proprio figlio per quello che è.
Un caro saluto,
Gabriele
Contra, 14 febbraio 2022
Cara mamma,
ti ringrazio per la tua lettera.
Rifletto spesso sul ricordo della persona che ero quando avevo fede e sul modo in cui sono cambiato abbandonandola.
Oggi vedo molto chiaramente quale profondo bisogno umano viene soddisfatto dalla fede, per cui è naturale che tu ne voglia parlare agli altri e che tu desideri, letteralmente, salvare me e la mia famiglia dalla distruzione. La religione è una delle medicine più potenti che l’uomo ha creato per arginare l’ansia esistenziale. Quella sensazione che si prova quando si arriva inesorabilmente a riconoscere, a partire da una certa età, la consapevolezza di essere vulnerabili, precari e finiti. La religione pone rimedio a tutto questo confortando l’uomo e soddisfa la sua esigenza di avere una particolare importanza nel quadro dell’universo. Vivere senza fede non significa semplicemente rifiutare Dio, ma significa saper trovare un equilibrio esistenziale senza la necessità di ipotizzarlo.
Conosco le ragioni che ti tengono ancorata al bisogno che io, oltre a essere tuo figlio, sia anche un testimone di Geova. Quindi, per quanto sia faticoso per me accettare che una società americana riesca a indurre una gerarchizzazione dei valori nelle famiglie, desidero rispettarle.
Per quanto i testimoni di Geova si ostinino ad affermare che scienza e religione sono conciliabili tra loro, io dissento nella maniera più decisa: la conoscenza del cristiano medio sulla realtà quantitativa e misurabile è parziale e a mio modo di vedere insufficiente. Dopotutto è naturale che lo sia, poiché il mantenimento di una visione parziale della realtà è l’unico modo per lasciare spazio alla fede.
La sintesi moderna dell’evoluzione negli ultimi 30 anni ha fatto degli enormi passi avanti nella comprensione della realtà che ci circonda. I dati derivati dal progresso in campo genetico e informatico – in particolare le prove quantitative date della filogenesi molecolare – danno una spiegazione semplice, logica ed elegante della realtà osservabile. Io riconosco l’evoluzione per selezione naturale come un dato di fatto esattamente come lo è l’evoluzione per selezione artificiale che pratichiamo, per citarti solo alcuni esempi, nei confronti di cani, fiori e bestiame.
Riguardo agli argomenti che hai esposto in merito al motivo per il quale Dio permette la sofferenza innocente, ti devo confessare che non sono convincenti. Come hai ben descritto tu stessa, gira e rigira si finisce sempre alla solita questione: il peccato originale. Tutta la fede si basa sul peccato e su ciò che Dio ha fatto per salvare l’umanità dal peccato e risolvere la questione della sua sovranità.
La sintesi moderna dell’evoluzione darwiniana demolisce l’attendibilità della Genesi con dati indiscutibili. Senza il bisogno del primo uomo e della prima donna, la storia del peccato originale, del serpente, della contesa in merito alla sovranità di Dio e della necessità di un Messia o di una salvezza non hanno più ragione di essere. Un rigetto dottrinale di tale portata annienta la fede dalle sue fondamenta e rende vano ogni tentativo di conciliarla con la scienza e la ragione.
Spero che prima o poi riuscirai a capire che, se i tuoi bisogni esistenziali vengono soddisfatti attraverso la fede, quelli delle altre persone potrebbero essere soddisfatti in modi diversi, altrettanto rassicuranti. Io vivo bene la mia vita e vorrei che tu potessi consentirmi di viverla così come ho scelto. Vorrei che un giorno tu riuscissi a riconoscere e rispettare le decisioni che prendo per me stesso e per la mia famiglia, concentrandoti unicamente sul vivere in serenità ogni momento che potremo ancora passare insieme. Per questo qualche mese fa ti chiesi se avessi piacere a partecipare al compleanno di Aurora. Non l’ho fatto per indurti a peccare, ma semplicemente per avere un maggior numero di pretesti per stare insieme, emozionarci ed emozionare. Tutto ciò perché non do per scontato il fatto di essere in vita contemporaneamente e poter gioire della nostra presenza.
Mamma, io sono ateo. E sono fiero di esserlo per innumerevoli motivi. So che fatichi ad accettare che è possibile vivere una vita appagante anche senza la fede. Ma purtroppo, se non sei disposta ad ascoltare le ragioni che mi hanno portato a questa scelta, l’unica persona che può porre rimedio a questo conflitto sei tu stessa.
Per chi, come me, ha già avuto una fede, essere atei è già di per sé una condizione appagante. Sono libero dal peccato originale, dall’idea che mi serva una religione per comportarmi bene o essere felice. Sono libero dall’ansia della fine del mondo imminente. Sono libero dalla paura del giudizio costante di un maschio caucasico, con la barba bianca, che passa il suo tempo a osservarmi. Sono libero dall’idea che Luna e Aurora, in quanto donne, abbiano un valore inferiore al mio e che quindi debbano essermi sottomesse. Sono libero di leggere ciò che mi pare e di spalancare le mie vedute a quanto di più spettacolare e inaspettato possa riservare la conoscenza della realtà osservabile. Sono libero dall’idea del diavolo e dal fatto che tutto il mondo cospiri contro di me e mi sia nemico. Sono libero di trattare tutti i viventi con amore, lealtà e rispetto senza dover fare riferimento a un testo sacro. Sono libero di vivere la mia vita con un senso di gioia e di meraviglia senza dover rendere grazie a qualcuno per questo. Sono libero di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo in merito a qualsiasi argomento di mio interesse senza temere conseguenze. Sono libero di fare tutte le esperienze che ritengo possano arricchirmi e rendermi migliore. Sono libero di sottoporre tutto a verifica, di controllare se le mie idee si accordano ai fatti e di scartare anche credenze a cui sono affezionato se sono contraddette da dati reali. Sono libero di godere della mia vita sessuale (purché non danneggi nessuno) e sono libero di lasciare che gli altri possano godere della propria, quali che siano le loro inclinazioni (che non sono affar mio). Sono libero di mettere tutto in discussione. Sono libero di non indottrinare mia figlia, di insegnarle a pensare con la sua testa, analizzare i dati e dissentire da me. Sono libero di riconoscere che noi umani non siamo esseri speciali e non abbiamo una posizione privilegiata nel quadro dell’universo. Sono libero di riconoscere che il pianeta su cui viviamo è in gran parte inospitale alla vita umana e che per questo motivo è sbagliato pensare che sia stato creato apposta per la nostra utilità. Sono libero di riconoscere che l’universo continuerà a fare il suo corso anche dopo la nostra dipartita in qualità di specie.
Nemmeno la morte temo più come una volta, mamma, perché anche le stelle nascono, invecchiano e muoiono. Sarebbe innaturale non seguire il loro stesso corso. L’impermanenza di ogni oggetto terreno e celeste mi ricorda con costanza che nulla è per sempre e che tutto è destinato a cambiare. Per me va bene che sia così.
Noi siamo fatti di polvere di stelle, mamma, e quando alzo gli occhi in una notte con il cielo stellato non posso che perdermi nel pensiero che l’Universo che vedo stagliato davanti ai miei occhi è lo stesso che c’è anche dentro di me. Siamo pezzetti di un universo che, per brevissimi istanti, giunge all’autocoscienza (1).
Che meraviglia, mamma…
È questa la scelta che ho fatto per me e per la mia famiglia: libertà dalla fede.
Libertà
sopra
tutto.
Ti voglio bene.
Gabriele
—
(1) Senza nemmeno farlo apposta, oggi è l’anniversario del Pale Blue Dot, una fotografia scattata negli anni ’90 da uno scienziato al quale sono molto affezionato, Carl Sagan. In un suo libro, Sagan espone le sue riflessioni sul significato profondo di quella fotografia e sul fatto che l’astronomia è un’esperienza che tempra il carattere abbattendo l’antropocentrismo.
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