Una dichiarazione di ateismo può avere conseguenze devastanti. E perfino rovinare progetti, speranze, esistenze. Cautela, quindi. Ma anche fermezza.
Ma il 23 marzo è o non è la Giornata mondiale del coming out ateo? Boh. Non ci si capisce un cazzo. Se lo è, di certo non è ben promossa. Io comunque, attuale o meno che sia l’argomento, qualche consiglio lo do.
Non esistono due coming out identici. Rivelare il proprio ateismo a parenti, amici, colleghi a Monza non è come farlo a San Giovanni Rotondo. L’esito può essere un’alzata di spalle oppure una tragedia collettiva. Dunque per molti/e l’ateismo diventa una convinzione segreta, che confligge con le necessità sociali di una fede ostentata ma ipocrita.
In una famiglia e in un contesto sociale aperti e tolleranti o anche solo tiepidi verso la religione, il coming out non è mai un problema. Se poi qualche singolo/a parente o collega bigotto/a s’incazza, lo/a mandi in culo e finisce lì. Ben diverso è il caso quando gli effetti della tua rivelazione possono scatenare tragedie familiari, sociali, collettive e sconvolgerti l’esistenza: «Ti sbatto fuori di casa! Da oggi gli studi te li paghi da solo/a!». Famiglie bigotte, paesi minuscoli, comunità conservatrici sono spesso spauracchi insuperabili.
Ogni situazione fa caso a sé, però non è impossibile fornire qualche indicazione di valore generale.
- Chiediti perché.
Perché vuoi dichiarare il tuo ateismo? Per essere autentico/a? Per provocare? Non esistono motivi «giusti» né motivi «sbagliati»: ciascuno/a ha i propri e sono tutti rispettabili. Ma è importante che tu sia ben consapevole dei tuoi. Quelli veri, non quelli che magari ti racconti. - Decidi a chi vuoi dirlo.
Non sei obbligato/a a esporre il tuo ateismo all’universo mondo. Puoi parlarne solo con certe persone. Ma attenzione: se lo dici ad alcuni/e e non ad altri/e, è possibile che l’informazione passi. - Nel dubbio, aspetta e rifletti.
Non c’è fretta. Forse sei ateo/a già da tempo e hai atteso finora, perciò qualche mese in più non cambierà nulla. Quindi prenditi il tempo necessario per pensare, valutare, prevedere. Per prepararti, soprattutto. Specie se ti trovi in condizione di dipendenza affettiva e/o economica e se in gioco ci sono il tuo futuro, i tuoi progetti, i tuoi studi. - Per decidere, soppesa bene le possibili conseguenze.
Una lista pro/contro è molto utile. Cerca di fare previsioni nel modo più realistico e disincantato possibile. Che cosa succede se lo fai? Come la prende Tizia? E Caio? E Sempronia? Che cosa succede invece se non lo fai? Quanto ti pesa l’ipocrisia? È accettabile a fronte dei vantaggi, anche materiali, che ne ricavi? Quanto è importante la sincerità? Merita gli svantaggi, anche materiali, che subisci? - Se decidi di restare nascosto/a, non sentirti vigliacco/a.
Qualcuno/a potrebbe accusarti di vigliaccheria, sostenendo che bisogna avere il coraggio delle proprie idee ed essere disposti/e a pagare un prezzo per sostenerle. Be’, sono cazzate: sono tutti eroi con il coraggio degli altri. Di fatto nessuno ha il diritto di giudicare. Consideriamo il caso estremo: i luoghi in cui l’ateismo costa la vita, come l’Arabia Saudita o il Pakistan. Massima ammirazione per chi si espone lo stesso e paga con la persecuzione, il carcere, il linciaggio, la morte. Però non si può nemmeno biasimare chi, per difendersi, si nasconde e finge una fede che non ha. Allo stesso modo, se il prezzo da pagare è la separazione dalla comunità o la perdita di un’entrata economica essenziale a causa di una famiglia bigotta o di un datore di lavoro ottuso, non è giusto condannare chi finge di aver fede pur di continuare a guadagnarsi la vita. Non sei tu che sei vigliacco/a: sono loro che sono stronzi/e e che, con il ricatto dell’adesione alla religione, minacciano di tagliarti i fondi solo per le tue idee. Insomma, la colpa è sempre di chi perseguita, non di chi è perseguitato/a. - Se decidi di restare nascosto/a, nasconditi bene.
Sta’ sempre attento/a a ciò che riveli attraverso le tue scelte e i tuoi comportamenti. Occhio ai post che pubblichi sui social network, ai libri che leggi, ai siti che visiti, ai forum che frequenti, agli acquisti che fai on line, perfino ai like che metti ai video. Svuota la cache del browser e cancella la cronologia di navigazione. Usa un VPN. Non lasciare incustodito il cellulare. Meglio essere troppo paranoici che troppo poco. - Se decidi di restare nascosto/a, approfittane.
Ok, sei ipocrita, perché da ateo/a continui a partecipare alle cerimonie religiose pensando che sono tutte stronzate. Tempo sprecato? Dipende da te. La frequentazione dei credenti ti consente comunque di conoscere meglio la religione, e male non fa. Ascolta le parole dei sacerdoti. Se ancora non lo hai fatto, leggi con attenzione e spirito critico le Sacre scritture: vedrai come si rafforzerà il tuo ateismo. - Se decidi di restare nascosto/a, guardati in giro.
Cogli ogni occasione per bazzicare persone al di fuori del tuo ambiente. Ti apriranno nuovi orizzonti e ti mostreranno modi di pensare differenti da quelli della tua famiglia e della tua comunità. Tuttavia non ostentare queste conoscenze, per non destare sospetti. - Se decidi di esporti, prima sonda il terreno.
Prova a riferire l’esperienza di qualche ateo/a che conosci o di cui hai sentito parlare. Vanno bene anche i personaggi famosi: «Hai saputo che Fedez e Ferragni si sono dichiarati non credenti?», «Hai sentito che Carlo Rovelli è ateo?». Osserva le reazioni di chi ti ascolta: potrebbero stupirti. Potresti scoprire che chi ti circonda è più aperto/a di quanto immagini. Però sta’ attento: un conto è considerare le opinioni degli estranei, tutt’altra faccenda sarà invece accettare il tuo ateismo. - Se decidi di esporti, procedi per gradi.
Comincia a partecipare meno alle funzioni religiose, magari con qualche scusa. Raffredda il tuo entusiasmo nei confronti della fede. Inizia a buttar là qualche obiezione ogni tanto. Osserva le reazioni e le risposte. Quando alla fine uscirai allo scoperto, il tuo coming out sarà meno dirompente. - Se decidi di esporti, cerca alleati.
Magari nel tuo ambiente non tutti sono bigotti/e. Magari c’è una zia o un’amica di famiglia che è già atea, ma non viene ostracizzata ed è solo considerata un po’ bislacca. Comincia a frequentarla. Cerca la sua compagnia. Fa’ che venga associata a te. Fra l’altro, ti offrirà pure l’occasione di discutere con qualcuno/a che non ha pregiudizi e non assume nei tuoi confronti un atteggiamento giudicante. - Se decidi di esporti, guardati in giro.
In maniera graduale, inizia a portare nel tuo ambiente persone non credenti e fa’ in modo che le loro idee trapelino: «Ma Alessandra non frequenta la chiesa?», «No, lei non è credente. Ma non per questo è una brutta persona». Anche queste conoscenze prepareranno il terreno a un coming out più soft. - Dopo il coming out, in caso di rigetto non lasciarti demolire.
Se anche ti aggrediscono, ti insultano, ti offendono, non permettere loro di intaccare la tua autostima. Mai. Le tue convinzioni non hanno niente a che vedere con il tuo valore come persona. - Dopo il coming out, in caso di rigetto non diventare aggressivo/a e non rifiutarli a tua volta.
Non fare come loro: distingui le persone dalle loro opinioni. Puoi continuare ad apprezzarli/e per altri motivi e perfino ad amarli/e sebbene rimangano credenti. Se li respingi per la loro fede, non sei migliore dei bigotti, che rifiutano te per il tuo ateismo. - Dopo il coming out, in caso di rigetto mantieni sempre il controllo della situazione.
Non accettare confronti quando sei più fragile: dopo un lutto, un abbandono, la perdita di un lavoro, una malattia, un esame andato male. Ricorda: non sei obbligato/a a discutere. Puoi sempre alzarti e andartene. Acconsenti a discutere solo quando sei lucido/a e sereno/a. - Dopo il coming out, in caso di rigetto sii disponibile a capire.
Non pretendere di conoscere del tutto chi ti circonda, anche se è molto vicino/a a te. Dietro il suo rifiuto ci possono essere molte ragioni, perfino alcune non giustificabili ma almeno comprensibili. Per esempio, nella tua dichiarazione di ateismo qualcuno/a può vedere rispecchiati i propri dubbi e le proprie insicurezze, messi a tacere e nascosti da una vita ma sempre presenti in profondità. Così emergono ferite antiche e mai del tutto rimarginate. Oppure per altri/e può contare soprattutto lo stigma sociale: «Adesso che cosa penserà la gente di noi?». Infatti le religioni permangono non perché sono vere, ma perché sono costrutti sociali e spesso fungono da collanti identitari. Perciò la scelta di uscirne ha contraccolpi collettivi, non solo individuali: il tuo ateismo dichiarato può creare un vulnus in un’intera comunità. - Dopo il coming out, in caso di rigetto fregatene del loro dolore, della loro delusione, delle loro preoccupazioni.
Ci proveranno con il ricatto affettivo: «Mi hai fatto/a soffrire». E anche: «Mi hai deluso. Mi aspettavo ben altro da te. Avevo grandi aspirazioni sul tuo conto. Mi fai sentire fallito/a». E addirittura: «Se non riesco a farti ritrovare la fede, rischio la salvezza della mia stessa anima». Be’, non sono problemi tuoi. Chi provoca quel dolore, quella delusione, quel timore? Certo non tu, bensì le loro superstizioni. Le credenze causano sofferenza quando si scontrano con una realtà che le nega. Ed è proprio questo il caso: loro credevano che tu fossi credente, la realtà è che tu non lo sei. Ebbene, la realtà ha sempre l’ultima parola. Perciò il problema non sei tu: il problema sono loro e le loro superstizioni. Sulle basi delle quali nessuno ha il diritto di condizionare le vite altrui. Sicché assumiti la responsabilità della tua vita, non quella delle vite degli altri. - Dopo il coming out, in caso di rigetto accettalo, ma senza cedere.
Anche questa è una loro scelta e una loro responsabilità. Rimani aperto/a, ma accetta la loro chiusura. Adotta un atteggiamento stoico: non puoi cambiare i fatti, ma puoi cambiare la tua reazione di fronte ai fatti. Cerca di mitigare le conseguenze spiacevoli per eventuali altre persone coinvolte nelle dinamiche sociali, soprattutto se sono fragili come i bambini, ma non cedere nella difesa della tua libertà e della tua autonomia di pensiero e di azione.
(Foto: Marko Forsten, Flickr)
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