Che cos’è la scienza? – 6/7

Verificare? No: falsificare, invece. O per lo meno provarci. Popper docet.


La verifica delle teorie: è questo lo scopo degli esperimenti scientifici. Lo sanno tutti. Se la verifica ha successo, posso considerare vera la teoria. Se la verifica fallisce, devo cambiare la teoria oppure buttarla e svilupparne una nuova. Ma c’è un problema fondamentale: quante accidenti di verifiche devo compiere per essere certo della verità della mia teoria? 12? 47? 214?

Consideriamo un caso semplice: i cigni. Io abito non lontano da un lago, nel quale sguazzano sereni dei cigni. Che peraltro con le loro pulsioni suicide rompono spesso i coglioni a chi guida sulla strada del lungolago, ma questo è un altro problema. Qui ci interessa un fatto: i cigni sono bianchi. Tutti, senza eccezioni. Li ho controllati di persona uno per uno. Sicché mi viene la tentazione di formulare una legge universale: «Tutti i cigni sono bianchi». Tutti tutti, non solo quelli nel mio lago. Per scrupolo, vado a cercare un altro lago in un’altra città. Anche lì tutti i cigni sono bianchi. Basta? Magari no. Perciò vado in una città ancora più lontana e osservo i cigni nel suo lago. Alé: tutti bianchi. Dunque la mia legge ha valore davvero universale? Posso considerarla assolutamente vera? Manco per niente. Perché poi mi sposto in Australia e… ecco: un cigno nero! Così la mia legge sulla bianchezza dei cigni viene falsificata. Però posso subito formularne un’altra: «Tutti i cigni sono bianchi oppure neri». In questa nuova forma sarà universale e assolutamente vera… giusto? Oppure devo andare su Kepler-20f per verificare che anche lì non ci siano cigni magari rosa a pallini verdi? Insomma, quanti cazzo di cigni devo osservare per avere la certezza che non ci siano altri colori oltre al bianco e al nero?

L’esempio dei cigni, solo in apparenza banale, è di uno dei più grandi filosofi del Novecento: Karl Popper. Popper si è occupato di una sacco di questioni, compresa la politica, ma a noi qui interessa come epistemologo, perché ha demolito l’induttivismo e ha portato all’attenzione dei filosofi e degli scienziati un limite intrinseco della semplice verifica delle teorie scientifiche: non si controlla mai abbastanza. L’induzione non garantisce la conoscenza e semmai spinge a crogiolarsi in una falsa sensazione di certezza, con il rischio di finire come il tacchino induttivista di Russell.

Perciò lo scopo della scienza non consiste più nel verificare, bensì nel falsificare. Uno scienziato sperimentale non deve andare a cercare i fenomeni che confermano le teorie, ma i controesempi: i fatti che le violano, i risultati degli esperimenti che le contraddicono. Detta in modo brutale: lo sperimentatore deve cercare di fare il culo al teorico. Nel caso dei cigni, non posso accontentarmi di cercare nuovi cigni bianchi, ma devo sforzarmi di trovare cigni di altri colori. Se ci riesco, la teoria della bianchezza dei cigni è falsa e va rigettata. Se non ci riesco… be’, in quel caso non potrò dire che la mia teoria è «vera», ma soltanto che è «provvisoriamente non falsa». Infatti nessuno mi garantisce che in qualche buco inesplorato in fondo all’universo non ci sia un cigno nero, ovvero un fenomeno in contrasto con la mia teoria. Vale per tutte le teorie, anche quelle meglio confermate, come la teoria della relatività o la teoria dell’evoluzione: non si può dire che sono «vere», ma solo che «finora non abbiamo mai incontrato un fenomeno che le smentisca».

Insomma, una teoria è scientifica non perché è verificabile, bensì perché è falsificabile. Ossia dice con chiarezza sotto quali condizioni e con quali osservazioni essa sarebbe violata. Vuoi dimostrare la falsità della teoria della relatività ristretta? Mostrami un elettrone superluminale. Vuoi smentire la relatività generale? Fammi vedere il percorso di un raggio di luce che non si incurva nei pressi di una grande massa. Vuoi falsificare la teoria dell’evoluzione? Portami i resti fossili di un coniglio databili a prima del Cambriano. Non sono scientifiche invece le teorie che non si assumono responsabilità e che, di fronte a inoppugnabili prove contrarie, inventano spiegazioni ad hoc per salvarsi. Come il sedicente telepate smentito dalla verifica sperimentale, che si para il culo sostenendo che gli scienziati scettici «emettono onde negative che inibiscono i miei poteri».

Attenzione, però: Popper ha detto che una teoria scientifica dev’essere falsificabile, non che tutte le teorie scientifiche sono false. Un’altra stronzata che mi è toccato sentire. Di fatto, una teoria scientifica potrebbe anche essere vera in assoluto. Però non lo si saprebbe mai. Al massimo ci si potrebbe sforzare sempre di falsificarla e, fallendo ogni volta, accontentarsi di una conoscenza provvisoria e incerta. Resta un fatto: la critica sistematica e tenace è al cuore del metodo scientifico. Direi di più: al cuore della razionalità. Popper lo ha spiegato con chiarezza. Ma già John Stuart Mill lo aveva detto:

Thirdly, even if the received opinion be not only true, but the whole truth; unless it is suffered to be, and actually is, vigorously and earnestly contested, it will, by most of those who receive it, be held in the manner of a prejudice, with little comprehension or feeling of its rational grounds. And not only this, but, fourthly, the meaning of the doctrine itself will be in danger of being lost, or enfeebled, and deprived of its vital effect on the character and conduct: the dogma becoming a mere formal profession, inefficacious for good, but cumbering the ground, and preventing the growth of any real and heartfelt conviction, from reason or personal experience.
– John Stuart Mill, «On Liberty»

Dunque non si potrà mai essere certi di alcunché? No: alcune certezze esistono. Infatti, se le verità non sono certe, in compenso sono certe le falsità. Che forma ha la Terra? Non lo si sa con assoluta sicurezza: al momento, la descrizione migliore e provvisoriamente non falsa è un geoide. Però si sa con certezza che non è un disco piatto, non è una sfera, non è nemmeno un ellissoide di rotazione.

Ti sembra poca cosa? Ti sembra che così la nostra conoscenza sia ben misera? Ebbene, è quanto di meglio possa offrire la razionalità. D’altra parte qual è l’alternativa? Il dogma?

Bello, il dogma, che non si verifica né si falsifica perché è vero per definizione, è vero perché sì, è vero perché sta scritto nel Libro sacro, è vero perché l’ha rivelato Dio a suo figlio, al suo profeta, al capo della sua setta, al suo veggente. Il dogma è vero perché è vero e guai a chi lo discute, lo critica, ne dubita. Siccome è vero, il dogma può essere, anzi deve essere imposto anche a chi non ci crede.

Be’, la scienza non funziona così. Per nessuna diatriba scientifica sono stati lanciati anatemi o perseguitati eretici o accesi roghi o scatenate guerre, ossia le amenità a cui per esempio i monoteismi abramitici ci hanno abituati. Come dici? Lysenko? No, no. Lysenko non c’entra. Quella fu una persecuzione politica, non scientifica. La scienza fu soltanto un pretesto.

(6/7 – continua)

Choam Goldberg

(Foto: Free-Photos da Pixabay)


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2 pensieri su “Che cos’è la scienza? – 6/7

  1. E’ molto che leggo e apprezzo il tuo blog, senza trovarvi la benchè minima imperfezione, nè di ragionamento, nè lessicale. Questa volta penso ti sia sfuggito un piccolo dettaglio, forse intendevi la mettere la congiunzione e non un verbo in questa frase: “la critica sistematica è tenace è al cuore del metodo scientifico”
    Grazie e saluti

    • Grazie per l’apprezzamento. In effetti tengo molto alla precisione formale. Poi, certo, qualche errore può sempre sfuggire.

      Perciò ti ringrazio anche per la segnalazione dell’errore, che adesso ho corretto. I lettori attenti e scrupolosi come te sono molto preziosi.

      (A proposito di errori, l’accento su “né” e su “benché” è acuto, non grave. 😉 )

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