…per il razzismo e l’islamofobia.
Qualche giorno fa è stato pubblicato nel blog Io, ateo un articolo di Daniele Fucini dal titolo «Il (non) senso dell’UAAR per il politicamente corretto» nel quale l’autore polemizza con il blog A ragion veduta dell’UAAR per un articolo di Raffaele Carcano dal titolo «Vocabolario sintetico del politicamente corretto» e pubblicato anche sul numero 01/2021 di «Nessun Dogma». Sicché adesso io polemizzo con Daniele (e un po’ anche con Raffaele, in modo indiretto). Magari fra qualche giorno Raffaele polemizzerà con me e il cerchio si chiuderà.
Benché non mi convincano parecchi fra gli argomenti esposti da Daniele, entro nel dettaglio di uno solo, quello che più mi procura riflussi gastroesofagei: l’islamofobia. Ecco ciò che Daniele scrive:
Islamofobia
L’articolo sostiene che “sovente [l’islamofobia] è […] un’accusa lanciata contro qualunque critica nei confronti dell’islam, spesso aggravata dall’accusa di «razzismo» – anche se l’islam non è una razza”. Non metto in dubbio che il termine sia in alcuni casi utilizzato a sproposito, ma questo non rende meno reali le discriminazioni che i musulmani subiscono in occidente per il fatto di essere musulmani. L’argomento secondo cui in questi casi non si può parlare di razzismo, perché l’Islam non è una razza, è molto diffuso tra i cosiddetti razionalisti, ma è chiaramente specioso, sia perché “razzismo” può essere inteso in senso lato, sia perché anche se l’Islam non è una razza, l’appartenenza alla religione musulmana è comunemente associata a determinate etnie: se vi chiedessi di immaginare una persona musulmana, difficilmente vi immaginereste una persona bionda con gli occhi azzurri, per quanto ovviamente esistano musulmani con tali caratteristiche.
Cominciamo demolendo la minchiata del razzismo. Che no, non può «essere inteso in senso lato». Infatti quanto «lato» può essere il senso? La radice di «razzismo» sta in «razza», quindi in una caratteristica innata, intrinseca, congenita. Una caratteristica priva di qualsiasi fondamento scientifico – tante grazie, lo so anch’io – perché nel caso di Homo sapiens ormai la biologia e l’antropologia l’hanno buttata nel cesso della scienza da un bel po’. Però la razza rimane ben incistata fra le idee del cazzo dei razzisti, che sulla base di quel concetto giudicano le persone. Perfino per quei coglioni la razza è una caratteristica innata: il neurone comatoso e agonizzante solitario nelle loro scatole craniche considera il negro pigro e stupido in quanto negro, il giudeo (in senso etnico) subdolo e profittatore in quanto giudeo. Ergo, poiché l’adesione a una religione è una scelta e non una caratteristica innata, ossia è un’identità ideologica e non un’identità non ideologica, considerare l’islamofobia una forma di razzismo è sbagliato sul piano concettuale. Se proprio vogliamo rendere «lato» il senso della parola «razzismo», invece di applicarla solo a un concetto screditato come la razza usiamola per ogni discriminazione di un’identità non ideologica e consideriamo forme di razzismo il sessismo, l’omofobia, l’abilismo eccetera. Ed evitiamo di parlare di razzismo per le critiche alle ideologie. Altrimenti anche l’antifascismo e l’anticomunismo sono razzismi.
Sgombrato il campo da questa scemenza, si può legittimamente, razionalmente, decorosamente essere islamofobi? Tutto dipende da quel prefisso islam–: che cosa rappresenta? L’idea o le persone?
Se il prefisso islam- rappresenta l’idea, non solo si può, ma si deve essere islamofobi, così come si deve essere più in generale religiofobi, perché tutti i monoteismi abramitici sono ideologie ottuse, dogmatiche, patriarcali, sessiste, omofobe, intolleranti, violente, pericolose. Il loro scopo è l’asservimento intellettuale dei credenti e la persecuzione dei non credenti. Perciò, senza eccezioni, fanno schifo al cazzo e devono essere criticate, perculate, ostacolate e combattute da ogni persona razionale e civile. La tradizione monoteista abramitica è la peggiore sfiga che mai abbia colpito la cultura umana, e non arriverà mai troppo presto il momento in cui l’umanità riuscirà – se mai riuscirà, ché le ragioni per dubitare che ne sia capace sono tante – a liberarsene. (Sì, lo so: l’ho ripetuto talmente tante volte da essere diventato stucchevole. Abbi pazienza: lo ribadisco a beneficio di chi arriva qui per la prima volta.) Sicché io proclamo e rivendico con orgoglio la mia religiofobia.
Se invece il prefisso islam- rappresenta le persone e dunque l’islamofobia è un pregiudizio discriminante verso i musulmani… be’, in prima battuta mi verrebbe da dire che no, non va bene, non si fa, bisogna distinguere le persone dalle idee e combattere le seconde ma rispettare e non discriminare le prime. L’ho detto, lo ripeto, lo confermo.
Però.
Però calma, eh. La distinzione fra le persone e le idee è valida come principio astratto generale, ma poi bisogna calarla nella realtà. E nella realtà ci sono idee e idee. E l’adesione a una certa idea dice qualcosa sulla persona. Dunque consente di dare un giudizio anche sulla persona.
Per esempio, diresti mai «Tizio è fascista, ma è una brava persona»? Eh no, cazzo: un fascista non è una brava persona. Un fascista non può essere una brava persona. Il suo fascismo lo rende ipso facto una persona orrenda. Nel caso migliore – se si dichiara fascista senza sapere che cosa è il fascismo – è una capra ignorante. Nel caso intermedio – se si dichiara fascista sapendo che cosa è il fascismo ma senza capirlo – è un esimio coglione. Nel caso peggiore – se si dichiara fascista sapendo e capendo che cosa è il fascismo – è una spregevole testa di cazzo. E come tale va schifato e anche discriminato. Esatto: anche discriminato. Le sue idee sono così abominevoli e così pericolose che lui, come persona, dev’essere rifiutato, respinto, limitato. Proprio lui, non solo la sua ideologia. Io a un fascista nemmeno stringo la mano. Ma neanche gli rivolgo la parola. Se mi saluta, volto la faccia altrove. Pochi giorni fa un tizio ha chiesto e ottenuto in automatico l’iscrizione al Gruppo Facebook de L’Eterno Assente, dichiarandosi ateo: secondo le regole del Gruppo, tanto basta per farne parte. Io però i fascisti fra i coglioni non li voglio e, siccome un’occhiata veloce ai nuovi iscritti la do sempre, appena nel suo profilo ho visto foto e post di sostegno a Forza Nuova l’ho bloccato senza dargli una spiegazione. Questo per quanto riguarda me, privato cittadino. Ma allo stesso modo mi aspetto che lo Stato e le istituzioni, fondati sui valori di libertà, tolleranza e rispetto per i quali sono state sacrificate milioni di vite, non diano un epsilon di spazio al fascista. Il fascista non deve essere assunto in un ruolo pubblico: se vuole, si faccia la propria impresa privata. Il fascista non deve neppure poter comunicare nei media del servizio pubblico: non pretendo per lui un divieto di esprimersi, ma se ci tiene vada a esporre la sua ideologia fascista in un suo spazio privato.
Oppure vogliamo parlare della feccia di Trump? Vogliamo parlare della marmaglia che, nonostante il suo spettacolo indegno come persona e come presidente, continua a credere alle sue menzogne? Vogliamo parlare degli squadristi che la settimana scorsa hanno scatenato una sommossa a Washington D.C.? Anche nel loro caso vogliamo stare a fare sottili distinguo fra l’idea e la persona, criticando la prima ma rispettando la seconda? Ma ‘stocazzo. Allora, a prescindere dalla violazione delle leggi per la quale meritano di finire al gabbio, vogliamo o non vogliamo togliere il diritto di voto a quel branco di mentecatti per il semplice fatto che aderiscono a un’ideologia abietta e hanno l’intelligenza e/o la cultura e/o lo spirito critico di un geranio?
Questa è discriminazione? Certo che lo è. E io rivendico il diritto alla discriminazione delle persone quando hanno idee abominevoli.
Ora magari qualcuno vorrebbe sostenere che io sono razzista perché discrimino e vorrei vedere sempre e in ogni luogo discriminati i fascisti? Qualcuno vorrebbe affermare che io sono razzista perché disprezzo i fenotipi fascistoidi, ossia i pelati con lo sguardo bovino, l’abbigliamento paramilitare e i tatuaggi con le svastiche e le croci celtiche? Cerchiamo di non dire cazzate, dai.
Qualcuno dirà: «Ma l’islam non è come il fascismo!». Ah, no? Davvero? Sicuri sicuri che non possiamo mettere i monoteismi abramitici sullo stesso piano del fascismo? Bah. A leggere i loro testi sacri si trovano delle enormi porcherie. Roba degna del «Mein Kampf». Nondimeno i monoteismi abramitici, rispetto al fascismo, hanno un difetto concettuale e un pregio pragmatico. Il difetto concettuale è che, mentre il fascismo è – semplifico molto, ma ci siamo capiti – coerente, i monoteismi abramitici sono un cumulo di idee incompatibili fra loro. Da cui deriva peraltro il pregio pragmatico: mentre il fascismo è soltanto merda allo stato puro nella quale nulla si salva, nel grande pattume ideologico abramitico si trova anche qualche (rara) idea rispettabile. Ne discende la possibilità di distinguere fra i credenti moderati e i bigotti fondamentalisti. I primi possono essere persone decenti, ma a prezzo dell’incoerenza con la propria religione, poiché da essa pescano in modo selettivo solo le (poche) idee compatibili con la civiltà contemporanea, figlia dell’illuminismo, e rigettano le (molte) nefandezze e credenze degne di pastori di capre dell’Età del Bronzo. Allora noialtri che si fa con questa gente? Si discrimina tutti, alcuni oppure nessuno?
Dipende da come si presentano. Dipende da quello che affermano. Dipende soprattutto da quanto si dissociano. Io non discrimino il musulmano, però lui dev’essere disposto a dichiarare: «Il versetto 34 della Sura 4 è una porcheria indegna». M’importa una sega se Allah lo ha dettato al Profeta: qualsiasi persona civile deve dissociarsene. Da quello e da tutti gli altri versetti violenti, intolleranti, sessisti, omofobi del Corano. E – va da sé – lo stesso mi aspetto dal cristiano con il Nuovo testamento e dall’ebreo con la Tanakh. Costoro saranno pure incoerenti – e dunque nutrirò per loro un disprezzo intellettuale – ma almeno potranno dirsi civili – e dunque riconoscerò le loro qualità morali e umane – e di conseguenza non dovranno essere discriminati.
Quanti sono costoro fra i musulmani? Non pochi ma nemmeno poi tanti, se andiamo a vedere il resoconto dell’UAAR di una ricerca del Pew Research Center:
(…) è come se i musulmani, arrivando in Occidente, anziché diventare più laici aggiungessero altre caratteristiche negative dei cristiani integralisti. Gli islamici assorbono elementi della cultura occidentale, ma ritengono che danneggi la morale. (…) Si potrebbe dire che la maggioranza dei musulmani è moderata se si fa riferimento alle opinioni prevalenti nelle società a maggioranza musulmana, ma è integralista e clericale se si fa riferimento alle opinioni prevalenti nelle società occidentali. In questi paesi è indubbio che una parte importante dell’immigrazione si secolarizzi, ma rischiano nel contempo di attecchire idee molto arretrate rispetto alle legislazioni laiche europee. In Europa tuttavia pare che, nonostante gli allarmismi, una generale integrazione sia pragmaticamente possibile.
Invece i bigotti fondamentalisti – di qualsiasi fede essi siano – che prendono per buono e indiscutibile e non criticabile ogni versetto del proprio Libro sacro vanno emarginati, rifiutati e – sì, certo – anche discriminati.
Un esempio, il primo che mi viene in mente: chi afferma che «quelli di “Charlie Hebdo” se la sono cercata» deve essere licenziato, deve rinunciare a ogni sussidio dello Stato, deve perdere il diritto di voto. Che le pensi, certe stronzate, ma che non si azzardi a esprimerle se non vuole finire a calci nel culo fuori dal consesso civile.
Un secondo esempio? Da un articolo pubblicato da «Marianne» apprendiamo che una recente inchiesta dell’Ifop mostra come il 63% dei musulmani percepisca l’omosessualità come «una malattia» o «una perversione sessuale», a fronte del 20% fra i cattolici praticanti e del 10% fra chi si dichiara privo di religione. Ebbene, anzitutto costoro – musulmani, cattolici praticanti e senza religioni – devono essere discriminati nella società. Tutti, senza eccezioni, perché queste convinzioni demenziali e incivili non possono essere tollerate. In secondo luogo bisogna affermare che, nel caso dei credenti, la causa dell’omofobia va cercata nella loro superstizione religiosa. E vaffanculo a chiunque si permetta di insinuare che così affermando ci si comporta da razzisti.
Oppure prendiamo un caso di espressione della fede islamica che non smette di suscitare polemiche fra i progressisti, i laici, gli atei: l’hijab. Alcuni fra loro affermano che il biasimo verso chi indossa il velo islamico è una forma di razzismo, poiché molte donne musulmane si velano senza alcuna costrizione. Dunque la critica è un pretesto razzista per attaccare e discriminare le donne straniere. Ora, che nell’Occidente evoluto, civile e moderno il velo sia una scelta consapevole per tante donne musulmane è fuori di dubbio. Tuttavia non bisogna dimenticare che cosa l’hijab è davvero: un simbolo del patriarcato e della prevaricazione maschile. Pertanto è del tutto legittimo sostenere che chi indossa il velo islamico si rende complice dell’ideologia sessista rappresentata dall’hijab. Per capirlo, proviamo a immaginare un caso differente ma isomorfo. Supponiamo che io decida di fondare una setta religiosa nella quale ci sia la prescrizione di cucirsi un Magen Dawid di colore giallo sui vestiti. Perché? Perché a noi membri della setta garba così. Perché il nostro Dio ce lo ha prescritto. Chissenefrega se la stella gialla a sei punte era imposta agli ebrei dai nazisti: chi sei tu per giudicare che cosa abbiamo o non abbiamo il diritto di applicare come dress code nella nostra fede? Noi ci decoriamo così in piena e libera consapevolezza. Nessuno si deve permettere di criticare la nostra religione e le sue manifestazioni. Se tu ci biasimi sei un razzista! Tié! Ebbene, vedi l’isomorfismo? Con l’hijab è la stessa, identica cosa. Perciò chi vuole lo indossi pure – ci mancherebbe – ma io pretendo di poter affermare che indossarlo significa accettare e giustificare l’oppressione di milioni di donne costrette a portarlo. Pretendo di poterlo affermare senza essere accusato di razzismo.
Poi lo so anch’io che spesso la critica – intesa come ostilità – all’islam è la foglia di fico dei fascisti come Salvini e Meloni, ai quali della religione non importa una beata minchia e di fatto sono razzisti nel senso tradizionale del termine. La loro islamofobia è fondata sulla cristianofilia e la pretesa cretina che le radici dell’Occidente e di tutti gli occidentali siano cristiane. Loro sono ostili non all’islam bensì agli islamici: a tutti gli islamici, bigotti e moderati senza distinzione. Loro vogliono discriminare non per la fede, bensì per l’etnia. Loro detestano l’hijab non perché è un simbolo di oppressione patriarcale, ma perché copre le teste di donne immigrate arrivate qui a imbastardire la razza bianca. Io però non sono Salvini e non sono Meloni e rifiuto di essere associato a loro. Quando penso a un musulmano, non mi viene in mente né un bianco né un nero, né un biondo né un bruno. Mi viene in mente solo un povero bigotto ottuso – quale che sia la sua origine – col culo rivolto al cielo e il capo chino verso una divinità che non è stronza soltanto perché è inesistente, genuflesso in una plastica e indecorosa ipostasi di «islam», cioè di «sottomissione». Anzi, se il bigotto ottuso è un occidentale è pure peggio di un immigrato africano o mediorientale. Infatti quella merda di religione il convertito se l’è proprio scelta in piena consapevolezza e non ha nemmeno la giustificazione del lavaggio del cervello subìto durante l’infanzia.
Mi tocca purtroppo constatare che, accanto agli atei devoti con la lingua impegnata a grufolare fra i condilomi anali di Jorge Mario Bergoglio in arte Francesco, ci ritroviamo fra i coglioni anche gli atei talebani disposti, se non a giustificare, quanto meno a ignorare quel cumulo di stronzate teologiche e di prescrizioni primitive che è l’islam. Costoro mi accusano di islamofobia? Non solo la accetto, ma la mia islamofobia la proclamo e la rivendico. L’accusa di razzismo invece possono serenamente ficcarsela su per il culo.
(Foto: NahidSultan)
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Sono ateo dall’età di tredici anni, quando in una chiesa di Brescia mi masturbai e ne uscii saltando all’impazzata, preso com’ero dalla euforia. Fu come se all’improvviso si fosse spalancata una porta e io finalmente riuscissi a vederci chiaro. Concordo con tutto il tuo scritto, basta avere un po’ di cervello e abbastanza cultura per capirlo che hai ragione! Ste san !