Che cos’è la scienza? – 3/7

Conoscere, non trasformare il mondo. Con qualche cautela etica, però.


Sicché c’è questa convinzione diffusa: la scienza ha prodotto una caterva di iatture per il genere umano. La nostra esistenza sarebbe più sana, più sicura, più semplice, più «naturale» se non fosse minacciata da scoperte scientifiche come le armi di distruzione di massa, le sofisticazioni alimentari, gli organismi geneticamente modificati. Ma sai che c’è? Sono tutte cazzate. Per capirlo bisogna andare in profondità e porsi la domanda essenziale: a che serve? Ovvero: qual è lo scopo?

Già, qual è lo scopo della scienza? La risposta è semplice: conoscere. E basta. Nient’altro: solo imparare cose nuove. Non applicarle. Non ottenere dei risultati concreti per modificare la realtà: quello è lo scopo della tecnologia. Per farla breve, la scienza impara e la tecnologia agisce.

Vediamo un esempio banale. Mentre sono a spasso in montagna, lungo il sentiero mi imbatto in un sasso. L’oggetto colpisce la mia attenzione, perciò lo raccolgo per portarlo in laboratorio. Al mio ritorno ne misuro la densità, la resistenza elettrica, l’elasticità. Poi lo spezzo, lo frammento, lo faccio reagire con degli acidi. Scopro la sua composizione chimica. Alla fine stendo una dettagliata relazione sul mio reperto, dalla quale ricaverò una dotta dissertazione sulle proprietà del materiale di cui è composto quel sasso. E imparerò qualcosa di nuovo per esempio sulla struttura geologica della regione dalla quale ho prelevato il sasso. Fin qui ho fatto lo scienziato: ho acquisito conoscenza. Nel momento in cui mi interrogo sulle possibili applicazioni della conoscenza, smetto di essere uno scienziato e divento un tecnologo. Per esempio, le proprietà del sasso sono ideali per il suo impiego nella costruzione di un muro che protegga la mia casa dalle frane. Oppure sono perfette per montare il sasso in cima a un bastone e ricavarne una mazza, con la quale rompere la testa del mio vicino. Faccio bene? Faccio male? Proteggere la mia casa sembra «bene», accoppare il mio vicino sembra «male». Sicuro? Anche se la costruzione del muro di protezione provoca la distruzione di un ecosistema? Anche se il vicino minaccia la vita di mia figlia? Sono questioni delicate, da sottoporre a un’indagine etica. Perché la tecnologia, nel momento in cui modifica la realtà, ha bisogno di una guida etica. La scienza no.

In realtà non te l’ho raccontata proprio tutta. Io sono un fisico. E, da fisico, mi occupo di sassi, elettroni e galassie. Nei confronti dei quali non ho responsabilità morali nel mio processo di acquisizione della conoscenza. Ma metti caso che io sia un biologo. Durante la mia passeggiata in montagna trovo… un bambino. Che oggetto affascinante! Lo prendo e me lo porto in laboratorio. Lo lego al bancone e lo sottopongo a una serie di test: per esempio reazioni con acidi e correnti elettriche. Poi lo apro, per vedere com’è fatto dentro. L’oggetto in questione non sarà tanto d’accordo, e del resto mica per niente l’avevo legato al bancone. A questo punto è chiaro dove voglio andare a parare: nel momento in cui mi occupo di esseri viventi, con i quali condivido l’esperienza della sofferenza e della morte, anche nel mio procedimento di semplice acquisizione della conoscenza io devo pormi degli interrogativi etici. E impormi dei limiti. Ma dove? Posso vivisezionare un bambino? Certo che no. E un fiore? Certo che sì. Oppure no? Ma dove sta il confine? L’insetto? Il pesce? La marmotta?

Sono questioni spinose sulle quali non mi addentro. Per il momento basta che rimanga un concetto: la scienza impara e la tecnologia agisce. A meno di avere come ideale l’ignoranza, la scienza, con le dovute cautele nei confronti della vita, ha sempre uno scopo nobile, meritevole di essere perseguito. La tecnologia invece può essere «buona» o «cattiva» e va sottoposta a un giudizio etico.

Lasciamo perdere il sasso e il bambino e veniamo a un caso storico reale. «Einstein è il padre della bomba atomica»: quante volte l’hai sentito ripetere? Ebbene, non è vero. O, meglio, è vero nel senso che lui, insieme a Leó Szilárd, scrisse una lettera a Roosevelt nella quale i due scienziati sollecitavano l’inizio degli studi per realizzare un’arma che sfruttasse l’energia racchiusa nel nucleo atomico, nel timore che presto a quel risultato sarebbero arrivati i nazisti. Ma non è vero nel senso che Einstein fu uno degli artefici della Bomba. Infatti non partecipò al Progetto Manhattan. Einstein aveva solo scoperto l’equivalenza fra la massa e l’energia, equivalenza sfruttata per costruire gli ordigni nucleari che poi sarebbero stati sganciati sul Giappone. In sostanza, Einstein era uno scienziato. Per contro, coloro che collaborarono con i militari nel deserto del New Mexico, da Oppenheimer e Fermi fino a Feynman, nel momento in cui si cimentarono con la fabbricazione della Bomba agirono da tecnologi, benché fossero fisici di formazione e quindi scienziati votati alla conoscenza. Nella formula che esprime l’equivalenza fra la massa e l’energia non c’è nulla di malvagio. Malvagia o meno può essere solo l’applicazione della formula: le bombe atomiche oppure le – si spera! – future centrali a fusione nucleare.

La scoperta del DNA o del Big Bang è scienza. La progettazione di computer, aerei, medicine, organismi transgenici e armi nucleari è tecnologia. Poi, certo, scienza e tecnologia si parlano e si influenzano. Per la ricerca scientifica è necessario realizzare strumenti sofisticati e vincere sfide tecnologiche che trovano applicazioni anche al di fuori della scienza. Le applicazioni tecnologiche a propria volta possono fornire nuove e diverse prove a sostegno delle teorie scientifiche. Tuttavia la distinzione è chiara: la scienza produce sapere, la tecnologia applicazioni. Sostenere che «la scienza ha rovinato il mondo» è prova di confusione di idee nel migliore dei casi e di malafede nel peggiore.

Adesso dobbiamo occuparci dell’altro pregiudizio: la scienza produce verità certe e assolute. Però prima dovremo capire come funziona la scienza. Ché l’acquisizione di conoscenza non basta: come ci si arriva?

(3/7 – continua)

Choam Goldberg

(Foto: Free-Photos da Pixabay)


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1 pensiero su “Che cos’è la scienza? – 3/7

  1. buongiorno,

    la differenza tra scienza e tecnologia è verissima però, come accennato nell’articolo, un conto è sezionare un sasso o studiare una galassia, un conto è fare sperimentazione su “modelli animali” come si dice in gergo scientifico. servirà forse a saperne di più sulla fisiologia, però…
    Sono chimico e farmacista di formazione e per motivi etici (ovviamente validi per me), ho abbandonato la ricerca “di base”, proprio perchè ho rigettato la sperimentazione animale.

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