Nel caso delle religioni delle tradizioni abramitiche i magisteri sono sovrapponibili, altroché.
Dal Seicento in poi, la tonaca e il camice di laboratorio non sono mai andati molto d’accordo. Anzi, per la verità si sono guardati sempre un po’ in cagnesco. Preti e scienziati ne avevano ben donde. I primi si vedevano erodere pian piano le certezze su cui fondavano la propria visione del mondo, messe in crisi dalle ricerche scientifiche che si impicciavano di ambiti prima riservati alla Rivelazione e alla speculazione teologica. Si cominciò con l’astronomia e si proseguì con le radici della vita e ora si conclude con la psicologia e la neurologia, che indagano nel foro interiore dell’uomo, dove dovrebbe annidarsi l’anima. Tutto quest’interrogarsi e scavare e dubitare appare, agli occhi del prete, molto blasfemo. Gli scienziati, dal canto loro, dopo l’abiura di Galileo e la condanna del darwinismo, confrontati poi con tutto l’apparato delle guarigioni miracolose e delle madonnine lacrimanti, hanno avuto gioco facile nell’accusare i preti di oscurantismo e di credulità.