La teologia è una supercazzola

Ma si può scrivere di ateismo e di filosofia senza fare a chi legge due coglioni così.


La filosofia e la teologia sono, lo sospetto, due generi della letteratura fantastica. Due generi splendidi. In realtà, a che si riducono le notti di Sharazad o l’uomo invisibile, accanto all’infinita sostanza, dotata di infiniti attributi, di Spinoza o degli archetipi platonici?
– Jorge Luis Borges

Che la filosofia rientri nel fantasy nutro seri dubbi. Sono sicuro invece che ci rientri la teologia, poiché il suo oggetto è la narrazione di un’invenzione umana. E come ogni forma di letteratura fantastica si presta alle supercazzole. Che possono pure essere un genere letterario godibile, quando sono esplicite. Ma sono una fregatura quando vengono spacciate per discorsi seri. Sicché, per orientarsi, serve una guida.

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Un decalogo per lo Zeitgeist

In Alabama possono anche non essere d’accordo, ma i 10 comandamenti mosaici sono solo il frutto della cultura di pastori nomadi mediorientali dell’Età del Bronzo. Proviamo allora a proporre dei precetti morali razionali e adatti alla modernità.


Alabama, interno giorno in un college pubblico. Nell’ingresso sono esposti i 10 comandamenti, a beneficio degli studenti. Perché?

«I believe that if you had the Ten Commandments posted in a prominent place in school, it has the possibility to prohibit some student from taking action to kill other students»
Gerald Dial, senatore repubblicano

Eh, già. Infatti, se non glielo ricordi con una bella targa, in qualche studente potrebbe nascere l’idea che l’omicidio è lecito. Molto meglio questo che una proibizione delle armi da fuoco. Ovvio.

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Il Mistero e il mistero

Il mistero della scienza è una sfida per l’intelligenza. Il Mistero della fede è un insulto per l’intelligenza.


«La scienza pretende di spiegare tutto. La scienza vuole cancellare il fascino del mistero»: quante volte me lo sono sentito dire? Troppe. Specie da chi nel Mistero ci sguazza e ne va perfino orgoglioso. Sicché anche basta, dai: questa cosa non la si può più sentire.

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Era ateo: non dimentichiamolo mai

E non permettiamo a nessuno Zichichi di reclutare Stephen Hawking fra gli scienziati bigotti.


Stephen Hawking non era un gran divulgatore. Milioni di persone hanno comprato «A Brief History of Time», ma scommetto che solo poche migliaia lo hanno capito. Capito davvero, intendo: come fai a comprendere il tempo immaginario se non sai che cos’è una rotazione di Wick? Dietro il successo di quel libro ci fu, più della sua efficacia divulgativa, soprattutto il fascino suscitato dall’autore: una mente libera e geniale intrappolata in un corpo paralizzato e deforme.

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Il prete ateo

Visse isolato fra il Sei e il Settecento in un paesino delle Ardenne. E nessuno ricorderebbe più Jean Meslier, se la sua «Memoria» postuma non fosse fra i fondamenti dell’ateismo moderno.


Immaginalo mentre consacra il corpo e il sangue di Cristo. Immaginalo mentre celebra battesimi, matrimoni e funerali. Immaginalo mentre ascolta le confessioni dei parrocchiani, mentre li assolve grazie al potere conferitogli da Dio. Immagina i suoi pensieri in quei momenti: «Sono tutte stronzate». Per 40 anni. Una vita di stronzate, ma riscattata dal suo testamento: la «Memoria».

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Elogio della bestemmia

«Se non ci credi, perché lo insulti?». Sembra aver senso, no? Abbastanza senso, quanto meno, da rendere la bestemmia inaccettabile anche per un ateo. Eppure…


Capodanno 2016. Alle 23:59:01 del 31 dicembre 2015, durante la trasmissione «L’anno che verrà», in diretta di fronte a più di 5 milioni e mezzo di persone, sovrapposto alle immagini, fra i messaggi di augurio inviati dai telespettatori scorre un bestemmione. L’indomani apriti cielo: commenti indignati nei social, corsivi furibondi nei media, fino all’inchiesta interna alla RAI per scoprire chi ha lasciato passare il moccolo.

Natale 2016. Meno di un anno dopo la bestemmia televisiva, i social sono attraversati dallo sdegno per la diffusione della foto di tre giovani che, in un presepe a Bolzano, assumono pose poco rispettose nei riguardi di una pecora, Maria e Gesù: uno ingroppandosi l’animale, l’altro simulando una fellatio, la terza schiacciando il bambinello col piede. Diretti ai tre sciagurati, abbondano gli auguri delle morti più atroci, seguite dalle fiamme eterne. Ché bisogna avere rispetto per gli oggetti sacri della fede.

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Le persone e le idee

Mai confonderle: le prime meritano rispetto, le seconde no. Per principio.


«Esigo rispetto per le mie idee» è una pretesa idiota. E di solito serve a proteggere idee idiote.

Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo.
– S.G. Tallentyre, alias Evelyn Beatrice Hall (ma di solito attribuito per errore a Voltaire)

Io aggiungo: «E rivendicherò sempre il diritto di affermare che quello che dite è una cazzata».

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La Verità e la verità

Il Dio dei deisti non convince ma rimane un’ipotesi interessante. Il Dio dei monoteismi abramitici invece no.


Fatta eccezione per la matematica, nella conoscenza umana non esiste la Verità assoluta. Esiste una verità incerta, migliorabile, verificabile, falsificabile. Anche nella scienza, la più solida, razionale e intersoggettiva fra tutte le forme di conoscenza non matematica.

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Due qualità necessarie per un ateismo consapevole

Senza di esse, o non sei ateo o non sei consapevole.


Qualche giorno fa in un Gruppo di Facebook dedicato all’ateismo è stata pubblicata un’immagine con una scritta:

Too stupid to understand science?
Try religion!

La mia reazione immediata è stata: «Eh, certo, i credenti sono coglioni. Ah ah». Poi però ci ho ripensato e ho concluso che non è così semplice. Infatti anche molti atei sono stupidi e tanti credenti non lo sono. Ergo la stupidità spiega molto, ma non tutto.

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Il presepe, la «nostra cultura»?

Difendiamo le nostre tradizioni dall’invasione islamica? Ma anche no.


E anche questo Natale ce lo siamo levato dai coglioni. Per 11 mesi non sentiremo parlare di Gesù bambini, canzoncine religiose, ipocrite bontà di circostanza. Soprattutto non sentiremo parlare di presepi e non dovremo sorbirci le consuete polemiche.

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