«Io sono cattolico a modo mio»

Non si può. Non esiste proprio. Specie se si rompono i coglioni a me.


Il matrimonio in chiesa, sennò la gente sparla. Poi il battesimo del bambino, ché altrimenti la nonna ci resta male. Qualche anno dopo, la prima comunione e a seguire la cresima. Il funerale in chiesa del nonno. E la messa quasi ogni domenica, tranne durante le vacanze. Però nelle feste comandate sempre. Così si dipana la vita del cattolico tiepido. Perché così fan tutti, perché l’Italia è un Paese cattolico. Certo, qualche peccatuccio può anche scappare: un po’ di evasione fiscale, ogni tanto un giro a bagasce con gli amici per qualche giochetto che la consorte rifiuta, e poi si vota Salvini per rispedire i negri a casa loro. Non sarà tanto coerente, ma in fondo siamo esseri umani, giusto? D’altronde bastano una confessione e qualche giaculatoria per ripulirsi la coscienza, e da domani si ricomincia, candidi come prima. Sull’incoerenza fra dichiarazioni di fede e comportamenti concreti ho già scritto. Ora però mi interessano le convinzioni profonde: insomma, in che cosa credono i cattolici? O meglio: in che cosa devono credere per potersi dichiarare cattolici?

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L’incoerenza del postmodernista

Anche i pensatori deboli vanno a sbattere contro la realtà.


Domenica scorsa il «Corriere della Sera» ha pubblicato un’intervista a Gianni Vattimo. Il filosofo, segnato da qualche acciacco dell’età, ripercorre la propria vicenda intellettuale e umana fra successi professionali e soddisfazioni personali. E anche lutti, com’è inevitabile in ogni esistenza ricca e piena. E pure contraddizioni, una delle quali enorme.

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Perché una pena?

La giustizia ha tre scopi. Non uno di più. Altrimenti diventa vendetta di Stato.


Perché a un reato deve seguire una pena? Te lo sei mai chiesto? La risposta spontanea è: «Diamine, perché è giusto! Perché se la merita! Chi sbaglia paga!». Già, ma perché chi sbaglia deve pagare? Cos’è, una legge naturale? Certo che no: in Natura dominano la violenza e la sopraffazione del più forte sul più debole, con l’ovvia conseguenza della sopravvivenza del primo e la scomparsa del secondo. Alla faccia della giustizia. E dunque perché una pena?

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Chiaro ed efficace, ma…

…con qualche non trascurabile difetto.


«Che cosa mi consigli di leggere?»: prima o dopo capita di sentirselo chiedere. Che tu ti occupi di astronomia o di bonsai o di auto d’epoca, presto o tardi arriva l’incolto curioso che vuole accostarsi alla materia e desidera una lettura propedeutica. Sicché la «brevissima introduzione» di Julian Baggini appena pubblicata da Nessun Dogma sembra proprio rispondere a questa necessità per l’ateismo. Ci riesce? Sì, ma.

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Eppure io capisco Samanta

Si fa presto a dire «empatia». Perché non proviamo a empatizzare anche con una bigotta?


La vicenda è nota a chiunque sia aggiornato sulle polemiche religiose. In breve: una tizia si fa fotografare a Pontida mentre espone un cartello con la scritta «Se non vuoi il crocifisso torna al tuo Paese», l’Assemblea generale della Pro Civitate Christiana la cazzia sul sito di «Avvenire», la tizia, che scopriamo chiamarsi Samanta N., s’incazza e replica piccata e infine si becca la risposta del direttore di «Avvenire», Marco Tarquinio. Beghe fra cattolici, verrebbe da dire. Chissenefrega.

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Scusate, ma anche no

I credenti hanno mai speso una-parola-una in favore degli atei? No? E dunque perché io dovrei sbattermi per loro?


Giuro: ero partito con le migliori intenzioni. Io volevo davvero aderire alla campagna «Freedom of Religion or Belief». M’ero scaricato il logo e lo avevo appiccicato sulla mia foto. Poi ci ho pensato meglio e ho deciso che anche no.

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E l’attualità?

Viviamo in tempi stronzi. Ma stronzi forte. Si fatica a commentare tutto. E poi per dire che cosa? Banalità?


Mi scrive una lettrice:

L’Eterno Assente racconta cose interessanti, però mi sembra un po’ carente di attualità: grandi discorsi sui massimi sistemi, ma poi le conseguenze della religione le scontiamo tutti ogni giorno.
I docenti di religione cattolica nelle commissioni d’esame? Ignorati. I 40 anni della Legge 194? Non una parola. L’esito del voto sull’aborto in Irlanda? Nemmeno citato. Il ministro cattobigotto e omofobo? Silenzio. I bambini separati dai genitori e messi in gabbia negli Stati Uniti, alla faccia del Vangelo? Senza traccia.
Insomma, perché L’Eterno Assente non parla più spesso delle news?

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Senza Dio tutto è permesso?

Niente affatto. Per capirlo, basta l’Aquarius.


L’argomento etico è un vecchio arnese della teologia: se Dio non esiste, come si può distinguere il Bene dal Male? Se non possiede una guida morale, l’ateo sarà in balìa di ogni istinto più bieco? In realtà non è un vero argomento. Non dimostra l’esistenza di Dio. Semmai, anche ammesso che sia valido, dimostra l’utilità sociale della credenza in Dio. E comunque non è valido. La prova? L’Aquarius.

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Ciao ciao, Medioevo

Un quotidiano cattotalebano ha chiuso e il suo editore è fallito. Credo che mi impiccherò per la disperazione.


Il fatto: alcune settimane fa, dopo 92 anni di esistenza, un quotidiano della Svizzera italiana, il «Giornale del Popolo», ha smesso di uscire. Da anni era una voragine finanziaria. È di due giorni fa la notizia del fallimento definitivo. A partire dal 2004 è sopravvissuto soltanto perché sostenuto da un altro quotidiano, il «Corriere del Ticino». Alla fine dell’anno scorso il «Giornale del Popolo» aveva deciso di provare a farcela da solo, ma all’inizio di maggio il fallimento di Publicitas, che gli procurava le inserzioni e gli garantiva il 40% delle entrate, lo ha stroncato. E be’, sai che c’è? Chissenefrega. Anzi, meglio così.

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