Una nuova sfida: perché?

Magari qualcuno, fra gli apologeti del Dio abramitico là fuori, vuole cimentarsi con la metanoia di un alieno.


La fregatura, con Dio, è che tutti sappiamo che cos’è. O pensiamo di saperlo, ché poi quando si tratta di definirlo si scopre che ciascuno ne ha un’idea differente. Però qualche caratteristica condivisa nell’immaginario collettivo c’è, almeno nella cultura occidentale: un’entità trascendente, onnisciente, onnipotente, buona, creatrice dell’universo. Per qualcuno interagisce con l’universo e «fa cose», per qualcun altro se ne sbatte dopo aver creato tutto. È più o meno antropomorfa, a seconda della propensione individuale verso il pensiero astratto. A volte è unica, altre volte è plurima in qualche senso misterioso. Comunque è pressappoco quella cosa lì. Perciò, quando se ne discute, di solito si parte da quell’idea per cercare di dimostrarla o di confutarla. Ma che cosa accadrebbe se dovessimo discutere di Dio con qualcuno che non ne ha mai sentito parlare? Qualcuno nella cui cultura l’idea di una divinità non è mai comparsa? Un alieno, per esempio: un essere con le stesse conoscenze scientifiche degli umani contemporanei ma del tutto ignorante su Dio, il trascendente, la teologia. Che cosa gli direbbe un credente per convincerlo dell’esistenza di Dio, in particolare nella versione della tradizione abramitica?

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L’argomento cosmologico

I bigotti continuano a riciclarlo, ma resta sempre pattume intellettuale.


Il Big Bang: basta nominarlo per provocare orgasmi in qualsiasi apologeta del Dio abramitico. L’idea è troppo arrapante per loro, se ci pensi: la scienza dimostra che c’è stato un inizio dell’universo. Non solo: possiamo anche datarlo. Certo, non c’entra un cazzo con la Genesi nell’Antico testamento, ma che problema sarà mai? La fede è progredita e oggi tutti considerano quel racconto allegorico. L’essenziale è il concetto, appunto: l’inizio. L’inizio fa subito pensare a un creatore. Se poi la prima intuizione la ebbe un sacerdote, Georges Lemaître… bingo! È il sogno bagnato di ogni apologeta. Lo senti? Lo senti ripetere la solita manfrina? «La scienza non dimostra l’esistenza di Dio, ma offre ottimi indizi!». Ma davvero?

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Alice

L’esempio definitivo che demolisce ogni teodicea, dalle più cretine fino alle più sofisticate.


Forse ricordi Alice: ho parlato di lei in un articolo sulla teodicea. Ho riflettuto parecchio sul suo caso e l’ho perfezionato in modo da renderlo un esempio inattaccabile di sofferenza capace di demolire qualsiasi teodicea.

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«Rifiuto l’etichetta»

Dall’ingegneria fino al Gesù storico. Senza preconcetti religiosi, ma con la curiosità intellettuale guidata dalla razionalità.


«Ehrman. Devi leggere Ehrman»: noi atei lo diciamo spesso. A chi ci chiede qualche buon testo per cominciare a informarsi sul Gesù storico, di solito suggeriamo la vasta scelta offerta dai libri di Bart Ehrman. Dei classici: razionali, lucidi, documentati. Imperdibili. Però Ehrman è solo una campana fra molte. Autorevole, eh. Ci mancherebbe. Tuttavia anche lui ha la propria tesi: il Gesù storico fu un profeta apocalittico. La difende con ottimi argomenti, ma non è l’unica tesi possibile. Perciò, per avere un quadro più generale, a chi vuole avvicinarsi al Gesù storico io suggerisco altro: «Tommasi. Devi leggere Tommasi».

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Sono sempre un fancazzista

Quest’anno però un po’ meno.


Chi segue L’Eterno Assente da almeno un anno lo sa: in primavera, a volte un po’ prima e a volte un po’ dopo, qua si tira giù la saracinesca e ci si prende una bella pausa che si protrae per tutta l’estate e talvolta anche per una parte dell’autunno. Può durare tre mesi. Pure quattro. Perfino cinque. Durante i quali L’Eterno Assente non pubblica nulla. Perché – come spiegavo l’anno scorso – io sono un fancazzista. Quest’anno però un po’ meno.

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Sempre lì si arriva

Oltretutto con la pretesa che a fornire la prova siano gli atei.


Io sono sempre a caccia di argomenti capaci di smentirmi. Sempre. Mi ci diverto proprio. D’altronde così funziona la razionalità: bisogna cercare non di provare, bensì di falsificare. Perciò sono costantemente in cerca di sfide intellettuali e, quando un lettore, Stefano, mi ha segnalato un diverso tentativo di soluzione del problema della teodicea, mi ci sono fiondato sopra.

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