Due Dei

Il secondo non sarà un granché, ma senza dubbio il primo è un bastardo epico.


Marcione: teologo e vescovo cristiano vissuto nel II secolo. Ed eresiarca. Non starò a entrare nei dettagli del suo pensiero e mi limiterò a riassumerne il nucleo fondamentale: l’unico vero Dio cristiano, ovvero il Dio onnisciente, onnipotente e buono, è il Dio Padre rivelato nel Nuovo testamento attraverso l’opera di Gesù, che ha proclamato la legge dell’Amore, mentre il Dio incazzoso e violento dell’Antico testamento è un demiurgo limitato, primitivo e stronzo. Già, ma quale Nuovo testamento? Ai tempi di Marcione non è ancora stato codificato un canone definitivo. Allora lui ne propone uno semplice: una versione ridotta del vangelo di Luca e di alcune lettere di Paolo. Siccome nulla è rimasto dei suoi scritti, tutto quello che sappiamo di Marcione lo ricaviamo per via indiretta dai molti suoi critici contemporanei e successivi, fra i quali Tertulliano ed Epifanio di Salamina. Facile immaginare la loro obiettività. Ma tant’è: qui importa sapere che per Marcione il Dio dell’Antico e il Dio del Nuovo testamento non possono essere lo stesso Dio. E sai che c’è? Ha ragione lui, come capisce chiunque legga senza pregiudizi le Sacre scritture.

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L’Amore di Gesù

Tutto dipende da dove lo cerchi.


Che Gesù non fosse una brava persona l’ho spiegato e documentato. Eppure viene considerato il fondatore della «religione dell’Amore». Anzi il Figlio di un Dio – e Dio lui stesso – che è Amore. Proprio lui in persona – anzi tre persone – è Amore. E giù di citazioni dal Nuovo testamento. A pescare quelle giuste però. Ché a pescarne altre, invece…

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Teologia quantistica

Nella scienza si annida un Mistero impenetrabile come quello della fede?


Alcuni anni fa un credente mi disse: «Tu affermi che “Mistero della fede” significa “Non capisco, ma credo lo stesso”. Ma anche gran parte della scienza non si capisce ma ci si crede lo stesso! Per esempio, tu capisci qualcosa di meccanica quantistica? No. Perciò devi fidarti di ciò che ti dicono gli scienziati, che hanno le risposte sulla scienza. Ebbene, allo stesso modo io mi fido dei teologi, che hanno le risposte sulla fede». Aveva ragione?

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Un’etica razionale?

Non esiste. Ma anche ‘sticazzi.


Si fa presto a parlare del Bene e del Male. Anche noi, eh. Per esempio parliamo del Male tutte le volte in cui applichiamo l’argomento della teodicea alla demolizione del Dio della tradizione abramitica. Ma che roba è il Male? E il Bene? Eppure dobbiamo definirli, se vogliamo – vogliamo? dobbiamo? – fondare un’etica.

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Una parola. Una sola…

…basta per demolire il Dio abramitico con l’argomento della teodicea. Che peraltro può essere formalizzata in modo rigoroso nella «prova oncologica dell’inesistenza di Dio».


Un fatto mi sconcerta da… be’, da sempre, direi. In realtà da quando ho cominciato a riflettere sulla questione con un minimo di spirito critico, cioè pressappoco dall’ingresso nell’adolescenza. Ecco il fatto: più di quattro miliardi di persone credono nell’esistenza del Dio della tradizione abramitica. Ossia un Dio che è logicamente impossibile di fronte all’evidenza empirica. Macché: loro ci credono. Prendono per buone tutte le assurdità che trovano nel proprio Libro sacro e credono che quel Dio lì esista. Anche se può essere demolito con una parola. Davvero, eh: una sola parola.

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Scienza infusa

Se ti sei fatto/a un culo così per studiare fisica o matematica, sappi che la colpa è di Adamo e del peccato originale.


Chi è senza pregiudizi alzi la mano. Nessuno? Eh, già. Nemmeno io. Anch’io ho i miei. Negativi: i fascisti mi fanno ribrezzo a prescindere. Ma pure positivi: un po’ per spocchia e un po’ per snobismo di categoria, se scopro che una persona è un/a fisico/a mi sento ben disposto a prescindere e tendo a pensare che sia serio/a, colto/a, razionale. Superfluo dire che il mio pregiudizio viene smentito assai spesso: la percentuale di idioti/e e/o ignoranti è la stessa in ogni sottoinsieme della popolazione. Ma tant’è: per quanto tu li combatta, per quanto la realtà li smentisca, i tuoi pregiudizi non ti mollano. Esserne consapevoli è già un progresso.

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I ciechi e l’elefante

Una parabola che è una stronzata.


Un gruppo di ciechi ha sentito che uno strano animale, chiamato elefante, era stato portato in città, ma nessuno di loro era a conoscenza della sua configurazione e forma. Per curiosità, hanno detto: «Dobbiamo ispezionarlo e conoscerlo al tocco, di cui siamo capaci». Così lo cercarono e, quando lo trovarono, cercarono di provare a capire cosa fosse. Nel caso della prima persona, la cui mano era caduta sulla proboscide, disse: «Questo essere è come un grosso serpente». A un altro la cui mano raggiungeva l’orecchio invece sembrava un ventaglio. Quanto a un’altra persona, la cui mano era sulla sua gamba, pensò che l’elefante fosse un pilastro come un tronco d’albero. Il cieco che mise la mano su un fianco dell’animale disse che l’elefante era come un muro. Un altro che stava toccando la coda l’aveva descritta come una corda. L’ultima palpò la sua zanna, sostenendo che l’elefante è ciò che è duro, liscio e come una lancia.
I ciechi e l’elefante, Wikipedia

Alzi la mano chi non ha sentito questa parabola associata al concetto di Dio. Quasi nessuno, vero? Ce la rifilano sempre con la stessa interpretazione sincretista: «Le descrizioni di Dio delle diverse religioni sono tutte differenti, ma soltanto perché ciascuna fede ne vede un pezzetto. Dio ci sembra molteplice perché noi siamo limitati». Perciò la parabola di origine indiana dovrebbe sottintendere che tutte le religioni sono un po’ vere. Infatti, se si potesse averne una visione d’insieme, ci si avvicinerebbe alla comprensione di Dio.

Bella stronzata, eh?

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Dio tossico

In senso psicologico.


Immagina di vedere una persona rivolgersi al/la proprio/a partner con queste parole:

«Guarda che cose meravigliose ho fatto per te. E le ho fatte solo per il tuo bene, perché ti amo. Ti rendi conto di quanto sei fortunato/a? Senza di me saresti una persona imperfetta, perfino indegna. Non saresti nulla. Ma io ti ho reso/a migliore, ti ho salvato/a da te stesso/a e dai tuoi limiti. Tutto ciò che di buono c’è nella tua vita lo devi a me. Tutto ciò che di male c’è nella tua vita lo devi a te stesso/a.
Per salvarti io mi sono sacrificato per te. Ho dato tutto me stesso, perché ti amo e voglio il tuo bene sopra ogni altra cosa.
Non chiedo tanto: mi basterebbe un po’ di amore da parte tua. Almeno un po’ di riconoscenza. Ma tu come mi ripaghi? Sei indifferente. Mi ignori. Mi trascuri. Non mi ami come merito. Non mi rispetti. Non ti comporti bene come dovresti. Addirittura ti rivolgi ad altri, invece di dedicarti a me. Dubiti delle mie intenzioni. Magari vuoi perfino lasciarmi.
Ma nessuno ti amerà mai come ti ho amato/a io. Soltanto quando sarai lontano/a da me ti renderai conto che solo io ho ragione e che solo io so che cosa è meglio per te.
Perciò come puoi lamentarti se ti punisco? Sei tu a costringermi. Sei tu a provocare la mia ira. Sei tu a meritare la mia reazione. Eppure lo sai: io agisco sempre soltanto per il tuo bene, per educarti, per farti comprendere. Ancora una volta: per renderti una persona migliore.»

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