Sembra solo un comodo sotterfugio. In realtà è molto peggio.
I credenti lo chiamano «Dio delle lacune». Noi atei preferiamo «Dio tappabuchi». Ma quali lacune? Quali buchi?
Sembra solo un comodo sotterfugio. In realtà è molto peggio.
I credenti lo chiamano «Dio delle lacune». Noi atei preferiamo «Dio tappabuchi». Ma quali lacune? Quali buchi?
L’unico vero: basta nascere nel luogo e nel tempo giusti.
Lo prevedevo: l’articolo di due settimane fa sui miei argomenti preferiti contro l’esistenza di Dio ha sollevato qualche critica. Del resto lo avevo scritto: quei tre sono solo i miei preferiti. È legittimo pensare che altri siano migliori e pure che qualcuno di quei tre sia scadente. In particolare qualche perplessità è nata intorno al terzo argomento: a ogni credente si può far osservare che per lui è stata una bella fortuna nascere proprio dove si adora l’unico vero Dio. Ma che culo, eh?
I miei preferiti.
Succede che mi chiedano perché non credo in Dio. Succede che rifiuti di rispondere: siccome l’onere della prova spetta sempre a chi afferma e non a chi nega, allora siano i credenti ad assumerselo e a motivare la propria fede. Bisogna smetterla di giocare in difesa. Succede però che sfanculare le persone talvolta non vada bene, non sia opportuno, educato, gentile, elegante. Nondimeno qualcosa bisogna pur dire. Ecco dunque i miei tre argomenti preferiti per demolire l’ipotesi teologica. È solo una mia preferenza, beninteso: non ho la pretesa di esaurire millenni di riflessione atea. Forse non sono neppure i migliori, tuttavia sono efficaci e – questo sì – non ho mai trovato un credente capace di demolirli.
Ancora. Ma lui ci è o ci fa?
Sicché alla fine l’oscuro bigotto professore di fisica umbro, il paladino della razionalità della fede cattolica, il creatore del Gruppo Facebook dall’originalissimo nome L’Eterno Presente, ha accettato la sfida della teodicea: come si giustifica in modo razionale l’esistenza di un Dio onnisciente, onnipotente e buono nonostante il Male, cioè il dolore degli esseri senzienti e in particolare degli innocenti?
Beninteso l’ha accettata a modo suo, senza seguire le regole: non ha risposto con un articolo, come era richiesto, ma solo con un breve video. E sempre a modo suo, come di consueto, ha fatto una figura di merda. Un’altra, dopo quelle già rimediate nei dibattiti.
Il secondo non sarà un granché, ma senza dubbio il primo è un bastardo epico.
Marcione: teologo e vescovo cristiano vissuto nel II secolo. Ed eresiarca. Non starò a entrare nei dettagli del suo pensiero e mi limiterò a riassumerne il nucleo fondamentale: l’unico vero Dio cristiano, ovvero il Dio onnisciente, onnipotente e buono, è il Dio Padre rivelato nel Nuovo testamento attraverso l’opera di Gesù, che ha proclamato la legge dell’Amore, mentre il Dio incazzoso e violento dell’Antico testamento è un demiurgo limitato, primitivo e stronzo. Già, ma quale Nuovo testamento? Ai tempi di Marcione non è ancora stato codificato un canone definitivo. Allora lui ne propone uno semplice: una versione ridotta del vangelo di Luca e di alcune lettere di Paolo. Siccome nulla è rimasto dei suoi scritti, tutto quello che sappiamo di Marcione lo ricaviamo per via indiretta dai molti suoi critici contemporanei e successivi, fra i quali Tertulliano ed Epifanio di Salamina. Facile immaginare la loro obiettività. Ma tant’è: qui importa sapere che per Marcione il Dio dell’Antico e il Dio del Nuovo testamento non possono essere lo stesso Dio. E sai che c’è? Ha ragione lui, come capisce chiunque legga senza pregiudizi le Sacre scritture.
Nella scienza si annida un Mistero impenetrabile come quello della fede?
Alcuni anni fa un credente mi disse: «Tu affermi che “Mistero della fede” significa “Non capisco, ma credo lo stesso”. Ma anche gran parte della scienza non si capisce ma ci si crede lo stesso! Per esempio, tu capisci qualcosa di meccanica quantistica? No. Perciò devi fidarti di ciò che ti dicono gli scienziati, che hanno le risposte sulla scienza. Ebbene, allo stesso modo io mi fido dei teologi, che hanno le risposte sulla fede». Aveva ragione?
…basta per demolire il Dio abramitico con l’argomento della teodicea. Che peraltro può essere formalizzata in modo rigoroso nella «prova oncologica dell’inesistenza di Dio».
Un fatto mi sconcerta da… be’, da sempre, direi. In realtà da quando ho cominciato a riflettere sulla questione con un minimo di spirito critico, cioè pressappoco dall’ingresso nell’adolescenza. Ecco il fatto: più di quattro miliardi di persone credono nell’esistenza del Dio della tradizione abramitica. Ossia un Dio che è logicamente impossibile di fronte all’evidenza empirica. Macché: loro ci credono. Prendono per buone tutte le assurdità che trovano nel proprio Libro sacro e credono che quel Dio lì esista. Anche se può essere demolito con una parola. Davvero, eh: una sola parola.
Una parabola che è una stronzata.
Un gruppo di ciechi ha sentito che uno strano animale, chiamato elefante, era stato portato in città, ma nessuno di loro era a conoscenza della sua configurazione e forma. Per curiosità, hanno detto: «Dobbiamo ispezionarlo e conoscerlo al tocco, di cui siamo capaci». Così lo cercarono e, quando lo trovarono, cercarono di provare a capire cosa fosse. Nel caso della prima persona, la cui mano era caduta sulla proboscide, disse: «Questo essere è come un grosso serpente». A un altro la cui mano raggiungeva l’orecchio invece sembrava un ventaglio. Quanto a un’altra persona, la cui mano era sulla sua gamba, pensò che l’elefante fosse un pilastro come un tronco d’albero. Il cieco che mise la mano su un fianco dell’animale disse che l’elefante era come un muro. Un altro che stava toccando la coda l’aveva descritta come una corda. L’ultima palpò la sua zanna, sostenendo che l’elefante è ciò che è duro, liscio e come una lancia.
– I ciechi e l’elefante, Wikipedia
Alzi la mano chi non ha sentito questa parabola associata al concetto di Dio. Quasi nessuno, vero? Ce la rifilano sempre con la stessa interpretazione sincretista: «Le descrizioni di Dio delle diverse religioni sono tutte differenti, ma soltanto perché ciascuna fede ne vede un pezzetto. Dio ci sembra molteplice perché noi siamo limitati». Perciò la parabola di origine indiana dovrebbe sottintendere che tutte le religioni sono un po’ vere. Infatti, se si potesse averne una visione d’insieme, ci si avvicinerebbe alla comprensione di Dio.
Bella stronzata, eh?
Siccome loro sono a dieta, pretendono che noi rinunciamo alla cioccolata. Altrimenti manchiamo loro di rispetto.
Per Benedetto XVI la laicità dev’essere «sana». Se non è «sana» come la intendono loro, i cattolici la definiscono laicismo. Cioè un’ideologia anticlericale estremista, speculare al fanatismo clericale. I laicisti, sempre secondo i cattolici, sono intolleranti perché vogliono limitare la libertà religiosa e imporre la propria morale secolare e non ispirata da Dio. Loro invece pretendono rispetto. Rispetto per la loro fede. Rispetto per le loro idee. Rispetto per la loro sensibilità religiosa. Che cosa rispondiamo noi?
Il clericale pretende rispetto per sé in base al principio liberale, salvo reprimerlo negli altri in base al principio clericale.
– Gaetano Salvemini
I credenti moderati sono apologeti di un’ideologia aberrante in sé, non soltanto nelle sue forme più estreme.
La settimana scorsa ho esposto i quattro grandi disastri provocati dalle religioni abramitiche nella cultura e nella Storia umane. E ci siamo lasciati con l’obiezione: «Quelle nefandezze sono state e sono provocate dai fanatici, dagli estremisti, dai fondamentalisti. La vera religione è la religione dell’Amore, che induce al rispetto, alla tolleranza, all’inclusione, al dialogo. E quella religione ha condotto ai diritti umani fondamentali». Traduzione: ci sono anche credenti buoni, e sono i credenti moderati, quelli che sanno riconoscere nel messaggio religioso i diritti umani fondamentali.
Ah, sì? ‘Stocazzo.