3 strategie dei bigotti

Le usano per non ammettere di essere, appunto, solo dei bigotti.


Che cosa sia il Congresso Mondiale della Famiglie nemmeno sto a dirlo, ché se n’è parlato pure troppo. Male, come merita: il raduno di un branco di ottusi bigotti fondamentalisti, intolleranti, sessisti, patriarcali, omofobi. Incivili. Fascisti. E io aggiungo: anche intellettualmente disonesti.

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L’orgoglio dell’ateo nichilista

Ho scoperto con sconcerto che Giovanni Gaetani non ha capito un cazzo di me. Così gliel’ho spiegato.


Oggi è l’Atheist Day, proclamato da Atheist Republic. Se sei ateo, dovresti festeggiarlo. Perché? Giovanni Gaetani ha scritto un articolo per chiarirlo: 6 motivi perché sì e 2 motivi perché no. Io l’ho letto e ho scoperto che sono d’accordo con 5 dei 6 motivi. Rigetto l’ultimo perché – scusate –, dopo secoli di persecuzioni e discriminazioni, anche vaffanculo. Dei 2 motivi per non festeggiare l’Atheist Day accetto il secondo ma rifiuto il primo, ovvero:

Per rivendicare una presunta superiorità morale e intellettuale degli atei, o per celebrare l’orgoglio ateo.

Io non dico che essere atei renda ipso facto persone migliori: esistono atei fanatici, atei stronzi, atei ignoranti e atei coglioni. Però rende migliore me.

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Faccetta di merda

Sì, Montanelli fu un pedofilo, uno stupratore e un razzista.


La vicenda è nota: l’8 marzo le attiviste di Non Una di Meno hanno gettato vernice rosa lavabile sulla statua di Indro Montanelli, per ricordare che lui fu un pedofilo, uno stupratore e un razzista perché all’inizio degli Anni Trenta, quando si trovava in Etiopia al comando di un battaglione di ascari, comprò e violentò una ragazzina di 12 anni, come del resto era consuetudine per gli ufficiali coloniali italiani in Africa. Non sto nemmeno a commentare lo schifo: per Montanelli – è ovvio –, non per la vernice sulla sua statua. Qui però mi interessa la polemica che ne è seguita.

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«Le leggi naturali bastano»

L’argomento è risaputo: i miracoli sono la prova dell’esistenza di Dio. Davvero? Luigi Garlaschelli li studia da una vita e…


L’uomo della Sindone: non il soggetto spiattellato sullo straccio medievale, bensì colui che ne ha creato una copia (quasi) conforme. Ma anche l’autore di una versione moderna del sangue di san Gennaro, che si scioglie non per miracolo ma per tissotropia. E pure colui che ha estratto la spada conficcata nella roccia nell’abbazia a San Galgano. Luigi Garlaschelli, con la pipa e il pizzetto mefistofelico, è noto per tutto questo e molto altro, di solito associato ai miracoli. No, anzi: al paranormale religioso, come preferisce chiamarlo lui. Infatti Garlaschelli è membro della prima ora del CICAP e non dimentica che in origine quella P finale nell’acronimo si riferiva al paranormale, mentre oggi allude al più ampio ambito delle pseudoscienze.
Ora, il CICAP sulla religione ha sempre sorvolato, da un punto di vista filosofico: sull’esistenza di Dio il Comitato non si è mai espresso. Peraltro si può capire questa scelta: Dio non può essere oggetto di indagine scientifica. Ma i suoi presunti miracoli sì. E all’interno del CICAP proprio nelle indagini sui fenomeni miracolosi si è specializzato il chimico organico Garlaschelli, oggi in pensione e già professore dell’Università di Pavia, ma pure prestigiatore dilettante e prolifico scrittore di saggi. Prolifico e assai utile quando si discute coi bigotti. Infatti, se ti capita la sfiga di incrociare uno di quelli che «Fior di scienziati atei hanno dovuto riconoscere i miracoli di Lourdes!», la risposta migliore è suggerirgli di leggere «Lourdes. I dossier sconosciuti», di Garlaschelli, e solo dopo se ne riparla.

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Dio è stronzo?

Sembra una soluzione al problema della teodicea. Sembra solo, però.


Ne ho già parlato in lungo e in largo: l’argomento definitivo contro l’esistenza del Dio di Abramo è la teodicea. Ovvero: come può un Dio onnisciente, onnipotente e buono permettere la sofferenza di un essere senziente innocente? Non può, infatti: comunque la si giri, se esiste il dolore allora quel Dio lì è impossibile. Ogni presunta spiegazione escogitata in 2’500 anni è o ridicola o assurda o ridicola e assurda nel contempo. Tant’è che ormai l’argomento della teodicea io lo uso per togliermi di torno i credenti in cerca del dialogo, con l’intento di dimostrare la razionalità della propria fede. La sofferenza innocente sbatte il credente di fronte all’assurdità e lo costringe a trincerarsi dietro il Mistero della fede. Che è, come ho ampiamente argomentato, l’ammissione del fallimento della propria razionalità.

Poi però arriva l’ateo o l’agnostico che mi propone un’alternativa: «Magari Dio è stronzo. E la sofferenza esiste proprio per questo». E magari un Dio stronzo ha anche una madre stronza. Ah ah. Affascinante. Purtroppo – o, meglio, per fortuna – neppure così funziona.

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Dibattito? No, grazie

Non avremo mai la certezza della verità. Abbiamo però la certezza della falsità. Per questo coi cialtroni non bisogna nemmeno discutere.


Alcuni giorni fa mi hanno scritto gli studenti di un liceo. Siccome sanno che, fra le molte cose di cui mi sono occupato nella vita, c’è anche il giornalismo scientifico, spesso le scuole mi invitano a tenere delle conferenze. Succede tutti gli anni: una volta è l’astrofisica, un’altra le biotecnologie, un’altra ancora la comunicazione digitale. È successo pure che mi chiamassero a parlare di ateismo e laicità, e l’ho fatto ben volentieri. Stavolta però non volevano una conferenza o un seminario, ma un dibattito. Con un terrapiattista. E io ho detto no. Cazzo, va bene tutto, ma il terrapiattista no.

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L’Eterno Assente: che d’è?

Dopo gli articoli arrivano i video e i podcast. E se non ti garbano neppure quelli… ‘sticazzi.


Io so che i miei articoli sono lunghi. So che ti frantumano le gonadi. So che magari ti interessano pure, ma non hai tempo e così li lasci da parte, fra le cose che ti riprometti di leggere ma che non leggerai mai. Lo so.

E tu sai che della salute delle tue gonadi io me ne sbatto. Sai che per L’Eterno Assente io scrivo solo quanto e come cazzo mi pare. Lo sai.

Ma forse possiamo trovare un compromesso.

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R.I.P. Choam

Essere razionali significa anche saper pensare alla propria morte. E prepararla per aiutare chi sopravvive.


Succede: muore una persona che ami. È parte della universale esperienza umana del dolore. Già devastante di suo, questa prova è resa più terribile dalle domande. Quelle filosofiche, certo. Dov’è ora? Se non più come persona, può ancora sopravvivere nel mio pensiero e nel mio ricordo? Ma non solo. Infatti, mentre tu vorresti startene in solitudine a metabolizzare il tuo lutto, altre questioni più prosaiche reclamano la tua attenzione. Preferiva la tumulazione o la cremazione? Con quale cerimonia? Laica o religiosa? E la bara come la voleva? E i fiori? Oppure niente fiori?

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