«…che cosa è bene per il suo bambino». Davvero? Anche una mamma irrazionale? Anche una mamma ignorante? Anche una mamma bigotta?
Accanimento terapeutico. Rifiuto delle vaccinazioni. Dove finisce la potestà genitoriale? E possiamo porle un limite anche nell’educazione?
Primo caso: Charlie Gard. Riassunto veloce: Charlie è un neonato inglese con una rarissima malattia genetica, incurabile e aggravata da un danno cerebrale irreversibile, e siccome si trova in una condizione di sofferenza intensa i medici hanno deciso di lasciarlo morire. I genitori hanno insistito per l’accanimento terapeutico. Si è sviluppato un caso legale portato prima nelle corti nazionali e poi in quelle europee. Alla fine hanno vinto la scienza e l’interesse del bambino.
Inevitabile la polemica. In Italia abbiamo letto i contributi sconclusionati di Salvini, addolorato dal bimbo bianco moribondo ma indifferente ai bimbi neri affogati nel Mediterraneo (e ‘affanculo tutti i discorsi sull’amore e sul rispetto della vita umana). Scontati pure gli interventi del Papa: potevamo mai farci mancare il profondo pensiero del Santo Padre? Insieme agli intellettuali simil-cristiani nei media e alle legioni di insignificanti leoni da tastiera nei social: tutti a sprecare una moralità d’accatto sui medici malvagi che vogliono assassinare il povero Charlie e così sostituirsi a Dio, brutti stronzi. Apprezziamo insieme la loro logica: il bambino nasce con una malattia incurabile, condannato a una tortura atroce, ma la colpa non è di Dio, no no, bensì dei medici, sebbene soltanto loro abbiano tentato tutto il possibile per aiutare Charlie e adesso, sconfitti, siano costretti ad arrendersi e a lasciarlo andare. Questo è il «ragionamento» dei credenti. Per non dire delle lagne emotive sui social: «Povero angioletto», «Dategli una speranza con le cure americane», «Lasciatelo morire a casa», «Abbiate rispetto per l’amore e il dolore dei suoi genitori». Perché «una mamma sa che cosa è bene per il suo bambino».
Stronzate. Stronzate per sfruculiare la pancia, come certe foto. Qual è il senso dei peluche e dei cuoricini e delle candeline, se non soddisfare i bisogni emotivi dei genitori e manipolare l’opinione pubblica? Si dirà: «Chi sei tu per giudicare le manifestazioni dei sentimenti altrui?». Giusto: la perdita di un figlio è un’esperienza devastante, quindi nessuno dovrebbe sputar sentenze. Ma attenzione: va bene il dolore, va bene l’emozione, va bene la sospensione del giudizio… ma qui c’è di mezzo la sofferenza di un essere umano indifeso e incapace di esprimersi. Chi pensa ai bisogni di Charlie? In quella testolina c’è un inferno di dolore fisico senza speranza: chi se ne fa carico? Chi si preoccupa di dargli pace? I medici. I giudici. Che scavalcano i genitori travolti dalle emozioni e decidono che no, non si può portare il bambino in America per una cura inutile e neppure si può farlo morire a casa. Non si può prolungare la tortura, come pretendono i genitori e chi si commuove tanto tanto per loro. Sicché Charlie verrà staccato dalle macchine e morirà in ospedale. In fretta, speriamo. Ed è giusto così.
Secondo caso: 12 vaccini. Da poche settimane obbligatori in Italia: se non glieli fai fare, i tuoi figli non possono frequentare la scuola. È giusto? Cara mamma che credi di sapere che cosa è bene per il tuo bambino e non lo vaccini, in realtà tu decidi non solo per lui, ma anche per i bambini di altre mamme: quelli che tuo figlio incontrerà e che, se non saranno stati vaccinati per problemi di salute reali e gravi, potrebbero ammalarsi e morire. Perciò, se sei tanto irrazionale da non capire la necessità delle vaccinazioni per i figli tuoi e per quelli altrui, lo Stato deve obbligarti ad agire in maniera razionale. Sarebbe meglio convincerti con le buone, ma se proprio non ci arrivi… pazienza: ti tocca con le cattive. Anche in questo caso la potestà genitoriale deve avere un limite, determinato dall’interesse dei minori e da quelli collettivi.
D’altronde un genitore non può mica imporre ai propri figli qualsiasi maltrattamento. Ci mancherebbe. Li picchi? Te li togliamo. Li trascuri? Pure. E via andare. Giustissimo. Ed è giusto così.
Ma.
Ma che cos’è un maltrattamento? Sembra una domanda facile. L’imposizione di un accanimento terapeutico, fonte di inutile sofferenza. La negazione di trattamenti medici o di misure preventive. La mancanza di cure e di attenzioni. Una violenza. Un abuso sessuale. Tanto basta per togliere un bambino ai suoi genitori. Ci sta tutto.
Ma.
Ma non possiamo dire proprio nulla sull’educazione? «Ah, no! L’educazione no. Quella non si tocca. Sta alla famiglia decidere come educare i bambini. Nessun altro ha il diritto di impicciarsi». Davvero?
Terzo caso: Addolorata e Salvatore. Due cattobigotti irrecuperabili, drogati di rosari e di novene, genuflessi nella mente prima che nel corpo. Addolorata e Salvatore insegnano ai propri figli cose come il dogma trinitario, la transustanziazione, la resurrezione della carne, l’infallibilità del Papa, l’Assunzione della Vergine Maria, la devozione a Padre Pio. Ovvero stronzate sesquipedali. Inoltre inculcano in quelle giovani menti influenzabili un atteggiamento fideistico: credere perché sta scritto in un Libro Sacro o perché l’ha detto il prete, credere per puro rispetto dell’autorità. Senza mai un dubbio. Insegnano loro a considerare accettabile la risposta «Mistero della fede!» a ogni domanda sulle assurdità religiose. La più grossa: come può un Dio buono, onnipotente e onnisciente consentire la sofferenza innocente, come quella di Charlie Gard? È l’antico problema della teodicea, sul quale i teologi si spremono le meningi da due millenni, arrivando sempre alla stessa conclusione: «Mistero della fede!», appunto. Ovvero: «Chi sei tu per osare sindacare sulle imperscrutabili ragioni di Dio? Spegni il cervello e taci». Ecco, questo è il fideismo: l’azzeramento dello spirito critico e della razionalità. I figli di Addolorata e Salvatore crescono dunque con la mente imbottita di cazzate. Ma pure con enormi sensi di colpa per i propri desideri: per esempio, se hanno un orientamento non eterosessuale devono affrontare resistenze, rifiuti, insulti, magari perfino tentativi di rieducazione forzata. E bada: ho considerato il cattolicesimo, ma per il protestantesimo o l’ebraismo o l’islam sarebbe lo stesso.
La religione è un cumulo di credenze demenziali. Peggio ancora: è un atteggiamento mentale deleterio. Quando permettiamo ai bigotti di trasformare i propri figli in devoti credenti, noi neghiamo a quei piccoli indifesi il diritto a una vita intellettuale degna.
Se la potestà dei genitori deve avere un limite – e sì, deve averlo! – per tutelare la salute fisica dei bambini, allora deve avere un limite anche per proteggere la loro salute mentale. E il loro diritto a diventare esseri umani liberi, pensanti e razionali.
«Le parole non sono pietre» è un adagio che è vero finché non si crede alle parole; ma se la nostra educazione e quanto ci è stato detto da genitori, insegnanti e preti ci hanno indotto a credere, credere fino in fondo, senza remore, che i peccatori bruceranno all’inferno (o a qualche altro spregevole articolo di fede, come l’assunto che la donna è proprietà del marito), è perfettamente plausibile che le parole producano danni più profondi e persistenti delle azioni. Sono convinto che non è esagerato parlare di «abuso di minore» quando insegnanti e preti spingono i bambini a credere per esempio che se non si confessa un peccato mortale si brucia all’inferno per l’eternità.
– Richard Dawkins, «L’illusione di Dio»
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