Un libro che fallisce uno dei suoi scopi. Ma lo fallisce bene. E lo scopri solo alla fine.
Aikin e Talisse sono due filosofi statunitensi. Atei dichiarati, soffrono dello stigma sociale del loro sciagurato e bigotto Paese, dove chi non crede in Dio dev’essere per forza uno stronzo degenerato e immorale: questa la convinzione dello statunitense quadratico medio. A dimostrarlo – raccontano i due autori – le demenziali Costituzioni di alcuni Stati. Scopriamo così, per esempio, che in Tennessee un ateo non può avere un impiego negli uffici dell’amministrazione pubblica e che in Arkansas non può nemmeno deporre in tribunale. Poi dice la democrazia americana. ‘Stocazzo. Sicché Aikin e Talisse si sobbarcano l’ingrato compito di dimostrare ai loro concittadini come un ateo possa essere una persona non solo civile e onesta, ma anche dotata di un senso morale, sebbene privo di un fondamento divino.
Talvolta i due filosofi sono un po’ prolissi e avrebbero potuto esprimere alcuni concetti con meno parole. Ma proprio per questo si capisce quanto stiano loro a cuore. In particolare insistono su una vera e propria «etica della credenza» fondata su una vita intellettuale responsabile sul piano cognitivo. Infatti le credenze non sono mica innocue. Se tanta gente crede in alcune stronzate e poi, sulla base di quelle stronzate, pretende di determinare, dominare, vincolare le esistenze di chi nelle stronzate non crede… beh, il danno della credenza nelle stronzate è palese. Ecco perché bisogna applicare una «etica della credenza», appunto: credi in quello che ti pare, ma credici argomentando e confrontandoti con onestà.
Il libro è tutto giocato sul piano filosofico, con ragionamenti lucidi, chiari, precisi, consequenziali. Cogenti. Aikin e Talisse sfoderano il consueto armamentario ateo per mostrare le inevitabili aporìe della fede. Con il prevedibile effetto devastante, va da sé. Ché contro l’argomento della teodicea, tanto per fare un esempio, non c’è teologia in grado di reggere l’impatto.
Onesti fino in fondo sul piano intellettuale, gli autori non fanno sconti a nessuno: nemmeno per alcuni famosi esponenti del Nuovo ateismo, dei quali Aikin e Talisse mostrano una certa innegabile superficialità filosofica. Perché sì, l’argomento ontologico è una cazzata e lo sappiamo dai tempi di Kant, ma non basta ripeterlo per renderlo tale.
Certo questo non è un romanzetto leggero, ma come tante opere filosofiche anglosassoni ha uno stile sempre pacato e scorrevole, perfino colloquiale, ed è ricco di Gedankenexperiment chiarificatori. Una vera sfida intellettuale, del resto dichiarata con spirito molto popperiano: questi sono i nostri argomenti, provate a smontarli. Insomma una goduria filosofica.
Eppure fallisce uno dei suoi scopi, come abbiamo anticipato. Quale? È presto detto. In tutto il saggio Aikin e Talisse ripetono che si può essere persone serie, intelligenti, oneste e rispettabili pur continuando a essere atee e, di conseguenza, ribadiscono che, per simmetria, pure i credenti possono essere persone serie, intelligenti, oneste e rispettabili. Un bel teatrino di correttezza politica reciproca. Già. Poi però tu arrivi alla fine, ripensi a quanto hai letto, alla forza degli argomenti contro la fede proposti dai due filosofi e concludi che… no, beh, proprio no: chiunque legga questo libro e continui a credere in Dio dev’essere o cretino o ignorante o in malafede.
Choam Goldberg
Scott F. Aikin, Robert B. Talisse, «Ateismo ragionevole», Nessun Dogma
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