Anche i pensatori deboli vanno a sbattere contro la realtà.
Domenica scorsa il «Corriere della Sera» ha pubblicato un’intervista a Gianni Vattimo. Il filosofo, segnato da qualche acciacco dell’età, ripercorre la propria vicenda intellettuale e umana fra successi professionali e soddisfazioni personali. E anche lutti, com’è inevitabile in ogni esistenza ricca e piena. E pure contraddizioni, una delle quali enorme.
Come dici? L’omosessualità e la fede cattolica? Naaa. Certo, come si possa essere gay sereni e nel contempo restare fedeli a una Chiesa omofoba e intollerante lo sa solo lui. Ma saranno anche un po’ affari suoi, tutto sommato.
No, no. C’entra la filosofia, invece. Con un’incongruenza della quale lo stesso Vattimo sembra non rendersi conto. Dice infatti:
«Tarski [Thaski, nell’edizione a stampa, NdR] diceva: “piove” è vero se, e solo se, piove. E noi ermeneutici rispondiamo: ma chi lo dice? Perché chi lo dice ha sempre interessi personali, sociali, economici. La metafisica è la pretesa che ci siano le cause e che, conosciute le cause, possiamo emanciparci. Invece, non ci sono cause, ma solo interpretazioni».
Niente di nuovo: è un riassunto nei minimi termini del pensiero debole. Ma lo dice Vattimo, eh. Mica un Bignami qualsiasi.
Tuttavia Vattimo è malato. Abbastanza malato, lascia intendere l’intervista. E non gli garba punto, com’è ovvio:
«Non sono in perfetta salute. Non ho paura di essere morto, ma di morire».
Ora, qua i casi sono due. O la malattia è la causa della sua paura e della sua sofferenza, e allora le cause esistono eccome: c’è una realtà laggiù, fuori dalla mente di Vattimo, e lui ci sbatte contro e non può farci nulla. Oppure non esiste una causa ma solo un’interpretazione. Perché dunque Vattimo non cambia interpretazione e non si emancipa dalla paura e dalla sofferenza?
Solo io vedo questa terribile incompatibilità fra la filosofia e l’esistenza?
Choam Goldberg
(Foto: Vaticanistapetrus)
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