Faccetta di merda

Sì, Montanelli fu un pedofilo, uno stupratore e un razzista.


La vicenda è nota: l’8 marzo le attiviste di Non Una di Meno hanno gettato vernice rosa lavabile sulla statua di Indro Montanelli, per ricordare che lui fu un pedofilo, uno stupratore e un razzista perché all’inizio degli Anni Trenta, quando si trovava in Etiopia al comando di un battaglione di ascari, comprò e violentò una ragazzina di 12 anni, come del resto era consuetudine per gli ufficiali coloniali italiani in Africa. Non sto nemmeno a commentare lo schifo: per Montanelli – è ovvio –, non per la vernice sulla sua statua. Qui però mi interessa la polemica che ne è seguita.

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Dibattito? No, grazie

Non avremo mai la certezza della verità. Abbiamo però la certezza della falsità. Per questo coi cialtroni non bisogna nemmeno discutere.


Alcuni giorni fa mi hanno scritto gli studenti di un liceo. Siccome sanno che, fra le molte cose di cui mi sono occupato nella vita, c’è anche il giornalismo scientifico, spesso le scuole mi invitano a tenere delle conferenze. Succede tutti gli anni: una volta è l’astrofisica, un’altra le biotecnologie, un’altra ancora la comunicazione digitale. È successo pure che mi chiamassero a parlare di ateismo e laicità, e l’ho fatto ben volentieri. Stavolta però non volevano una conferenza o un seminario, ma un dibattito. Con un terrapiattista. E io ho detto no. Cazzo, va bene tutto, ma il terrapiattista no.

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Il prete sbrocca? E tu sfanculalo

E soprattutto sfancula la sua Chiesa misogina e sessuofoba e il suo Dio patriarcale. Essere cattolici non è mica obbligatorio. (Ma perché mi tocca ripetere queste banalità?)


Ci risiamo: ancora una volta ci si lagna per l’ottusa sessuofobia dei cattolici. E chi si lagna? I cattolici. Ma si può?

Si può, si può.

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Clericali allo sbaraglio

La campagna per Ticino Laico ha rivelato la pochezza degli argomenti dei credenti.

Non dirmelo: lo so. Da alcune settimane sono un po’ sparito dalla circolazione. Ho scritto poco, pubblicato poco, condiviso poco. Perché sono stato molto occupato da altro. E ho visto cose…

…che voi umani eccetera? No. Affatto. Me le aspettavo tutte. Non in questa quantità, però. Ma andiamo con ordine.

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Radici da segare

Ovvero l’arroganza di chi pretende di sapere che cosa sono io.


Immagina di essere cresciuto in una famiglia fascista. Immagina di aver dovuto subire un’educazione a base di Dio-Patria-Famiglia, con tutto il contorno di nazionalismo, razzismo, sessismo, omofobia, suprematismo e nostalgia per «quando c’era Lui». Immagina poi di esserti emancipato da questa schifezza: hai studiato, hai viaggiato, hai conosciuto persone diverse, ti sei aperto al mondo. E ora consideri l’educazione ricevuta quel cumulo di stronzate che è. Immagina infine che qualcuno sostenga che no, non puoi liberarti del fascismo, perché quelle sono le tue radici e quindi tu sei e sarai sempre un po’ fascista. Ebbene, non ti sale il crimine?

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Prima ottenerlo, poi abolirlo

Il matrimonio gay è una grande conquista civile. Ma per portare la libertà alle sue conseguenze bisognerà arrivare infine a eliminarlo.


La Costituzione italiana non dice alcunché sul genere delle persone nell’istituzione del matrimonio. Controllare per credere: nell’articolo 29 non ce n’è traccia. Nemmeno il Codice civile lo specifica, però poi si riferisce agli sposi come «marito» e «moglie». Sentenze della Corte costituzionale e della Cassazione confermano la giurisprudenza: il matrimonio fra persone dello stesso sesso sarà impossibile finché il Parlamento non lo consentirà modificando la legislazione. Da cui il compromesso della legge Cirinnà nel 2016 per creare almeno le unioni civili. Non è molto, ma è meglio di nulla. E si spera che in futuro… eh?

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«Io sono cattolico a modo mio»

Non si può. Non esiste proprio. Specie se si rompono i coglioni a me.


Il matrimonio in chiesa, sennò la gente sparla. Poi il battesimo del bambino, ché altrimenti la nonna ci resta male. Qualche anno dopo, la prima comunione e a seguire la cresima. Il funerale in chiesa del nonno. E la messa quasi ogni domenica, tranne durante le vacanze. Però nelle feste comandate sempre. Così si dipana la vita del cattolico tiepido. Perché così fan tutti, perché l’Italia è un Paese cattolico. Certo, qualche peccatuccio può anche scappare: un po’ di evasione fiscale, ogni tanto un giro a bagasce con gli amici per qualche giochetto che la consorte rifiuta, e poi si vota Salvini per rispedire i negri a casa loro. Non sarà tanto coerente, ma in fondo siamo esseri umani, giusto? D’altronde bastano una confessione e qualche giaculatoria per ripulirsi la coscienza, e da domani si ricomincia, candidi come prima. Sull’incoerenza fra dichiarazioni di fede e comportamenti concreti ho già scritto. Ora però mi interessano le convinzioni profonde: insomma, in che cosa credono i cattolici? O meglio: in che cosa devono credere per potersi dichiarare cattolici?

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Eppure io capisco Samanta

Si fa presto a dire «empatia». Perché non proviamo a empatizzare anche con una bigotta?


La vicenda è nota a chiunque sia aggiornato sulle polemiche religiose. In breve: una tizia si fa fotografare a Pontida mentre espone un cartello con la scritta «Se non vuoi il crocifisso torna al tuo Paese», l’Assemblea generale della Pro Civitate Christiana la cazzia sul sito di «Avvenire», la tizia, che scopriamo chiamarsi Samanta N., s’incazza e replica piccata e infine si becca la risposta del direttore di «Avvenire», Marco Tarquinio. Beghe fra cattolici, verrebbe da dire. Chissenefrega.

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Scusate, ma anche no

I credenti hanno mai speso una-parola-una in favore degli atei? No? E dunque perché io dovrei sbattermi per loro?


Giuro: ero partito con le migliori intenzioni. Io volevo davvero aderire alla campagna «Freedom of Religion or Belief». M’ero scaricato il logo e lo avevo appiccicato sulla mia foto. Poi ci ho pensato meglio e ho deciso che anche no.

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Ciao ciao, Medioevo

Un quotidiano cattotalebano ha chiuso e il suo editore è fallito. Credo che mi impiccherò per la disperazione.


Il fatto: alcune settimane fa, dopo 92 anni di esistenza, un quotidiano della Svizzera italiana, il «Giornale del Popolo», ha smesso di uscire. Da anni era una voragine finanziaria. È di due giorni fa la notizia del fallimento definitivo. A partire dal 2004 è sopravvissuto soltanto perché sostenuto da un altro quotidiano, il «Corriere del Ticino». Alla fine dell’anno scorso il «Giornale del Popolo» aveva deciso di provare a farcela da solo, ma all’inizio di maggio il fallimento di Publicitas, che gli procurava le inserzioni e gli garantiva il 40% delle entrate, lo ha stroncato. E be’, sai che c’è? Chissenefrega. Anzi, meglio così.

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