«Pregherò per te»

Anche no, grazie. Sarebbe tempo sprecato. Ché tanto è un’attività idiota, anche dal punto di vista del credente. Per tre motivi.


Ce lo siamo sentito dire dall’amica credente, dalla conoscente suora, dal parroco del paese. Perfino da Adriano Celentano. Sempre con le migliori intenzioni. Ma pure con quel tono di condiscendenza che – diciamolo, suvvia – ha un po’ rotto il cazzo. «Pregherò per te»: siccome noi non possiamo/vogliamo pregare, allora lo faranno loro. Per noi. Cioè per la nostra conversione. Oppure per qualche nostro problema, affinché Dio, nella sua infinita misericordia, intervenga e ci aiuti. E noi di solito ad annuire, a sorridere, magari addirittura a ringraziare con garbo, ché l’importante è il pensiero, e quello è un pensiero gentile e benevolo nei nostri riguardi. Invece forse dovremmo dire le cose come stanno: «Grazie, eh. Ma la preghiera è un’attività idiota. Anche dal tuo punto di vista».

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«E se incontrassi Dio?»

Come minimo, un sereno, sentito, cordiale vaffanculo.


A qualunque ateo almeno un po’ militante è successo, prima o dopo. Incontri un credente che si crede furbo e ti chiede: «Eh, fai presto tu a dire che Dio non esiste! Ma come la metterai quando lo incontrerai e scoprirai di aver avuto torto? Che cosa dirai allora? Eh? Che cosa dirai?».

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Seghe mentali

Ovvero come provare (invano) a risolvere il problema della teodicea e a giustificare l’ingiustificabile. Ma noi dobbiamo tirare i credenti giù dall’Iperuranio della metafisica e, come si fa con i cuccioli, mettergli il naso nella cacca delle loro credenze concrete e quotidiane.


L’argomento della teodicea è definitivo: di fronte all’esistenza della sofferenza innocente – perché subita da chi non ha colpa e non compiuta da qualcuno – l’ipotesi di un Dio onnisciente, onnipotente e buono è impossibile. Per quanto mi riguarda, l’argomento agisce come filtro per ogni credente che voglia confrontarsi con me sulla questione dell’esistenza del Dio abramitico. Nondimeno un follower, Raffaele, parecchio tempo fa aveva portato alla mia attenzione un paio di articoli pubblicati nel sito Croce-Via. Pellegrini nella Verità, «Dottor Veronesi, ascolti: se il male esiste, Dio esiste! /01» e «Dottor Veronesi, ascolti: se il male esiste, Dio esiste! /02», che all’argomento della teodicea propongono una risposta in apparenza meno idiota di quelle solite, come il rispetto del libero arbitrio umano, il peccato originale o il sacrificio di Cristo. Adesso finalmente trovo un po’ di tempo per occuparmene.

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La teodicea della sega cinese

Una barzelletta scema può suggerire la risposta a un problema teologico. Ma la risposta è sbagliata.


C’era una volta un tizio che ogni mattina aveva l’abitudine di prendersi a martellate i testicoli. «Ma che cosa fai?», gli chiesero stupiti gli amici. «Mi faccio una sega cinese», rispose lui. «E non fa male?», obiettarono loro. «Certo che fa male!», replicò il tizio. «Ma allora perché lo fai?», insistettero gli amici. «Perché quando smetto godo moltissimo», concluse il segaiolo cinese.

Questa barzelletta a malapena strappa un sorriso, ma descrive un’esperienza conosciuta da tutti: una condizione di fastidio o perfino di dolore che, quando si conclude, provoca un intenso godimento. Un esempio banale: hai la vescica o l’intestino pieno, ti svuoti e… immenso sollievo! Oppure stai aspettando l’esito di un esame medico che potrebbe essere questione di vita o di morte, il responso arriva e… niente, non hai niente: quanto godi, eh? Sono tutte meravigliose seghe cinesi. E sulle seghe cinesi si può costruire anche una teodicea.

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Tutto e il contrario di tutto

E tutto per difendere il potere, i privilegi e il denaro. Tanto di Dio non frega un cazzo a nessuno.


Nel gregge cattolico troviamo di tutto. Non solo i frequentatori occasionali della Messa che, posti di fronte ai dogmi, fanno spallucce indifferenti e li definiscono «roba da preti», trincerandosi dietro uno spiritualismo generico, una fede indistinta in un Dio inteso come «Qualcosa di Trascendente» o in un «Mistero». Troviamo perfino il cattolico osservante capace di conciliare la propria fede con la credenza nella reincarnazione, per esempio. O con la meditazione orientale per raggiungere l’illuminazione. E stendiamo un velo pietoso sulla più totale superficialità nella dissociazione dalle prescrizioni. Quanti fra i sedicenti cattolici praticano la castità prematrimoniale? Quanti non usano alcun metodo contraccettivo? Quanti divorziano o addirittura abortiscono, quando si trovano con l’acqua alla gola e non sanno dove sbattere la testa?

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Le radici, quelle vere

Non quelle cristiane, ovvio. Ché ciascuno si sceglie le proprie. E le nostre sono lì e allora.


«Non v’è esercizio intellettuale che non sia finalmente inutile. Una dottrina filosofica è al principio una descrizione verosimile dell’universo; passano gli anni, ed è un semplice capitolo – quando non un paragrafo o un nome – della storia della filosofia. (…) La gloria è una forma d’incomprensione, forse la peggiore.»
– Jorge Luis Borges, «Pierre Menard, autore del “Chisciotte”»

Ho molto apprezzato le «Sette brevi lezioni di fisica». Molto. La settima da sola merita il prezzo di copertina. Ma, da fisico teorico, non posso dire che mi abbiano insegnato qualcosa che non sapessi. «Che cos’è la scienza», invece…

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8 vantaggi dell’ateismo

Che cosa guadagni perdendo la fede nel Dio delle tradizioni abramitiche?


Te l’hanno detto in tanti: «Io credo in Dio perché mi fa sentire meglio». Magari lo hai pensato anche tu. In fondo qualche pregio la fede ce l’ha: ti fa credere che un essere invisibile e onnipotente ti osserva e ti vuole bene e che quando morirai ti accoglierà in paradiso, dove ritroverai tutte le persone care morte prima di te. Non come quei poveri atei tristi e soli, con le loro vite squallide e vuote senza la fede in Dio. Nell’abbandonare la fede non si guadagna nulla e si perde tutto.

Se pensi questo, non hai capito un cazzo. Infatti l’ateismo offre molto più di quanto toglie.

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Neutralizzare il piccione

Sapevo che esistono. Ma incontrarne uno di persona mi ha palesato la capacità dell’assurdo di manifestarsi in maniera imprevedibile.


Questo scorcio di fine estate e inizio autunno ci ha portato, con i primi freddi, anche alcune belle e inattese rivelazioni. Per esempio i cimiteri dei feti con le croci e i nomi delle donne che hanno abortito. O lo scandalo delle centinaia di milioni dei conti vaticani per i poveri sgraffignati dai prelati e dai loro parenti. O il totale disinteresse dello Stato per i 150 anni dalla presa di Porta Pia: un anniversario che, a parte l’UAAR, nessuno s’è cagato nemmeno di striscio. Tutti fatti che, se non ce li avessero raccontati, mai e poi mai avremmo sospettato. Che neppure avremmo pensato possibili. Così come la condanna senza appello dell’eutanasia da parte della Congregazione per la dottrina della fede: chi se la sarebbe mai aspettata, eh? A margine di queste vicende, alcune amenità come la denuncia per blasfemia a Chiara Ferragni e la nomina di Vincenzo Paglia – no, «monsignore» non lo scrivo, cazzo – a capo della commissione per la riforma dell’assistenza degli anziani. Episodi inconcepibili nella società e nelle istituzioni italiane, permeate da una sana e moderna laicità, vero?

Vabbe’, se avessi avuto il blog attivo magari qualcosa avrei scritto per commentare. Ma il blog era in pausa e si riattiva solo adesso. D’altronde L’Eterno Assente parla di attualità soltanto se mi vien da dire qualcosa di originale, e «vaffanculo» non è tanto originale. Sicché apro la nuova stagione con un piccolo aneddoto personale. Personale ma istruttivo, non per l’episodio in sé – ché di gente bacata in giro ce n’è a carrettate: basta andare a Messa la domenica per vederle – ma per il metodo con il quale sono riuscito – o almeno spero di essere riuscito – a gestire la situazione.

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Bersaglio: la fede

Bisogna diffondere la razionalità. Per farlo è necessario anzitutto combattere ogni ideologia che della propria irrazionalità mena vanto.


«Perché tanto astio nei confronti della religione? Che ti ha fatto, Choam? Non sarebbe meglio dedicare le stesse energie a combattere le discriminazioni, le oppressioni, le ingiustizie?». Me lo chiedono spesso. Chi mi conosce sa che io non ho pietà per tutti i cascami dei monoteismi abramitici: se c’è da denunciare l’omofobia o il patriarcato, io ci sono e ci sarò sempre. Però è anche vero che non ne faccio il mio bersaglio principale. Che è, appunto, la tradizione delle religioni abramitiche. Perché?

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